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Clinton batte un irascibile Trump nel primo dibattito presidenziale

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ELEZIONI NEGLI USA

Clinton batte un irascibile Trump nel primo dibattito presidenziale

Donald Trump e Hillary Clinton (Ap)
Donald Trump e Hillary Clinton (Ap)

Nel primo dibattito presidenziale americano, nello scontro a due per la Casa Bianca 2016, Hillary Clinton ha prevalso su Donald Trump per controllo, preparazione, distacco. Il paradosso è che Trump, che pure era partito bene, argomentando come gli accordi commerciali avessero distrutto l'economia e i posti di lavoro in America, ha poi abbandonato il tema che poteva fruttargli punti, per attaccare Hillary su minuzie, con slogan ripetitivi che suonavano vuoti di contenuto.

Tipico esempio: «Hillary non ha il temperamento per essere presidente degli Stati Uniti perché perde la calma, l'ho vista l'altro giorno, gridare, non so a chi parlasse ma era fuori controllo». Il problema è che Hillary lo guardava calmissima senza rispondere mentre lui continuava ad alzare la voce. Il confronto diretto sullo schermo, con i due volti in riquadri separati ma paralleli ha avvantaggiato la Clinton. E sul tema del temperamento, Trump ha cercato di mischiare le carte, visto che è noto che sia lui ad essere imprevedibile, accentratore e irascibile. «Io sono calmissimo e ho il temperamento adatto per essere alla Casa Bianca» diceva. Ma più lo ripeteva e meno sembrava vero, così l'operazione davanti a un pubblico di 100 milioni di persone alla fine non gli è riuscita. Secondo un sondaggio della Cnn, la candidata democratica ha vinto con il 62% delle preferenze degli intervistati, a fronte del 27% di Donald Trump.

I SONDAGGI
Consensi in % per i candidati * - (*) Media dei principali sondaggi. (Fonte: Real Clear Politics)

Questo è solo uno degli esempi che hanno dimostrato come l'esperienza di Hillary e la sua preparazione alla fine abbiamo pagato. Trump è apparso spesso sempliciotto ed elementare. A un certo punto ha detto: «Cara Hillary, in questi giorni io sono andato in giro per il paese e ho visto la disperazione della gente che perde i posti di lavoro mentre tu hai scelto di startene a casa». «Vero - ha risposto Hillary senza perdere una battuta - ho scelto di stare a casa a studiare e a prepararmi per un dibattito che non prevede improvvisazione, cosa che farò anche da Presidente degli Stati Uniti». Trump ha incassato, per una volta senza la risposta aggressiva pronta.

Altri temi forti della serata: le tasse, i rapporti con le comunità afroamericane dopo le tensioni razziali anche degli ultimi giorni. Su questo Trump facendo appello alla sua base diceva: «Ci vogliono legge e ordine». Ma Hillary negava che ci volessero ulteriori strette visto che i giovani afroamericani muoiono per strada; «cerchiamo il dialogo», diceva. Trump alzava gli occhi al cielo, ma Hillary di nuovo raccontava episodi e parlava di problemi razziali molto concreti e difficili. Lo stesso capitava per il ruolo della Nato, i rapporti con l'Iran e il Medio Oriente, il certificato di nascita di Barack Obama.

Su ciascun tema Hillary sembrava essere articolata, paziente, informata. Trump invece sembrava abboccare a un'esca che la Clinton gettava sapientemente e cominciava a parlare di se stesso giustificandosi ( ad esempio sulla questione di Obama nato o meno negli Stati Uniti) e sull'Iraq (aveva detto all'inizio, prima della Guerra, di essere favorevole a un intervento, poi ha cambiato, ma ieri sera lo negava), mentre ha citato come testimoni a suo favore personaggi improbabili per un politico che aspira a diventare presidente degli Stati Uniti, come Sean Hannity, un commentatore televisivo. Trump a un certo punto su provocazione di Hillary di fatto ha ammesso che forse le tasse non le ha pagate, di fatto dando ragione al candidato democratico che diceva: «non rilascia le sue dichiarazioni sui redditi proprio per quella ragione». E quando Trump non rispondeva Hillary ha fatto un affondo: «Credo che ci siano alcune motivazioni per cui non voglia rilasciare la sua dichiarazione sulle tasse. Primo, non è così ricco come sembra.

Secondo, non è così generoso come si vanta di essere, terzo, perché le informazioni ci dicono che debba 650 milioni di dollari a Wall Street e alle banche straniere, o magari semplicemente non vuole che voi, tutti voi che state guardando questa sera, sappiate che non ha mai pagato le tasse, non ha contribuito alle vostre scuole, alle spese per i veterani e per gli ospedali; persino in filantropia ha fatto meno di quello che dice di aver fatto». Trump ha cercato di reagire: «le nostre condizioni finanziarie sono disastrose non per la mancanza di introiti fiscali ma perché i fondi sono gestiti da personaggi come te: sono trent'anni che ci provi e hai sempre fallito«. E Hillary: «No, è perché non hai pagato le tasse». Trump: «anche se le avessi pagate i soldi sarebbero andati sprecati». Ma qui Trump ha subito capito di aver fatto un autogol ammettendo implicitamente di non aver pagato le tasse, ma ormai era troppo tardi, e glielo si leggeva nello sguardo.

Il momento di maggiore passione Hillary lo ha avuto quando ha parlato delle donne. Quando Lester Holt, il moderatore, ha chiesto a Trump se confermasse che Hillary non avesse il look da presidente ha risposto «sì lo confermo: non è presidenziale, ma non ho parlato di apparenza, ho parlato di temperamento». «Stai cambiando – gli ha risposto Hillary – hai parlato di look e hai chiamato le donne maiale e a uno dei concorsi di bellezza che ti piacciono tanto hai detto che una concorrente latinoamericana, Alicia Machado, era Miss Piggy e che sembrava una domestica solo perché aveva un cognome latinoamericano. Ebbene oggi è una cittadina americana e andrà a votare, e non per te».
A quel punto Trump era sulla difensiva. Spesso si sentiva attraverso il microfono un piccolo grugnito, respirava forte col naso come se fosse ansioso, cosa che non abbiamo mai visto prima. E alle domande del moderatore Lester Holt, impeccabile e non intrusivo, il candidato repubblicano continuava a eludere le questioni specifiche rifugiandosi nei suoi slogan «farò l'America grande» «c'è bisogno di qualcuno che sappia come gestire i soldi» «il mio impero è un successo nel mondo intero» «I politici hanno distrutto questo paese». Hillary, a costo di sembrare a tratti “secchiona”, snocciolava invece dati, a volte parlava troppo, frasi difficili e poco adatte al piccolo schermo, ad esempio sugli arsenali nucleari dell'Iran. Ma almeno si capiva che sapeva le cose, che era informata, che conosceva i dossier.

Hillary e Trump faccia a faccia. L'analisi di Mario Platero

La partita si è chiusa sulla tenacia, sulla resistenza necessaria per essere presidenti: «non ho detto che Hillary non ha la faccia da presidente, ho detto che non ha la resistenza per farlo», e Hillary di rimando: «quando avrai viaggiato per 110 paesi, quando avrai fatto audizioni di 11 ore di fila, quando avrai negoziato importanti accordi per il rilascio di ostaggi potrai parlare, ma io la forza e la resistenza l'ho dimostrata, tu no».
Trump ha cercato di essere più presidenziale che caricaturale. E in parte c'è riuscito. È vero interrompeva troppo, violando le regole, cosa che Hillary non ha mai fatto. E si è notato. Dopo il dibattito ha detto che Hillary si era preparata nel modo tradizionale in cui si prepara un politico: «ha giocato con le parole», diceva. Ma era abbacchiato e scuro in volto. Aveva capito di essere scivolato più volte, cosa che in passato gli capitava raramente. Ha attaccato il moderatore «non ha parlato di Bengasi o dello scandalo delle e-mail» (argomento trattato da Trump).
E noi dal confronto diretto, senza rete, abbiamo visto chi è davvero più preparato per guidare l'America. Lo hanno visto anche molti elettori nei primi sondaggi: per loro ha vinto Hillary. E per i milioni di americani che adorano Trump per la sua candida superficialità nella quale si identificano? Che lo ammirano per essere diventato il vessillo populista clandestino in America dopo i fallimenti europei? Continueranno a votarlo ma per ora, ci dice il dibattito di ieri, restano una minoranza.

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