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Theresa May all’attacco sull’immigrazione all’Onu

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tre proposte

Theresa May all’attacco sull’immigrazione all’Onu

Theresa May, primo ministro britannico (Epa)
Theresa May, primo ministro britannico (Epa)

La migliore forma di difesa è l'attacco: con questa convinzione oggi la premier britannica Theresa May, sotto accusa per la riluttanza della Gran Bretagna ad accogliere un numero maggiore di rifugiati, lancia un monito sui pericoli di un’immigrazione fuori controllo, difende il diritto di ogni Paese di chiudere la propria frontiera e propone una nuova strategia globale per controllare i flussi migratori.

Nel suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite oggi, il suo debutto all’Onu, la May sostiene che l’immigrazione di massa senza controlli non solo rappresenta un pericolo ma danneggia gli interessi dei rifugiati, riducendo le risorse e il sostegno politico e popolare per accoglierli. «Non dobbiamo limitarci a curare i sintomi di questa crisi, ma dobbiamo individuare e gestire le cause della crisi», afferma la May, che propone una soluzione in tre punti.

“Non dobbiamo limitarci a curare i sintomi di questa crisi, ma dobbiamo individuare e gestire le cause della crisi”

Theresa May, primo ministro britannico 

Migranti: senza una soluzione comune

La prima proposta è aiutare i rifugiati a chiedere asilo nel primo paese che riescono a raggiungere – come l’Italia o la Grecia - e impedire loro di proseguire fino a quando hanno il permesso di farlo; la seconda è stabilire chiari criteri concordati a livello internazionale per distinguere tra un vero rifugiato e un immigrato per ragioni economiche, aiutando i primi e respingendo i secondi; la terza è di stabilire il diritto di ogni Paese a controllare la propria frontiera e bloccare gli immigrati “indesiderati”.

La May continua quindi con la politica del suo predecessore David Cameron, concedendo aiuti solo ai rifiugiati che sono in zone di guerra o in campi ai confini di Paesi in guerra e rifiutando invece di accogliere i rifugiati che sono riusciti ad arrivare già in un Paese europeo. La ragione è che Londra non vuole incoraggiare l’immigrazione clandestina o favorire in qualche modo i trafficanti di persone che lucrano sulla disperazione della gente facendo loro fare viaggi pericolosi che spesso finiscono in tragedia. Londra continua a concedere aiuti umanitari a Paesi come il Libano o la Giordania che accolgono profughi sul loro territorio.

La Gran Bretagna è stata però criticata per essersi finora impegnata ad accogliere solo 20mila profughi siriani nei prossimi quattro anni. La settimana scorsa 200 leader religiosi avevano scritto una lettera aperta al Governo criticando la sua chiusura ai rifugiati e lanciando un appello per una dimostrazione di umanità.

Ieri David Miliband, ex ministro degli Esteri britannico, ha chiesto alla May di usare il summit dell’Onu per quadruplicare l’impegno di Londra, annunciando che accoglierà 25mila rifugiati all’anno, pari a 25 per ogni circoscrizione elettorale. Anche il partito laburista all’opposizione sta facendo pressioni sul Governo perché accolga non solo più rifugiati dalla Siria ma anche 500 minori non accompagnati che sono nel campo “la giungla” di Calais, molti dei quali hanno parenti che vivono in Gran Bretagna.

Aung Sang Suu Kyi incontra la premier Theresa May a Londra

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