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Schäuble, la risposta a Draghi e il soft power che serve alla Germania

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L'Analisi|IL CASO

Schäuble, la risposta a Draghi e il soft power che serve alla Germania

Dritto al cuore del problema. Il contrasto tra il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble tocca uno dei punti nevralgici dell’Unione europea: la leadership tedesca, rafforzata oggi dall’uscita della Gran Bretagna, prevista tra qualche mese.

Draghi è stato attento e preciso. La Germania ha spazio fiscale per intervenire, e lo deve fare per ridurre l’avanzo commerciale nei confronti dei paesi della zona Euro, che è sproporzionato. «Non è che possiamo abbassare il surplus premendo un bottone - ha avvertito giustamente Draghi - Non è un’economia pianificata. Se un’economia è naturalmente competitiva, si possono fare politiche economiche che usano i vantaggi del surplus per trasformarla in domanda domestica».

Draghi quindi sa bene che le esportazioni tedesche sono frutto di una maggiore competitività: migliori aziende, migliori lavoratori, migliore organizzazione. Non vuole minimamente che tutto questo scompaia. Ritiene però fuori luogo avere un bilancio in pareggio in questa fase di difficoltà dell’Eurozona. Una maggiore domanda domestica potrebbe - potrebbe... - trasformarsi in maggiori importazioni e ridurre il surplus. È ovvio che la soluzione del problema dipende da quanta parte di questa domanda, da parte di consumatori e aziende tedesche, si dirigerà verso prodotti degli altri paesi dell’Eurozona. Il meccanismo, insomma, è molto indiretto, passa attraverso le decisioni di milioni di persone.

Motivi un po’ diversi aveva l’accenno di Draghi sui salari. È chiaro che retribuzioni più alte distribuirebbero diversamente la domanda interna e il meccanismo a favore della riduzione del surplus potrebbe - e questa volta il condizionale è più forte - attivarsi anche per questa strada. In questo caso, però, Draghi teme che l’inflazione protratta si sia “infiltrata” nel sistema di determinazione dei salari. In questo caso sarebbe più complicato il compito della politica monetaria.

La risposta di Schäuble scarica il compito di ridurre il surplus tutto sulla Bce. L’aumento dell’avanzo è anche effetto della flessione dell’euro, ha detto, e il fenomeno non ha riguardato solo la Germania, «Se il surplus di Eurolandia, nel suo complesso, è salito del 3,6% in totale, non deve sorprendere che il surplus tedesco sia aumentato, non del 3,6%, ma del 2%». Il deprezzamento della moneta comune è a sua volta effetto della politica ultraespansiva della Bce. Si può dunque ridurre il surplus tedesco? «Non mi sembra che la Bce stia cambiando la sua politica monetaria», ha detto Schäuble, rifiutandosi in realtà di rispondere alla questione. Il problema posto da Draghi riguarda il surplus verso gli altri paesi di Eurolandia, che sarebbe certo ridimensionato da una nuova politica monetaria e quindi da un apprezzamento dell’euro.

La posizione tedesca di lungo periodo - per quanto esacerbata e inacidita da motivazioni elettorali - è chiara: ogni paese deve assumersi le proprie responsabilità, gli altri facciano come la Germania e diventeranno prosperi come i tedeschi, il gioco è a somma positiva. Non c’è molto da aggiungere: la crescita economica è davvero frutto del capitale fisico, e quindi anche della tecnologia, e del capitale umano, e quindi anche dell’organizzazione, non di aspetti monetari e finanziari come il deficit di bilancio o il tasso di cambio. In questi ultimi anni l’effetto dei disavanzi fiscali è stato davvero limitato, sul piano della crescita, e il loro ruolo sembra essere stato un altro: sociale, politico, non necessariamente negativo, ma non certo uno stimolo all’attività economica.

“Una posizione di forza che si eserciti esclusivamente a proprio vantaggio aliena simpatie e consensi non solo verso la Germania, ma anche verso l’Unione europea”

 

Il punto allora è un altro. Un paese leader non può scaricare sugli altri componenti dell’Unione monetaria e sulla stessa banca centrale il compito di risolvere i problemi dell’area comune senza perdere la leadership. Una posizione di forza che si eserciti esclusivamente a proprio vantaggio aliena simpatie e consensi non solo verso la Germania, ma anche verso l’Unione europea di cui la Germania rivendica sempre di più la guida. Un po’ di soft power, insomma, non guasterebbe; ma il governo tedesco, e il suo ministro delle Finanze, sembra non ne abbiano proprio voglia.

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