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Titoli di Stato: si vende il lungo, si compra il breve

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la bce e i mercati

Titoli di Stato: si vende il lungo, si compra il breve

L’Eurotower (Ansa)
L’Eurotower (Ansa)

Vendere i titoli di Stato, anzi comprarli. La reazione dei mercati alle decisioni prese oggi dalla Banca centrale europea (Bce) e alla successiva conferenza stampa del presidente Mario Draghi è stata tutt’altro che lineare. Gli investitori hanno infatti venduto la parte lunga della curva (cioè le obbligazioni con durata maggiore) per acquistare quella a breve (ovvero i titoli con scadenza più vicina).

Per questo il rendimento del decennale italiano, tanto per fare un esempio, si è impennato e ha superato il 2%, mentre i tassi dei BTp con durata residua di due e tre anni stanno scendendo rispettivamente di 5 e 3 punti base.

Non c’è però da stupirsi di simili distinzioni, proprio perché le novità messe in campo oggi dall’Eurotower sono state molteplici e in grado di provocare differenti prese di posizione a seconda della diversa scadenza dei bond.

Togliendo il limite del tasso sui depositi (-0,40%) ai titoli di Stato riacquistabili all’interno del suo piano, la Bce ha di fatto provocato una corsa ai titoli con scadenza breve, in primo luogo verso quelli tedeschi (i cui tassi a due e tre anni viaggiano adesso a -0,75%), e di riflesso anche su quelli del resto d’Europa. Lo stesso risultato si ottiene anche per effetto dell’allargamento del programma di riacquisti anche alle obbligazioni con scadenza inferiore ai 2 anni.

In modo invece del tutto opposto, la decisione di allungare il piano almeno fino al termine del 2017 e al tempo stesso di ridurre l’ammontare mensile dei riacquisti mensili da 80 a 60 miliardi di euro a partire da aprile contirbuisce a mettere gli investitori in guardia sulle lunghe scadenze. Questo perché, nonostante lo stesso Draghi lo abbia più volte precisato in conferenza stampa che una mossa simile non rappresenti un tapering (la riduzione dello stimolo monetario), il mercato finisce al momento per interpretarlo come tale.

Il risultato immediato è quindi una curva dei tassi più ripida, fenomeno che non vale appunto soltanto per l’Italia, ma per tutta l’Europa. Lo dimostra il fatto che la differenza fra i titoli a 2 e 10 anni della Germania in termini di rendimenti è cresciuta oltre i 110 punti base e viaggia ai massimi da circa due anni e mezzo.

L’irripidimento è per la verità iniziato già da qualche mese, sia a causa della parziale ripresa dell’inflazione, sia indirettamente per effetto della svolta impressa alla politica monetaria dalla mossa con cui la Banca del Giappone intende controllare il tasso del titolo decennale nipponico. Preso nel complesso, un fenomeno simile tende a favorire le banche, che così possono prendere a prestito denaro a costo ancora inferiore per impiegarlo poi con rendimenti migliori, ed è anche per questo che in Borsa oggi si assiste a una ripresa dei titoli del settore finanziario in tutta Europa.

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