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Facebook «istiga all’odio», indagine in Germania. E si…

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i due fronti del social

Facebook «istiga all’odio», indagine in Germania. E si apre il caso del video di Tiziana Cantone

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Scrivendo il codice di Facebook, il social network più popolare al mondo che lo ha reso ricco e famoso, probabilmente Mark Zuckerberg non ha mai pensato che un giorno gli sarebbe costato un’indagine per istigazione all'odio. E invece è successo. Il Ceo e il quadro dirigenziale del social con sede a Menlo Park sono indagati in Germania. Per i magistrati tedeschi Zuck e i suoi sono colpevoli di non aver rimosso contenuti criminali come minacce e negazioni del genocidio ebraico.

La notizia l’ha battuta il settimanale Der Spiegel, che ha anche fornito i dettagli dell’inchiesta. L’indagine è nelle mani della procura di Monaco di Baviera, e vede coinvolti – oltre a Zuckerberg – anche la direttrice operativa della rete sociale americana, Sheryl Sandberg, e il “capo-lobbysta” per l’Europa, Richard Allan.

La miccia è stata accesa dalla denuncia di un avvocato di Wuerzburg, di nome Chan-jo Jun, che accusa Facebook di aver omesso di rimuovere contenuti contenenti «istigazioni all’omicidio, minacce di violenza, negazioni dell’olocausto e altri crimini» nonostante fossero stati debitamente segnalati. E c’è da aggiungere che a inizio 2016 una denuncia molto simile era pervenuta alla Procura di Amburgo ed era rimasta senza conseguenze per carente competenza territoriale e indagini contro manager tedeschi erano state archiviate.

La reazione di Facebook
Una pagina buia per il social network che da poco aveva annunciato nuovi risultati straordinari in fatto di numeri di utenti e connessioni. La reazione all’indagine tedesca è scritta in un comunicato di poche righe: «Non commentiamo lo stato di una possibile inchiesta, ma possiamo dire che le accuse sono prive di valore e che non vi è stata alcuna violazione della legge tedesca da parte di Facebook o dei suoi dipendenti. Non c’è posto per l’odio su Facebook. Lavoriamo a stretto contatto con i nostri partner per combattere l’hate speech e promuovere il counter speech».

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Ma FB rischia anche in Italia
Intanto anche in Italia, sempre in queste ore, Facebook sta correndo il rischio di una concreta indagine sul caso di Tiziana, la 31enne suicida dopo la diffusione di un video privato che la riguardavano. Il Tribunale civile di Napoli Nord, con un’ordinanza, ha parzialmente rigettato il reclamo di Facebook Ireland, dando invece ragione alla madre di Tiziana: «Facebook doveva togliere i video della ragazza». Una storia giudiziaria soltanto all’inizio. Un portavoce del social network ha così commentato la notizia: «Siamo profondamente addolorati per la tragica morte della signora Cantone e confermiamo il nostro impegno a lavorare con le autorità locali, gli esperti e le ONG per evitare che un caso simile accada di nuovo. Non tolleriamo contenuti che mostrino nudità o prendano volutamente di mira le persone al fine di denigrarle o metterle in imbarazzo. Contenuti come questi vengono rimossi dalla nostra piattaforma non appena ne veniamo a conoscenza. Accogliamo questa decisione perché chiarisce che gli hosting providers non sono tenuti al monitoraggio proattivo dei contenuti.

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