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Petrolio, fallisce il super summit di Doha

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braccio di ferro sulla produzione

Petrolio, fallisce il super summit di Doha

Si sono dati dieci ore in più rispetto ai tempi previsti. Ma la maratona negoziale di Doha non è servita a nulla: l'accordo per congelare la produzione di petrolio non è stato raggiunto. Dopo un lungo braccio di ferro i sedici produttori, Opec e non, che si erano riuniti nella capitale del Qatar hanno dichiarato la resa, aprendo la strada a un probabile calo delle quotazioni del barile. In gran parte era stata proprio l'aspettativa di un'intesa a sostenere la ripresa del Brent, che aveva risalito la china fino a sfiorare 45 dollari al barile la settimana scorsa, dopo essere crollato in gennaio sotto 30 $, ai minimi da 13 anni.

Gli speculatori, scettici sulle possibilità di successo del vertice, nei giorni scorsi si erano già posizionati sul mercato delle opzioni in modo da lucrare sui prevedibili ribassi. D'altra parte, anche un accordo a Doha non avrebbe spostato molto gli equilibri tra domanda e offerta. La bozza che ha fatto da canovaccio alle discussioni prevedeva una stabilizzazione dell'output sui livelli di gennaio, fino a ottobre. Un comitato composto da quattro ministri, due Opec e due non, avrebbe dovuto vigilare sul rispetto degli accordi. In gennaio, tuttavia, la produzione dei Paesi coinvolti era altissima. E lasciar fuori l'Iran, impegnato a recuperare i livelli produttivi di prima delle sanzioni, avrebbe comunque vanificato ogni sforzo.

È stato proprio il nodo Iran a far naufragare le trattative. L'Arabia Saudita si è infatti messa di traverso: nessun freno alla produzione, se Teheran non avesse fatto altrettanto. Ma gli iraniani a Doha non sono neppure andati, dopo aver chiarito senza possibilità di equivoci che non avrebbero collaborato. Il ministro Bijan Zanganeh aveva addirittura definito “ridicola” la pretesa di convincerlo.

Anche il principe saudita Mohammad bin Salman era stato altrettanto chiaro. E la sua radicale opposizione ad un accordo senza la partecipazione dell'Iran ha prevalso, forse anche contro la volontà del suo ministro del Petrolio, Ali al Naimi, che aveva lasciato intendere una maggiore disponibilità. Il disaccordo, se confermato, potrebbe essere il preludio al tramonto di una figura che per decenni è stato uno dei personaggi in assoluto più influenti per il mercato del petrolio. Del resto, già da tempo Al Naimi - che ha più di 75 anni - ha segnalato di volersi ritirare in pensione.

A temperare i probabili ribassi del petrolio in reazione al fallimento di Doha c'è lo sciopero dei lavoratori dell'industria petrolifera in Kuwait, che si è provvidenzialmente aggravato, riducendo la produzione del Paese a 1,1 milioni di barili al giorno, 1,9 milioni in meno rispetto alla norma. In solo colpo l' eccesso di offerta che deprime le quotazioni del greggio è scomparso, sia pure temporaneamente. Ma più avanti a risolvere lo squilibrio ci penserà il declino dello shale oil e delle altre produzioni non Opec, che stanno finalmente cominciando a cedere sotto il peso dei prezzi bassi.

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