PARIGI - François Fillon ha superato ieri sera un'altra soglia nell'elaborazione della teoria del complotto che sarebbe stato orchestrato nei suoi confronti. L'ultima carta – quella della crisi istituzionale, di fine regime - che può provare a giocare per cercare di accreditarsi come vittima agli occhi del proprio potenziale elettorato e sperare di risalire nei sondaggi, che lo vedono sempre in terza posizione (dietro a Marine Le Pen ed Emmanuel Macron) e sempre più distaccato. Con la prospettiva quindi di non far approdare la destra al ballottaggio alle prossime presidenziali, cosa mai accaduta.
Durante un'intervista televisiva, il candidato dei Républicains – sotto inchiesta per appropriazione indebita di fondi pubblici, truffa aggravata e falso – ha accusato esplicitamente il capo dello Stato, il socialista François Hollande, di essere all'origine delle rivelazioni che hanno portato alla sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura nazionale finanziaria. E delle fughe di notizie alla stampa.
Fillon prende spunto dalle anticipazioni di un libro in uscita in questi giorni – sui “segreti” del ministero dell'Interno, scritto da due giornalisti del settimanale “Le Canard enchainé”, lo stesso che a fine febbraio ha portato alla luce la vicenda dei presunti lavori fittizi alla Camera della signora Fillon e di due figli – per andare all'attacco dell'Eliseo.
“Questa sera, chiedo solennemente che venga aperta un'inchiesta sulle rivelazioni del libro, perché siamo in presenza di uno scandalo di Stato”
«Il libro – ha detto l'ex premier – racconta come Hollande si faccia trasmettere tutte le intercettazioni che lo possono in qualche modo interessare. Un comportamento di totale illegalità. Eravamo alla ricerca di un gabinetto nero, lo abbiamo trovato. E io, questa sera, chiedo solennemente che venga aperta un'inchiesta sulle rivelazioni del libro, perché siamo in presenza di uno scandalo di Stato. Ci sono dei giornali che ricevono dei documenti 48 ore dopo che sono stati requisiti, per esempio nel mio ufficio all'Assemblée nationale. Chi fornisce ai giornali quei documenti? Dei servizi dello Stato. E pensate che questi servizi lo facciano senza essere coperti dalla loro gerarchia? Se quello che c'è scritto nel libro è vero, nella storia recente della Quinta Repubblica un capo dello Stato non si era mai spinto così lontano nell'illegalità».
Immediata, e durissima, la reazione di Hollande: «Il presidente della Repubblica – si legge in un comunicato dell'Eliseo – condanna con la più grande fermezza le dichiarazioni menzognere di François Fillon. Dal 2012 la Presidenza e il Governo non sono mai intervenuti in alcuna procedura giudiziaria e hanno sempre rispettato rigorsamente l'indipendenza della magistratura. Delle vicende che riguardano il signor Fillon, particolarmente gravi perché hanno a che fare con l'integrità e l'esemplarità, il presidente è stato informato dalla stampa. Lo scandalo non riguarda quindi lo Stato, ma soltanto una persona che ne dovrà rispondere davanti alla Giustizia. Le parole di Fillon, che si aggiungono alle rivelazioni delle scorse settimane, non hanno alcun fondamento e causano un turbamento insopportabile alla campagna elettorale, che richiede invece dignità, serenità e responsabilità».
Peraltro lo stesso Hassoux, uno degli autori del libro, è intervenuto per spiegare che nel volume – dove si legge che «Hollande ha saputo trarre profitto dal sistema di orchestrazione dei casi giudiziari» - non ci sono i riferimenti (e tantomeno le prove) fatti da Fillon all'esistenza di un “gabinetto nero” all'Eliseo. Il cui compito, stando all'ex premier, sarebbe stato quello di agire in modo da eliminare dalla competizione elettorale il candidato della destra. Tanto più che il libro è stato consegnato all'editore prima che emergesse “l'affaire Fillon”.
Ovviamente i suoi avversari hanno colto la palla al balzo, sostenendo che si tratta degli ultimi, disperati tentativi di sopravvivere politicamente.
Ha creato sconcerto anche il parallelo che Fillon ha fatto tra la sua situazione e quella che nel 1993 spinse al suicidio Pierre Bérégovoy, ex premier di François Mitterrand.
Nella stessa trasmissione, Fillon ha riconosciuto di aver sbagliato ad accettare degli abiti – molto costosi – in regalo. E ha spiegato di averli restituiti. Così come già si era scusato per aver stipendiato la moglie Penelope in qualità di sua assistente parlamentare. Lavoro, forse fittizio, per il quale la signora ha incassato oltre 830mila euro. Che, contrariamente ai vestiti, non sono stati restituiti.
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