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Brexit, accordo unanime raggiunto al vertice Ue

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intesa a bruxelles

Brexit, accordo unanime raggiunto al vertice Ue

BRUXELLES – Dopo 24 ore di accesissime trattative, i Ventotto hanno finalmente trovato un sofferto accordo sulla futura relazione della Gran Bretagna con l'Unione europea. L'intesa - il cui impatto politico è ancora tutto da valutare - è giunta sulla base di un testo lungamente negoziato tra i diplomatici e preparato in ultima analisi dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, alla ricerca di un compromesso tra le diverse esigenze nazionali.

«Accordo raggiunto. Dramma terminato», ha scritto la presidente lituana Dalia Grybauskaitė su Twitter, prima ancora che lo stesso Consiglio europeo desse conferma e che Tusk comunicasse via Twitter il raggiungimento di un’intesa «unanime». Pochi minuti prima funzionari europei avevano informato la stampa accampata nella sede del Consiglio europeo che il presidente aveva presentato ai capi di stato e di governo riuniti fin da giovedì pomeriggio un testo pulito, senza parentesi quadre, che nelle abitudini dei negoziatori europei caratterizzano punti ancora in sospeso.

«Ho l'impressione che è ora o mai più», aveva detto il primo ministro belga Charles Michel prima della cena. «Non c'è una seconda possibilità». Tutti i leader presenti a Bruxelles avevano detto di voler garantire al premier David Cameron un accordo che potesse presentare in un referendum con il quale l'uomo politico inglese vuole chiedere ai suoi connazionali se intendono o meno rimanere nell'Unione. Ciò detto, nessuno si era detto pronto ad accettare una intesa a qualsiasi prezzo.

In una lettera inviata al presidente Tusk in novembre, il premier inglese aveva illustrato le sue richieste: la possibilità di chiamarsi fuori dalla clausola dei Trattati che prevede la partecipazione a un'Unione «sempre più stretta»; il formale riconoscimento che il mercato unico è multivalutario; la rivendicazione di un maggiore ruolo dei parlamenti nazionali; la sospensione di quattro anni prima del pieno accesso ai benefici previdenziali per un cittadino non inglese.

Al termine del vertice Cameron ha confermato così l’intesa su Twitter: «Ho negoziato un accordo per dare al Regno Unito uno speciale status nella Ue. Lo sosterrò domani al consiglio dei ministri». E in conferenza stampa: «La Gran Bretagna non farà mai parte del superstato europeo». Due almeno le questioni che fino a sera hanno complicato l'esito delle trattative. La prima era legata al welfare state. La Gran Bretagna ha aumentato la sua richiesta iniziale, chiedendo di poter sospendere i benefici previdenziali ai cittadini europei in Inghilterra non per quattro anni ma per sette, se non addirittura per tredici anni, e ricordando ai suoi partner che nel 2014 aveva deciso di non chiedere la moratoria settennale concessa ai paesi membri al momento dell'allargamento dell'Unione.

Per molti paesi dell'Est, che hanno numerosi connazionali in Gran Bretagna, la richiesta più estrema è parsa inaccettabile. Secondo il testo dell'accordo, l'intesa prevede una sospensione di sette anni per i nuovi lavoratori. Benefici previdenziali a favore di bambini ancora nel paese di origine saranno indicizzati alle condizioni di vita dello Stato in cui il minore risiede. Dal 2020, la possibilità, riservata in un primo tempo solo al Regno Unito, potrà essere utilizzata da tutti i paesi membri ai benefici già distribuiti.

L'altro nodo negoziato fino all'ultimo dai Ventotto ha riguardato i rapporti tra i paesi euro e i paesi non euro. Si è cercato per quanto possibile di non dare la possibilità a Londra né di impedire una ulteriore integrazione della zona euro, né di segmentare il mercato unico, concedendo al Regno Unito eccezioni troppo generose. Secondo le prime informazioni, il testo dell'accordo specifica che «il riferimento di ‘unione sempre più stretta’ non riguarda la Gran Bretagna».

La giornata è stata un tira-e-molla continuo. I capi di Stato e di governo si erano riuniti una prima volta giovedì pomeriggio. La riunione è terminata a tarda notte dopo una prima tornata negoziale sulla questione inglese. La mattinata di venerdì è stata segnata da una serie di incontri in diverse formazioni nel tentativo di avvicinare le posizioni. In un primo tempo i leader dovevano tornare a riunirsi a 28 alle 13,30. L'appuntamento è stato rinviato più volte fino a fissare una cena alle 20,30.

La partita diplomatica è stata complicata dalla scelta di Atene di minacciare un veto (quanto serio, non è stato chiaro) contro l'intesa, in assenza di una promessa che nuove chiusure delle frontiere Schengen non avranno luogo da qui al 6 marzo, data probabile di un nuovo summit europeo dedicato all'emergenza rifugiati. La Grecia vuole evitare di essere isolata nello Spazio Schengen, mentre la scelta austriaca di limitare l'ingresso ai rifugiati rischia di trasformare il paese in un enorme campo-profughi.

A questo proposito il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha commentato: «Bene l'accordo» tra Ue e Gran Bretagna «ma la partita inizia adesso»: a Bruxelles «si deve fare di più su tutti i punti di vista», a partire dai migranti. «Nei prossimi mesi sarà necessaria una riflessione sull'Europa».

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