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Toni duri tra Merkel e Erdogan, in bilico l’accordo sui migranti

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Il forum di Istanbul

Toni duri tra Merkel e Erdogan, in bilico l’accordo sui migranti

Angela Merkel e Recep Tayyp Erdogan
Angela Merkel e Recep Tayyp Erdogan

Il World Humanitarian Summit che si è aperto a Istanbul con 50 tra capi di stato e di governo ha tutte le caratteristiche fuorché quelle di essere un vertice umanitario, anzi è tutto politico, anche se in gioco, almeno a parole, c’è la sorte di milioni di essere umani. È un vertice dalle caratteristiche quasi paradossali: la Turchia accoglie 2,5 milioni di profughi siriani ma allo stesso tempo conduce una guerra non solo contro la guerriglia e il terrorismo del Pkk ma anche diretta alla popolazione civile curda, massacrata a Cizre e nei villaggi del Sud-Est.

Vengono così al pettine i nodi della deriva autoritaria di Erdogan insieme alle contraddizioni dell’Europa, al punto che il famigerato accordo con Ankara sui migranti rischia di saltare.
Il faccia a faccia tra la cancelliera Angela Merkel e il presidente turco non è andato molto bene, come del resto era nelle premesse. La Merkel ha espresso a Tayyip Erdogan la sua «seria preoccupazione» in seguito all’approvazione della norma che prevede la revoca dell’immunità parlamentare in Turchia e ha annunciato che l’esenzione dei visti dei cittadini turchi a partire dal primo luglio dovrà essere posticipata.

Questo rinvio era nell’aria: mentre Bruxelles già frenava, il premier inglese David Cameron, sotto pressione del referendum sulla Brexit, ha dichiarato che ci vorranno «decenni» per l’ingresso della Turchia in Europa.
I turchi, fiutata l’aria, hanno messo subito le mani avanti e hanno minacciato di stracciare l’accordo con la Ue. «Non ci aspettiamo nulla da loro (gli europei,n.d.r.)» ha dichiarato il consigliere economico del presidente Yigit Bulut alla tv pubblica. «Lasciamo che continuino ad applicare doppi standard, lasciamo che continuino a non mantenere le promesse fatte ai cittadini turchi - ha aggiunto - ma devono sapere che la Turchia molto presto farà scelte radicali se continueranno ad avere questo atteggiamento».
La Turchia ha stretto con la Ue un accordo per fermare il flusso di migranti verso l’Europa in cambio di una serie di incentivi tra cui l’abolizione dei visti per i cittadini turchi. Ma Ankara deve soddisfare una serie di 72 criteri, dall’adozione dei passaporti biometrici al rispetto per i diritti umani fissati all’inizio dei negoziati tra Bruxelles e la Turchia sull’abolizione dei visti verso l’area Schengen.
Ma Erdogan ha chiarito che non cambierà le sue leggi antiterrorismo, una della condizioni poste dall’Europa di fronte alla repressione dell’esercito contro i curdi nel Sud-Est anatolico. «La Turchia potrebbe rivedere tutti i rapporti con la Ue inclusa l’unione doganale», ha affermato Bulut. «Gli accordi di riammissione e tutti gli altri accordi potrebbero essere sospesi. L’Europa deve mantenere le sue promesse». Su quello che deve fare la Turchia per dare seguito alle intese con l’Unione ovviamente non ha detto una parola perché questo è lo stile del nuovo governo dove l’ex premier Davutoglu è stato sostituito dal più malleabile Binali Yildirim, un personaggio di secondo piano come quasi tutti quelli che circondano Erdogan.

Del resto era chiaro che la svolta autoritaria di Tayyp Erdogan avrebbe complicato e non poco i rapporti con l’Europa: la Turchia sta entrando in una nuova era in cui il dominio assoluto del presidente si sta consolidando a spese della democrazia, come dimostra il voto all’Assemblea nazionale con cui è stata tolta l’immunità parlamentare ai deputati. Rischia di essere spazzata via buona parte dell’opposizione per spianare la strada alla riforma costituzionale in senso presidenziale voluta da Erdogan per controllare, come ha ripetutamente affermato, il partito Akp, il governo, la magistratura, le forze di sicurezza.

Cosa accadrà adesso dell’accordo sui migranti con la Turchia? È possibile che questo confronto della Merkel con Erdogan apra un altro negoziato con l’Unione europea che pensava di cavarsela rimbalzando i siriani dall’Egeo all’Anatolia. Il quotidiano britannico Guardian domenica ha pubblicato un editoriale di Erdogan in cui chiedeva all’Europa di accogliere una parte maggiore dei 3 milioni di rifugiati che secondo lui attualmente vivono in Turchia. Quanti? Almeno mezzo milione, secondo le fonti governative di Ankara. La solidarietà europea, sotto le pressioni populiste, è già ai minimi e si annunciano tempi ancora più duri per i 60 milioni di rifugiati nel mondo e i 125 milioni che dipendono dagli aiuti dei donatori internazionali. La generosità è sempre più a parole che nei fatti non solo per ovvi motivi economici e sociali ma per i nodi politici irrisolti nei rapporti con il Mediterraneo e il Medio Oriente affrontati con le guerre per procura e gli alleati sbagliati.

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