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Obama riceve Trump: «Lavoreremo assieme»

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L’INCONTRO alla casa bianca

Obama riceve Trump: «Lavoreremo assieme»

Non credo che finiremo di usare presto il termine “storico” in questo periodo post elettorale. E dunque storico è stato l’incontro di ieri alla Casa Bianca fra Barack Obama e Donald Trump, due personaggi agli antipodi dello spettro politico, sociale e demografico del Paese, due avversari dichiarati che si sono dati una stretta di mano ripromettendosi di lavorare insieme. E la loro foto nello Studio Ovale, il video, civilissimo in cui si vedono chiaccherare amabilmente è importante per la necessità di sanare le fratture in America, ma anche per rassicurare il mondo: la transizione procede nel migliore dei modi.

«Non avevo mai incontrato il presidente Obama, è un’ottima persona (he is a very good man) – ha detto Trump - questo era un incontro che doveva durare solo 10-15 minuti, dovevamo solo conoscerci. Ho grande rispetto, l’incontro è durato un’ora e mezzo e per quel che mi riguarda poteva essere anche molto più lungo». «Sono molto incoraggiato», ha detto Obama che sembrava molto serio fino a quando, alla fine dell’incontro,ha scherzato con Trump sui fotografi e i giornalisti. È quello è stato il suo primo sorriso: «Ti do un’altra idea, non prendere mai la prima domanda se no è finita…».

Ma al di là della serietà del viso di Obama è la sostanza delle loro dichiarazioni a contare: «Ho avuto una conversazione eccellente a tutto campo – ha continuato Obama -. Abbiamo parlato di questioni organizzative che riguardano la Casa Bianca, di questioni di politica interna e di politica estera. La mia priorità è facilitare una transizione che assicuri al presidente eletto il successo e sono molto incoraggiato dall’interesse che ha espresso a lavorare con la mia squadra, credo sia importante per tutti, al di là dei partiti e delle preferenze politiche lavorare insieme alle molte sfide davanti a noi, con cui questo grande Paese si confronta».

L’apertura c’è stata. Dovrebbe aiutare un Paese spaccato che ha visto molte dimostrazioni, marce e proteste notturne di giovani che non riconoscono Trump come presidente. E la seconda dichiarazione pubblica di Trump, questa volta al fianco di Obama, conferma dunque almeno a parole il suo posizionamento nel passaggio da candidato a presidente. Il suo obiettivo per ora è quello di restare alla guida di un “movimento” che dovrà rappresentare gli interessi di quanti più americani possibile. Le sue parole sono state di riconciliazione.

Non che l’incontro fosse facile. I due sono stati insieme più volte nella stessa stanza ma non si sono davvero mai incontrati. Ieri erano da soli, senza neppure un consigliere. E si è creata quella irripetibile atmosfera da “club” molto speciale che è la Casa Bianca, con pochissimi membri esclusivi: i presidenti e gli ex presidenti. George W. Bush fece lo stesso con Obama, i due non si amavano prima delle elezioni poi sono diventati amici. Mentre Obama e Trump chiaccheravano di questi organizzative, di come funziona la Casa Bianca, dei rapporti con il Congresso delle sfide politiche dei momenti di solitudine del presidente, Michelle intratteneva Melania. Sappiamo che Melania la ammira molto.

Trump ha anche detto che vorrà incontrare Obama di nuovo, quante più volte possibile per continuare «ad avere il suo consiglio». In realtà, secondo quanto è scritto dal Transition Team di Trump sul proprio sito, il presidente eletto è pronto a smantellare la Dodd-Frank, la legge di riforma di Wall Street approvata nel 2010 e uno dei successi di Obama: «L’economia della Dodd-Frank non funziona per i lavoratori. I tappeti rossi della burocrazia e le imposizioni di Washington non sono la risposta. La Dodd Frank sarà sostituita con politiche che incoraggiano la crescita economica e la creazione di lavoro».

Il paradosso è che sembra che sia andato meglio l’incontro con Obama che quello con la leadership del Congresso. Trump si è visto con Paul Ryan, il presidente della Camera e con Mitch McConnell, il capo della maggioranza al Senato. Trump non dimenticherà facilmente che i due lo hanno abbandonato durante la corsa elettorale, giudicando il suo passato personale e la sua condotta politica inaccettabili e dannose per il partito e per l’obiettivo di “tenere” il Senato.

In realtà Trump ha dimostrato di essere stato in grado di fare quello che il partito giudicava impossibile, conquistare una quota crescente del voto bianco. Questo conferma che Trump avrà un rapporto dialettico con i compagni di partito. Non solo visto che il capo della transizione è Chris Christie, governatore centrista del New Jersey, si apetta nomine “intelligenti”. Per ora ci sono solo indiscrezioni, le ultime anticipavano che Jamie Dimon di JP Morgan potesse andare al Tesoro. Ma è anche emerso il nome di Sarah Palin, reginetta del movimento Tea Party. E la domanda è questa: riuscirà Trump a creare un suo governo autonomo e una sua coalizione bipartisan in grado di raggiungere dei compromessi e di governare anche con l’opposizione? Se ci riuscirà saremo di nuovo costretti ad usare per quel momento il termine più inflazionato degli ultimi giorni, “storico”.

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