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dopo la rinuncia di hollande

Francia, il premier Valls si dimette e si candida all’Eliseo. Cazeneuve primo ministro

Mercoledì scorso, Manuel Valls aveva detto ai “suoi” ministri che sarebbe stata l’ultima riunione da premier. E ha mantenuto la parola. Ieri ha annunciato, com’era peraltro scontato dopo il passo indietro di François Hollande, che sarà candidato alla presidenza della Repubblica (in realtà alle primarie del partito socialista che a fine gennaio decideranno chi sarà il loro portabandiera nella corsa all’Eliseo di fine aprile/inizio maggio) e che questa mattina si dimetterà – per “senso dello Stato” - da capo del Governo. Bernard Cazeneuve, ministro dell’Interno francese, è il nuovo capo del Governo fino alle elezioni presidenziali del 27 aprile.

Valls ha fatto il suo annuncio dal municipio di Evry, dalla sala dove si è sposato in seconde nozze con la violinista Anne Gravoin, che ieri lo accompagnava, mano nella mano. Perché di Evry – città di 53mila abitanti a Sud di Parigi, città popolare a forte tasso di immigrazione - Valls è stato sindaco per undici anni. Perché Evry è in qualche modo il laboratorio del “vallsismo”: numero dei vigili triplicato, installazione generalizzata della videosorveglianza, divieto di installazione di un supermercato halal, investimenti sulle scuole e sulla riqualificazione dei quartieri più popolari. E nel 2005 è stato l’unico sindaco di sinistra a non opporsi allo stato di emergenza deciso da Sarkozy, durante la rivolta delle periferie.
Un intervento di una ventina di minuti in cui Valls ha fornito un assaggio dei temi della sua campagna elettorale («Una Francia indipendente e inflessibile nella difesa dei suoi valori di fronte a Cina, Russia, Stati Uniti e Turchia», «Un modello sociale da modernizzare ma da difendere», «Uno Stato protettore») e ha insistito molto sul tema dell'unità della sinistra, fin dallo slogan che ha scelto: «Far vincere tutto quello che ci unisce».

«La mia – ha detto l’ormai ex premier nato 54 anni fa a Barcellona e naturalizzato francese solo nel 1982 – è una candidatura di riconciliazione, perché per superare le divisioni, e quindi evitare che la Francia viva nuovamente il trauma del 2002, quando al ballottaggio delle presidenziali andarono destra ed estrema destra, dobbiamo fare tutti qualcosa».
Già, perché questo è il primo obiettivo, quello più urgente da centrare. Valls è un socialdemocratico, un riformista, per di più con un carattere autoritario e spigoloso. Sarà difficile riuscire a compattare sul suo nome un partito (e un elettorato) socialista profondamente diviso, dove qualcuno a suo tempo lo ha persino definito “un Sarkozy di sinistra”. Martine Aubry, l’ex ministro delle 35 ore, ha già detto che non è sicura di sostenerlo.

Certo lui non ha fatto molto per accattivarsi le simpatie dei frondisti, della sinistra del partito. In questi anni (fin dalle primarie del 2011, dove finì ultimo con un misero 5,6%) ha parlato di «due sinistre incompatibili», ha dichiarato davanti al parterre del Medef (la Confindustria francese) «io amo l’impresa», ha criticato le 35 ore e la patrimoniale, ha governato da decisionista, ricorrendo senza patemi d’animo alla fiducia, ha sostenuto e ribadito che «il velo islamico è segno di religiosità settaria e totalitaria».

Dalla sua ha il vantaggio di avere l’immagine di un politico serio e coerente, di non appartenere all’élite del Paese (nessuna “grande scuola” ma una laurea in storia alla Sorbona), di essere un po’ meno impopolare di Hollande. Anche se, in caso di vittoria alle primarie, avrà soltanto cinque mesi di tempo per riuscire in quello che François Fillon (il candidato della destra, ex premier di Sarkozy) ha fatto in cinque anni. E cioè affrancarsi dal peso del quinquennato di Hollande (il cui bilancio si è peraltro impegnato a difendere).

Da ieri è l’ottavo candidato alle primarie. E a gennaio dovrà vedersela soprattutto con l’ex ministro dell’Economia Arnaud Montebourg, esponente della sinistra del partito che si è dimesso proprio in polemica con la linea “di destra” di Valls (che da premier ha gestito la svolta liberista del 2014).
E poi, se supererà questo primo ostacolo e si getterà nella vera campagna presidenziale, dovrà trovare i voti necessari per puntare a un secondo turno che oggi ha del miracoloso, andandoli a strappare da una parte a Jean-Luc Mélanchon, il candidato della sinistra radicale, e dall’altra all'ex ministro Emmanuel Macron, l’outsider moderato e centrista. Missione impossibile, dicono in molti (quasi tutti). Ma Valls è uno che ama le sfide.

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