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Migranti, intesa difficile in Europa

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Oggi il summit

Migranti, intesa difficile in Europa

BRUXELLES - È un vertice di due giorni con molti punti in sospeso quello che si aprirà oggi qui a Bruxelles per discutere dell'annoso piano europeo con la Turchia che dovrebbe servire a frenare, se non a risolvere alla radice, gli arrivi di rifugiati provenienti dal Vicino Oriente. Diplomatici ammettono che i nodi di una intesa preliminare raggiunta il 7 marzo scorso sono politici, legali e pratici. Una volta risolti i primi due, la messa in pratica dell'accordo rischia di essere comunque molto difficile.

Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha inviato ieri ai ventotto capi di stato e di governo dell'Unione una lettera dai toni sconfortati. «Il catalogo di problemi ancora da risolvere è lungo», ha scritto l'ex premier polacco che in questi ultimi giorni ha fatto la spola tra Ankara e altre capitali europee nel tentativo di chiudere una difficilissima intesa. La sfida è di trovare un accordo tra Bruxelles, Ankara e gli stessi ventotto paesi membri dell'Unione.

L'intesa preliminare alla base dei negoziati in corso prevede il rinvio dalla Grecia alla Turchia di tutti i nuovi migranti irregolari arrivati in Europa. Nel contempo, per ogni siriano giunto in Turchia dalla Grecia, dovrebbe esserci un siriano attualmente in Turchia che venga reinsediato in Europa «nel quadro degli impegni esistenti» (in altre parole in tutto 72mila persone). L'obiettivo è «di smantellare il modello economico» dei trafficanti, e «di spezzare il legame tra la traversata per mare e l'installazione in Europa».

Il piano è controverso, non solo per via del difficile trasferimento delle persone dalla Grecia alla Turchia, ma anche per l'impegno a reinsediare in Europa i siriani oggi in Turchia per un totale minimo rispetto agli 800mila migranti arrivati in Grecia solo nel 2015. Sullo scambio uno-a-uno, ieri il vice presidente della Commissione Frans Timmermans ha ammesso che modifiche legislative potrebbero essere necessarie sia in Grecia che in Turchia per consentire l'operazione rispettando il diritto internazionale.
A proposito di gestione dei rifugiati, vuoi con il ricollocamento di coloro già in Europa o con il reinsediamento di coloro ancora in paesi terzi, sempre ieri la stessa Commissione ha pubblicato un rapporto in cui ha esortato i Ventotto a redistribuire 160mila profughi in tutta l'Unione, come deciso nel 2015. Per ora ne sono stati redistribuiti appena 937. Nella relazione, Bruxelles ha messo anche l'accento sulla necessità per l'Italia e per la Grecia di meglio effettuare la registrazione dei rifugiati in arrivo.

Tornando all'aiuto chiesto alla Turchia, Ankara chiede in cambio nuovi e controversi benefici. Tra questi, nuovo denaro, oltre ai 3,0 miliardi di euro già promessi; il viaggio senza visto in Europa già in giugno, e non solo in ottobre come previsto dal precedente piano di azione con Ankara, raggiunto in novembre; e soprattutto la possibilità di aprire due nuovi capitoli negoziali (il 23 e il 24 relativi agli affari di giustizia e sicurezza) per un eventuale futuro ingresso della Turchia nell'Unione.

Nella sua lettera di ieri, Tusk è stato particolarmente chiaro: l'intesa con la Turchia deve essere «una opportunità per sostenere il negoziato in vista di una soluzione della questione cipriota». Ha poi aggiunto l'ex premier polacco: «Solo se questo sarà possibile, potremo fare passi avanti». Indirettamente, il presidente del Consiglio europeo ha spiegato che Cipro sta bloccando l'accordo e in particolare l'apertura di alcuni capitoli negoziali (si veda Il Sole/24 Ore di ieri).

L'isola è divisa da 42 anni. Mentre la parte meridionale è un paese indipendente, la parte settentrionale è riconosciuta solo da Ankara. Agli occhi di Nicosia, fin tanto che la Turchia non permetterà l'ingresso delle sue navi e dei suoi aerei nei porti e negli aeroporti turchi, aprire nuovi capitoli negoziali in vista dell'ingresso del paese nell'Unione si tradurrebbe in un suicidio politico, tanto più che le due comunità nell'isola stanno negoziando un difficile riavvicinamento.

Infine, vi sono poi dubbi da parte di molti paesi sull'opportunità di promettere fin da ora nuovi soldi alla Turchia, mentre sul fronte della liberalizzazione dei visti, la Francia rumoreggia, e anche il Parlamento europeo, che dovrà dare il suo accordo, non è felice. Il braccio di ferro è doppio. Tra i paesi europei e tra questi e la Turchia. Il vertice di due giorni si presenta complesso. Al di là di una intesa, nota un diplomatico, «è la messa in pratica di tutta l'operazione che appare in dubbio».

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