Alla continua ricerca di nemici, insistendo nella propria deriva autoritaria, l’Ungheria di Viktor Orban ha deciso di mettere al bando le organizzazioni non governative che si occupano di diritti civili, accusando direttamente il finanziere George Soros di essere al servizio dei poteri forti globali e di tramare contro il governo. «Useremo tutti i mezzi necessari per spazzare via» le organizzazioni sostenute da Soros nel Paese, ha detto pochi giorni fa, Szilard Nemeth, numero due di Orban nel Fidesz, il partito che governa l’Ungheria dal 2010.
E non si è trattato di un’incomprensione o di una dichiarazione estemporanea, perché lo stesso Nemeth, ha confermato tutto in un’intervista televisiva riferendosi in modo specifico a tre organizzazioni: Hungarian civil liberties, Transparency international e Hungarian Helsinki commitee. «Sento che è il momento buono per fare pulizia», ha ribadito Nemeth per il quale l’elezioni di Donald Trump negli Stati Uniti è un’opportunità da cogliere per cambiare molte cose.
E Orban sembra non voler perdere l’occasione di realizzare in Ungheria quello che lui stesso ha definito uno «uno Stato illiberale» disegnato, in opposizione alle democrazie liberali occidentali, sui modelli della Russia di Vladimir Putin, della Turchia e ora prendendo ad esempio anche gli Usa di Trump. Senza considerare che l’Ungheria è tutt’ora membro dell’Unione europea e della Nato.
Più caute ma non meno preoccupanti le parole di Janos Lazar, ministro che ha la responsabilità dell’ufficio del premier. «Non vogliamo spazzare via nessuno ma è evidente che dobbiamo avere maggiori informazioni sui bilanci e sui finanziamenti di queste organizzazioni», ha detto Lazar. «Soros è un cittadino americano che ha deciso di opporsi a Viktor Orban nella politica ungherese e per questo - ha spiegato ancora Lazar - pensiamo che ogni cittadino ungherese abbia il diritto di sapere attraverso quali organizzazioni agisce».
George Soros, nato a Budapest nel 1930, è emigrato a Londra nel 1947 dove ha studiato alla London School of Economics (è stato anche allievo di Karl Popper) per poi prendere la cittadinanza americana. Finanziere, attivista politico, filantropo, è uno degli uomini più ricchi del mondo e con la sua Open Society Foundations ha speso, negli ultimi trent’anni, più di 1,6 miliardi di dollari per sostenere la democrazia e lo sviluppo nell’Europa dell’Est. In Ungheria sostiene oltre sessanta organizzazioni non governative che promuovono l’informazione indipendente, «si battono contro la corruzione e contrastano le discriminazioni». Finanzia la Central European University di Budapest e mette a disposizione numerose borse di studio per i giovani ungheresi che vogliono studiare all’estero. Lo stesso Orban nel 1989, quando era uno dei leader studenteschi contro la Russia comunista, ricevette una borsa dell’Open Society Foundations per studiare alla Oxford University.
Orban, forte di una maggioranza schiacciante nel Paese e in Parlamento, ha riscritto la Costituzione accentrando i poteri sul governo, ha attaccato i media non allineati e la Corte Costituzionale, ha ingaggiato sui migranti una battaglia con l’Unione europea mettendone in discussione i principi fondanti.
Già in passato aveva accusato molti gruppi della società civile di essere «solo una copertura» dei poteri forti internazionali. E ora sembra volere indebolire le opposizioni già divise e quasi ininfluenti mettendo a tacere le voci più critiche come quella di Soros e delle organizzazioni da lui appoggiate. Per l’Ungheria la strada è stata tracciata dalla Russia di Putin che già nel 2015 ha messo osservazione le organizzazioni non gradite al suo regime. Oltre che da Trump per il quale Soros «è a capo di una struttura di potere che ha derubato le classi dei lavoratori».
“Continueremo a darci da fare per realizzare una società giusta e responsabile”
Christopher Stone, presidente della Open Society Foundation
Nonostante la dichiarata ostilità del governo di Budapest, l’Open Society Foundations ha fatto sapere che proseguirà la sua attività in Ungheria. «Continueremo a darci da fare per realizzare una società più giusta e responsabile», ha spiegato Christopher Stone, presidente della Open Society Foundation. «In Ungheria e in tutto il mondo - ha aggiunto Stone - siamo più concentrati che mai nel lavorare con gruppi locali per rafforzare i processi democratici, i diritti e la giustizia».
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