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Vuoi sapere chi vince tra Hillary e Donald? Chiedilo ai pesos messicani

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PRESIDENZIALI USA

Vuoi sapere chi vince tra Hillary e Donald? Chiedilo ai pesos messicani

EPA/JIM LO SCALZO
EPA/JIM LO SCALZO

Tra minacce di muri in cemento e tariffe protezionistiche, Donald Trump ha fatto il miracolo: ha creato la correlazione inversa tra se stesso e la valuta messicana. Se Trump sale nei sondaggi, il peso crolla ai minimi storici. Se Trump perde il duello tv con Hillary, il peso sale.

«È diventata davvero una correlazione come quella tra asset finanziari», sorride Ihab Salib, capo dell’obbligazionario a Federated Investors. Mentre Axel Merk, presidente di Merk Investments, ammette di essersi piazzato al ribasso sulla valuta messicana qualche settimana fa, quando Trump saliva nei sondaggi dopo il malore di Hillary, con il risultato di guadagnare un sacco di soldi. Persino i politologi, durante le loro sofisticate analisi dei duelli tv tra quelli che sono probabilmente i due peggiori candidati della storia degli Stati Uniti, danno un’occhiata anche alla valuta messicana. Il peso sale? Allora ha vinto Hillary. Scende? L’ha spuntata Donald. Resta fermo? Pareggio. Dopo l’ultimo duro confronto, il peso ha guadagnato il 2,2% e questo la dice lunga su chi è tornato a guidare le danze tra i due, ancora prima che lo confermino i sondaggi.

Ma è davvero possibile? Può la violenta retorica anti-messicana di Trump fare così paura da trascinare al ribasso la valuta del Paese confinante? Bisogna intanto dare atto a Donald di non essersi risparmiato sul cosiddetto “fronte sud”, in un crescendo rossiniano di minacce a uso e consumo della sua base elettorale, l’America profonda bianca e “no global” (nel senso di sconfitta dalla globalizzazione). Dopo aver esordito con la promessa di «rinegoziare per intero» o addirittura «cancellare del tutto» il Nafta (l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico), Donald ha minacciato di alzare tariffe doganali del 35% sull’importazione di Ford costruite nel Paese centroamericano, per concludere con l’innalzamento del mitico muro di cemento al confine («e nessuno costruisce muri meglio di me», garantì il fulvo aspirante presidente qualche mese fa).

Il Paese centramericano teme Trump alla Casa Bianca. «Il rischio politico statunitense viene trasferito sul Messico - spiega Chris Wilson, vicedirettore del Mexico Institute, un istituto di ricerca con base a Washington - e questo viene immediatamente prezzato dalla valuta». Ma c’è anche chi è più scettico sul reale peso di Donald sul peso (perdonate il gioco di parole).

«Se la valuta centramericana mostra debolezza non è tanto per Trump quanto per il cattivo stato dell’economia messicana» spiega Win Thin, strategist sui cambi dei Paesi emergenti a Brown Brothers Harriman. Nel secondo trimestre di quest’anno il Pil è finito in recessione per la prima volta da tre anni, riflette Thin, e la prospettiva di un aumento dei tassi da parte della Federal Reserve non è incoraggiante per i Paesi emergenti come il Messico. Ma ancora: con Trump presidente, probabilmente il rialzo dei tassi sarebbe più rapido. E decisamente meno indolore per Mexico City.

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