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Schäuble: dopo Brexit intese tra Stati anche senza l’ok della Commissione

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Per dare un futuro all’Unione Europea è necessario che siano i governi nazionali a dettare l’agenda dell’integrazione, con o senza il consenso della Commissione. Come accade spesso, Wolfgang Schäuble fa discutere e dopo il referendum nel Regno Unito propone strade che non piaceranno a tutti, certamente non a Bruxelles, perché prevedono un approccio «intergovernativo».

«Adesso è il tempo del pragmatismo - ha dichiarato Schäuble in un’intervista all’edizione domenicale di Die Welt - se non tutti i 27 Paesi membri della Ue vogliono mettersi insieme dall'inizio, allora inizieremo con pochi. Se la Commissione non ne fa parte, allora prenderemo le questioni nelle nostre mani e risolveremo i problemi fra i Governi».

«Non è il momento giusto per le grandi visioni», ha spiegato il ministro, secondo il quale piuttosto che mettersi a dibattere su trattati o riforme istituzionali, occorre ottenere progressi su crisi dei rifugiati, disoccupazione giovanile e altri problemi concreti dell'Europa. «La situazione è così grave che è necessario smettere di giocare ai soliti giochi di Europa e Bruxelles. L'Unione europea si trova ad affrontare un test cruciale, forse il più grande della sua storia», ha commentato il ministro tedesco al giornale Welt am Sonntag.
«In linea di principio, sono favorevole a una maggiore integrazione in Europa», ha aggiunto Schaeuble. «Ma questo non è il momento. Di fronte alla demagogia e all'euroscetticismo sempre più diffuso, l'Europa semplicemente non può continuare come prima».

Le parole di Schäuble, riporta l’agenzia Bloomberg, descrivono la reale risposta che sta emergendo dal Governo tedesco all'esito del referendum sulla Brexit. E segnalano uno scontro sotterraneo con «gli avvocati dell'integrazione», come il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker.

Già in passato il veterano ministro delle Finanze aveva espresso frustrazione per i tempi lunghi di risposta della Ue al problema degli immigrati e ora sottolinea che «l'insoddisfazione di molte persone nei confronti della Ue è per il mancato rispetto delle regole, anche da parte della Commissione Ue nella sua risposta alla crisi del debito sovrano».

Quanto ai negoziati tre Ue e Regno Unito, il braccio destro di Angela Merkel sottolinea che entrambi hanno interesse ad avviarli al più presto per limitare la «pressione del mercato» che potrebbe invece aumentare in caso di trattative prolungate.

Nel dibattito è intervenuto anche il ministro dell’Economia e vicecancelliere, nonché leader della Spd, Sigmar Gabriel, secondo il quale la Ue deve interrogarsi sull’opportunità di continuare a spendere il 40% del suo budget in agricoltura e molto meno in ricerca, innovazione e istruzione. Gabriel ha inoltre criticato il numero dei commissari (uno per Paese), ritenendolo eccessivo.

Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, in un intervento pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha invece proposto di trasformare la Commissione europea in un «vero governo europeo» soggetto al controllo del Parlamento e di creare una seconda Camera composta da rappresentanti degli Stati membri. Una ricetta che tuttavia appare poco popolare a Berlino e non solo.

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