
LONDRA- L’economia britannica è cresciuta dello 0,5% nel terzo trimestre, il primo quarter che “soffre” gli effetti della volontà popolare favorevole alla Brexit espressa con il voto del 23 giugno. La “sofferenza” è assolutamente relativa perché il dato diffuso dall’Ons, l’Istat britannica, è più alto del consenso degli analisti consultati da Reuters, fermi a quota 0,3% e va oltre quello dei più ottimisti che si erano spinti fino allo 0,4%, rivelandosi più del doppio delle attese della Banca d’Inghilterra che aveva ipotizzato una crescita dello 0,2 per cento.
Variazione % del Pil britannico sul trimestre precedente (Fonte: Ufficio nazionale di statistica)
Rispetto al secondo trimestre che aveva fatto registrare una progressione dello 0,7%, il Pil ha tuttavia rallentato, mantenendosi comunque su un ritmo che resta sorprendente.
L’ipotesi di nuovo allentamento monetario da parte della Banca d’Inghilterra, immaginata da molti economisti se il dato fosse stato particolarmente preoccupante, a questo punto è destinata all’archivio. In attesa di capire se l’istituto centrale deciderà di variare la sua strategia monetaria e in che modo, gli economisti concordano che l’ottimo passaggio estivo del Pil non significa affatto che il rischio economico della Brexit sia scampato. Tutto deve ancora accadere e per Capital economics l’economia del Regno nel trimestre esaminato ha probabilmente goduto di “un passaggio morbido” innescato dalle complesse dinamiche dell’immediato scenario post-referendum.
A sorprendere è stata soprattutto la crescita dei servizi passati dallo 0,6 del secondo trimestre allo 0,8 del terzo, mentre la produzione industriale ( meno 0,4 ) e le costruzioni (meno 1,4) sono apparse in linea con le attese. Il dato dell’Ufficio nazionale di statistica è provvisorio e secondo gli analisti di Pantheon macro sarà corretto al ribasso nella valutazione finale. È possibile, ma resta un dato capace di esercitare una forte pressione sul quadro politico. I brexiters più duri lo leggeranno come l’intrinseca forza dell’economia nazionale, elemento utile per spingere ancor di più sul fronte di un’uscita dall’Ue radicale, senza troppi riguardi, cioè, verso il mercato interno.
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