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Trump, Hillary, la Russia e la «Sorpresa di ottobre» ad agosto

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Trump, Hillary, la Russia e la «Sorpresa di ottobre» ad agosto

Hillary Clinton (Ap)
Hillary Clinton (Ap)

NEW YORK - Hillary Clinton contro Donald Trump e Vladimir Putin. Fantapolitica? Forse, ma anche qualcosa di più. Il candidato democratico, dopo le ripetute dimostrazioni di relazioni pericolose tra Trump e Mosca, ha di fatto sollevato lo spettro di una “interferenza” russa nella campagna elettorale americana. Di una nuova “October Surprise”, quella Sorpresa di Ottobre che nel gergo politico statunitense denota le notizie - anzitutto con ramificazioni internazionali - fabbricate o rilasciate ad arte per influenzare urne presidenziali ormai ad un passo.

Fu il caso di Richard Nixon nel 1972, quando il suo caponegoziatore Henry Kissinger annunciò un'imminente pace in Vietnam a dodici giorni dal voto. E di Ronald Reagan, accusato di un patto segreto con l'Iran nel 1980 per il rilascio di ostaggi americani solo dopo una sua elezione. Adesso il sospetto è che, in una simile oscura operazione con Mosca per partner voluto o casuale e anche se siamo solo ad agosto, potrebbe essere invischiato Trump.

Il candidato repubblicano, di sicuro, ha commesso ripetute gaffe sulla sua vicinanza nei rapporti con Mosca, che quantomeno danno voce a preoccupazioni sulla sua leadership in politica estera. Le ultime sono di questi giorni: in un'intervista nel fine settimana sulla rete televisiva Abc Trump ha dichiarato che Vladimir Putin “non entrerà mai in Ucraina, capite? Segnatevelo pure”. Peccato che la Russia abbia già da qualche tempo invaso l'Ucraina per impossessarsi della Crimea. Messo davanti all'evidenza, Trump ha replicato in un soliloquio imbarazzato e soltanto a tratti comprensibile (ne riportiamo solo queste parti): “Ok, è entrato in un certo senso. Ma quella parte del mondo è un pasticcio a causa di Barack Obama”. Successivamente ha precisato di aver voluto dire che la Russia non sarebbe più entrata in Ucraina una volta che sarà diventato lui presidente.

Nelle stesse ore, come se non bastasse, è anche venuto alla luce che l'influente capo della sua campagna elettorale, Paul Manafort, ha avuto nel recente passato strettissimi legami con Mosca. Il New York Times ha rivelato che Manafort era stato consulente del presidente filo-russo dell'Ucraina Viktor Yanukovich nel 2014, prima che questo lasciasse il Paese cacciato da proteste popolari e trovasse rifugio proprio presso Putin. Manafort, che aveva curato l'immagine di Yanucovich nello sforzo di conservare il suo potere, in seguito è rimasto al servizio delle forze leali a Mosca, impegnate e restaurare un regime pro-Russia, e contrarie invece ai governo filo-occidentale. Ha inoltre lavorato per numerosi oligarchi sia russi che ucraini.

Trump è inoltre reduce da prese di posizioni controverse sulla Nato, mettendo in dubbio gli articoli di difesa collettiva e affermando che gli Stati Uniti interverrebbero in difesa, ad esempio, di paesi Baltici attaccati da Mosca solo dopo aver verificato che questi siano in regola con i loro contributi finanziari e militari. Né è stato parco di profferte di amicizia e ammirazione a Putin, con il quale ha detto che si troverà bene a discutere.

E lo stesso scandalo delle e-mail interne imbarazzanti del partito democratico - che hanno svelato aiuti alla Clinton contro Bernie Sanders e la compravendita di favori tra grandi donatori e funzionari - si è in parte trasformato in un boomerang alla scoperta che sono stati pirati informatici legati all'intelligence di Mosca a violare i computer.

Ma la cascata di polemiche sul candidato repubblicano è ormai diventata anche personale e non solo politica, sul suo carattere di eventuale leader della maggior Superpotenza al mondo. Trump ha deciso di attaccare brutalmente il padre di un soldato musulmano americano morto da eroe in Afghanistan che aveva effettuato un appassionato discorso alla Convention democratica contro i divieti agli immigrati proposti dal candidato repubblicano, contro la sua carenza di comprensione e empatia per i sacrifici degli altri.

Trump per tutta risposta ha detto di voler “rispondere per le rime” a quelli che considera “insulti” e ha insinuato che la moglie di Khizr Khan, a sua volta comparsa sul palco, non aveva parlato perché le è vietato di esprimersi, un'accusa respinta dalla stessa signora Khan in un articolo che ha semplicemente spiegato come non se la senta di parlare in pubblico della morte del figlio, il capitano Humayun Khan .

Gli attacchi di Trump hanno scatenato ieri la dura presa di posizione di uno dei più rispettati leader repubblicani, il senatore John McCain: “Non posso enfatizzare abbastanza quanto sono in disaccordo con Trump. Se il partito gli ha dato la nomination, questa non include la licenza a diffamare i migliori tra di noi”. E ha continuato: “Voglio ringraziare i Khan per essere immigrati negli stati Uniti. Siamo un paese migliore grazie alla vostra presenza”. La senatrice conservatrice moderata Kelly Ayotte del New Hampshire si è a sua volta detta “disgustata” dai commenti di Trump, che “ha anche avuto il coraggio di paragonare i suoi sacrifici a quelli della famiglia Khan.

I sondaggi - a dimostrazione che questa volta Trump ha passato il segno tra incongrue dichiarazioni sulla Russia e irate battute tra gli americani - mostrano oggi un rilancio di Clinton, che ha decritto il suo avversario come un personaggio instabile. CUS, confermando rilevazioni simili da parte di Reuters/Ipsos, ha rilevato un suo vantaggio di sette punti dopo la Convention democratica.

La Clinton ha anche migliorato la popolarità personale: gli americani con un'opinione negativa del candidato democratico afflitto da ombre etiche sono scesi dal 56% a 50 per cento. Complici, probabilmente, le gaffe estive di Trump. Che forse - anche perché difficilmente Trump può vestire i panni di Nixon o Reagan - neppure una vera October Surprise potrebbe riscattare.

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