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Egitto, segni di tortura su Regeni

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la tragedia del cairo

Egitto, segni di tortura sul corpo di Giulio Regen

Chiarezza, nient’altro che chiarezza. Lo chiedono tutti, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al premier Matteo Renzi al ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. L’Italia delle istituzioni e della politica si stringe con i familiari del giovane ricercatore Giulio Regeni che ha trovato una tragica morte al Cairo in circostanze ancora misteriose.

Renzi ha avuto ieri un lungo colloquio telefonico proprio con al-Sisi per chiedere massima collaborazione nell’accertamento della verità e il «pieno accesso» di rappresentanti italiani alle indagini in corso. Richiesta subito accolta per cui mentre la Procura di Roma ha subito avviato una sua indagine per omicidio a carico di ignoti, oggi partirà alla volta della capitale egiziana una squadra di sette rappresentanti delle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri e Interpol) che affiancheranno gli inquirenti egiziani in un’indagine che si auspica realmente “congiunta”. «Le autorità competenti egiziane – ha assicurato al-Sisi - prestano la massima attenzione» nelle indagini sulla morte di Regeni. Il ministero dell’Interno egiziano «è stato incaricato di proseguire il suo lavoro, in collaborazione con la procura, così da svelare il mistero che circonda l’incidente ed esaminare tutte le circostanze». Al-Sisi ha garantito che l’Italia «troverà la collaborazione necessaria delle autorità competenti egiziane».

Ma sono ancora troppi i punti oscuri della vicenda per non parlare di vero “atto criminale” come l’ha definito il nostro ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, che solo ieri insieme ai familiari ha avuto accesso all’obitorio di Zeinhome per effettuare il riconoscimento del cadavere. Secondo indiscrezioni, l’autopsia avrebbe determinato come causa finale della morte un forte colpo alla testa. Ma sul corpo sono visibili segni di bruciature e torture, anche se secondo Ashraf al-Anany, direttore dell’ufficio stampa del ministero dell’Interno egiziano, si tratterebbe solo di lividi e abrasioni. Al-Anany ha smentito quindi la prima ricostruzione fornita da Hosam Nassar, direttore della procura di Giza, che aveva parlato di segni di tortura. Due sono al momento le ipotesi secondo Procura e polizia: che il ragazzo sia stato ucciso o che sia morto in seguito a un tragico incidente stradale. Secondo la stampa locale un’altra ipotesi potrebbe però essere quella di una rapina.

Regeni, 28 anni, era scomparso nel centro della capitale egiziana il Cairo lo scorso 25 gennaio, giorno del quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir mentre si recava in metro a un appuntamento per una festa privata. Il 25 gennaio cadeva il quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, ricorrenza temuta dalle autorità egiziane che hanno «blindato» le principali piazze del Paese nel timore di manifestazioni contro il governo. La sera prima la polizia egiziana aveva arrestato lo studente David Victor, cittadino statunitense accusato di «incitare le proteste». Il sospetto è che lo studente possa essere stato fermato da una squadra delle forze dell’ordine locali, non nuove a torture per estorcere informazioni tanto che nelle scorse settimane al-Sisi è intervenuto per condannare pubblicamente la brutalità della polizia. Solo ieri si è appreso poi che Regeni collaborava al Manifesto con articoli sull’Egitto e in particolare sui sindacati del Paese ma firmava con uno pseudonimo perché temeva per la propria incolumità.

I ministri degli Esteri egiziano Sameh Shoukry e italiano Paolo Gentiloni, in un incontro a Londra a margine della Conferenza dei donatori per la Siria, hanno discusso ieri del caso Regeni e «si sono accordati su una cooperazione totale tra i due Paesi per far luce sulle cause del decesso nel quadro delle relazioni di amicizia e cooperazione esistenti tra i due Paesi». Nelle stesse ore a Roma il segretario generale della Farnesina, Michele Valensise, convocava con urgenza l’ambasciatore della Repubblica araba d’Egitto, Amr Mostafa Kamal Helmy, mentre l’ambasciatore Massari veniva convocato al ministero degli Esteri egiziano.

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