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Mutui subprime, stangata Usa su Deutsche Bank

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l’analisi

Mutui subprime, stangata Usa su Deutsche Bank

NEW YORK - Il governo americano chiede 14 miliardi di dollari a Deutsche Bank per scontare i «peccati» nei derivati immobiliari: una cifra da record nella storia degli scandali esplosi con la crisi finanziaria. Ma la banca tedesca replica picche, affermando che non pagherà mai una simile cifra e auspicando invece che un accordo possa essere presto raggiunto su una multa assai più contenuta, che le consenta di archiviare uno dei casi che più hanno scosso la sua reputazione.

Il botta e risposta ha inaugurato un complesso e teso processo negoziale che, secondo indiscrezioni, potrebbe arrivare a conclusione entro l’anno. Una scadenza ravvicinata nell’interesse del Dipartimento della Giustizia, giunto al capolinea dell’amministrazione di Barack Obama con un bilancio misto sugli scandali, numerose multe e poche condanne di responsabili. Come anche e soprattutto della banca, che ha visto moltiplicate le pressioni in Borsa: ieri l’impatto della multa in arrivo, probabilmente strutturata in contanti e aiuti ai consumatori, ha bruciato l’8,5% delle quotazioni del colosso tedesco. La sanzione totale corrisponderebbe a tre quarti dell’attuale market cap della banca. Anche un quarto della cifra, tuttavia, stando ad alcuni analisti basterebbe a erodere una men che brillante posizione di capitale e a mettere in dubbio obiettivi futuri (ogni miliardo oltre quota 4 limerebbe lo 0,24% dal suo coefficiente common equity Tier 1) mentre sanzioni superiori potrebbero richiedere aumenti di capitale.

In gioco, per le authority di Washington, sono derivati su prestiti nel mercato residenziale americano che avrebbero visto l’istituto sottovalutare i rischi, ingannando investitori e risparmiatori sulla loro tossicità. «Abbiamo avviato trattative per risolvere le possibili richieste di danni su emissione e sottoscrizione di titoli garantiti da mutui e relative attività di cartolarizzazione nel periodo tra il 2005 e il 2007», ha fatto sapere Deutsche. «Confermiamo la richiesta iniziale del governo di 14 miliardi, che quale passo successivo ha invitato la banca a sottoporre la propria controproposta». Poi la reazione più dura, che evidenzia le tensioni. «Deutsche Bank non intende accordarsi su cifre neppure lontanamente vicine a quella citata. I negoziati sono agli inizi. Ci aspettiamo un risultato simile a quello ottenuto da banche nostre pari che hanno concordato un ammontare materialmente inferiore».

Lo stesso governo tedesco, al cospetto delle incognite, ha creduto di intervenire per gettare acqua sul fuoco. Il contenzioso avrà «esito positivo», ha assicurato il portavoce del ministero delle Finanze tedesco, Friederike von Tiesenhausen, pur precisando che l’esecutivo non è «coinvolto nel negoziato tra Deutsche Bank e le autorità americane».

Le cifre sulla sanzione finale sono in realtà difficili da prevedere: tradizionalmente, come ha sottolineato Deutsche, le autorità statunitensi alzano il tiro prevedendo significativi ridimensionamenti della richiesta. Goldman Sachs cominciò da 15 miliardi e ne versò 5,1. JP Morgan da 20 per scendere a 13. Complessivamente JP Morgan, Citigroup e Morgan Stanley hanno pagato 23 miliardi per derivati immobiliari tossici fatti ingoiare agli investitori.

Deutsche può a suo favore rivendicare volumi di business inferiori ai rivali: nei due anni considerati i suoi titoli garantiti da mutui subprime sono stati pari a un terzo rispetto a Goldman e a un tredicesimo di quelli di Bank of America, detentrice della sanzione record con 16,6 miliardi. Parte di un tesoro di risarcimenti imposti al settore bancario per molteplici scandali per truffa e manipolazione che sfiora i 200 miliardi.

Non sempre, però, le multe si sono rivelate proporzionali al business, prendendo in esame anche la gravità delle violazioni. E quel che è certo è che oggi la cifra messa sul tavolo dal governo nella vicenda Deutsche ha colto di sorpresa vertici dell’istituto e analisti. Il management tedesco aveva ipotizzato una sanzione da due o tre miliardi, anche in considerazione di 1,9 miliardi pagati a fine 2013 per simili derivati ad autorità federali del settore casa. E aveva stanziato, al 30 giugno, solo 6,2 miliardi in dollari per spese legali pur indicando di voler rimpinguare questa cassaforte. Tra gli osservatori la cifra circolata era poco superiore, tra i 2 e i 5 miliardi.

Una maggior severità adottata dal Dipartimento della Giustizia preoccuperebbe altre società europee. Indagini sui derivati dei mutui sono in corso contro altri colossi del Vecchio continente, da Barclays a Royal Bank of Scotland, da UBS a Credit Suisse. Una disputa che minaccia di inserirsi in un clima transatlantico già avvelenato da polemiche. Sotto i riflettori è anche il trattamento fiscale delle aziende americane in Europa: la UE ha fissato di recente proprio in una cifra simile, 13 miliardi di euro, la richiesta di tasse arretrate dovute da Apple per strategie di elusione in Irlanda. E il Dipartimento del Tesoro statunitense ha criticato un atteggiamento unilaterale e il rischio di sottrarre fondi all'erario statunitense.

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