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La Gran Bretagna lascia la Ue: il giorno dello shock per un Paese che viaggia verso l’ignoto

Londra – È accaduto quanto nessuno, davvero, pensava stesse per accadere. Dopo 43 anni la Gran Bretagna ha lasciato l'Unione europea per un pugno di voti 52 a 48 per cento: l'opposto di quanto nella notte aveva fatto credere un ultimo sondaggio di You Gov. La sterlina, che sulla scorta di quell' indicazione era schiazzata a 1.50 sul dollaro, è precipitata al valore del 1985: 1,39, una caduta più violenta di quella del 2008. I mercati azionari si prevede che possano aprire a meno 6 per cento. Il giorno dopo si presenta esattamente come lo avevano descritto gli esperti - non ultimo George Soros - capace di fermare un'istantanea identica alla realtà di queste ore.

IL VOTO PER AREE GEOGRAFICHE

A cambiare un destino che sembrava marciare nella direzione auspicata da metà paese e da tutto il mondo è stato il nord dell'Inghilterra: Londra e la Scozia hanno votato con forza a favore di Remain, mentre il settentrione del Paese e il Galles hanno spostato l'asse della storia europea di qualche migliaio di voti, abbastanza per dare corpo all'Independence day invocato da Boris Johnson e da Nigel Farage che ha detto “questa è una vittoria della gente normale” poco prima di invitare il premier David Cameron a dimettersi immediatamente. Un pensiero raccolto dalla Bbc anche da un esponente laburista.

Il voto è il risultato di tanti fattori, compreso il collasso del voto laburista nel nord che ha seguito le ansie anti immigrazione delle lower classes. È un voto anti Londra sempre più distante dal resto del Paese, un voto della piccola Inghilterra rurale contro quella metropolitana. Il tempo delle analisi verrà ora è l'ora dello choc che pervade questa città e questo Paese in marcia verso l'ignoto sul ritmo della parole del leader scozzese Nicola Sturgeon che ha detto chiaramente di immaginare il futuro di Edimburgo in Europa, prologo a un nuovo referendum che porterà alla secessione della Scozia che ieri ha votato in massa per il si a Bruxelles. E non solo la Scozia. L'Irlanda del nord s'è schierata con l'Europa ritagliando un Regno Unito in disfacimento, dove la volontà di una nazione s'oppone alla volontà dell'altra.

Ora la parola passa a un premier appeso a un filo. David Cameron ha sempre detto che anche in caso di sconfitta non si sarebbe dimesso ma la spinta è destinata a crescere oltre misura. In attesa di conoscere le mosse di Downing street sul futuro del suo inquilino si tratta di decidere la procedura che Londra seguirà ora se cioè nel volgere di pochi giorni invocherà l'articolo 50 del trattato di Lisbona e darà via alle pratiche che in due anni la porteranno fuori dall'Unione. Gli indipendentisti vorrebbero aspettare un poco di più per valutare attentamente le mosse, ma l'Europa crediamo che non lascerà loro troppo tempo.

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