NEW YORK - Dice di essersi costruita su una montagna di dati e di inedite tecnologie di analisi. Ma un'inchiesta del New York Times ha mostrato che la sua fama svetta piuttosto su un'altra montagna, quella delle esagerazioni se non delle «verità alternative». Di proclami gonfiati sfruttando ad arte la vittoria elettorale di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca e i redditizi legami intessuti con la destra radicale americana. Cambridge Analytica ha ammesso a mezza bocca di non aver affatto utilizzato la propria “salsa segreta” per facilitare il successo di Trump, quella salsa che a suo dire le consentirebbe di prevedere l'atteggiamento politico profondo di ogni singolo americano adulto grazie a sofisticatissimi “profili psicografici”.
Un passo ulteriore, cioè, nelle arti più occulte della propaganda rispetto al già controverso microtargeting, scienza oggi sempre piu' corteggiata da tutte le fedi politiche e che apre nuove porte alle campagne elettorali quanto alle potenziali manipolazioni dell'opinione pubblica grazie all'uso - o abuso - di big data e dubbie protezioni della privacy.
Alexander Nix, guru e grande imbonitore della societa' nata solo quattro anni or sono, è passato alla storia per aver vantato che uno dei due candidati alle presidenziali americane - il vincitore Trump - ha messo nel motore della sua campagna la tecnologi targata Cambridge. Peccato che non sia proprio cosi', svela il Times. Una dozzina tra strateghi e consulenti repubblicani, come di attuali ed ex dipendenti della società, hanno lasciato trapelare al quotidiano che la capacità di Cambridge di sfruttare simili profili individuali, definiti da Nix appunto come “salsa segreta”, e' millantato credito.
Non solo: i famosi profili psicografici non sono mai stati neppure messa alla prova nella campagna di Trump. Ancora: la validita' della tecnologia, in bella evidenza nel materiale di marketing del gruppo, resta tutta da dimostrare. La campagna del candidato repubblicano alle primarie Ted Cruz aveva impiegato e scaricato Cambridge dopo un clamoroso fallimento dei suoi sondaggi in Oklahoma. Nelle intere elezioni del 2016, dopo aver contato 50 clienti, la societa' li ha poi ridimensionati a dodici. E Nix stesso non e' riuscito a citare al Times neppure un esempio concreto dove le sua esclusiva formula abbia davvero funzionato.
La questione della credibilità e del ruolo di Cambridge è tornata rilevante perché la società sta cercando di conquistare anche il mondo (politico) europeo. Aveva già sostenuto di aver messo mano nell'esito di Brexit, per poi negarlo però al cospetto di inchieste scattate in Gran Bretagna su sue eventuali violazioni delle norme sulla privacy. Adesso ha esteso apertamente le mire su entrambe le sponde dell'Atlantico offrendo i propri servizi a grandi aziende come MasterCard, a colossi sportivi quali i New York Yankees, agli stati maggiori delle forze armate statunitensi e a formazioni nazionaliste e populiste in vista delle elezioni in arrivo nel Vecchio Continente.
L'unica certezza, accanto all'acceso dibattito sull'efficacia e legittimità dei suoi servizi, sono i dubbi legami ideologici e finanziari del gruppo. Cambridge è di fatto controllata dal finanziere miliardario Rober Mercer, grande sostenitore della prima ora di Trump e del sito della destra americana estremista Breitbart News. L'ex direttore di Breitbart, Steve Bannon ora consigliere del Presidente Trump, fino allo scorsa estate era nel board di Cambridge come vice-presidente. Cambrige Analytica era in realtà nata nel 2013 come costola statunitense della britannica SCL, con la quale ancora condivide uffici, top executives e numerosi dei 200 dipendenti complessivi.
L'obiettivo era sfruttare le assai più labili protezioni della privacy statunitensi per dare libero sfogo ai suoi servizi. Poi come grande investitore e guru si fece avanti Mercer, che ha un passato da computer scientist accanto a un presente da co-fondatore del grande fondo Renaissance Technologies e a un debole per le correnti ultra-conservatrici.
Cambridge per dar vita al suo sistema di profili orchestra dettagliati sondaggi psicologici online e per telefono di decine di migliaia di persone, distinguendole in seguito sulla base di cinque caratteristiche prese in prestito dai ricercatori comportamentalisti. Da qui la società rivendica un modello che estrapola e proietta i risultati su milioni di altre persone, catalogandole in 32 categorie. Mischiando ciò con dati commerciali e di storia delle urne porterebbe alla luce «tendenze nascoste nel voto e elementi comportamentali scatenanti» da utilizzare per campagne ultra-mirate. Da usare o piuttosto, accusano gli scettici e le associazioni di difesa della privacy e dei diritti civili, da manipolare.
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