Stando ai sondaggi realizzati a caldo tra gli spettatori, sono il leader della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon e l'ex ministro dell'Economia Emmanuel Macron i vincitori del secondo dibattito televisivo tra i candidati alle presidenziali francesi del 23 aprile. Un dibattito al quale, per la prima volta, hanno partecipato tutti e undici i candidati (al primo erano presenti solo i cinque più “quotati”). Il che ha reso il confronto piuttosto frammentato e confuso, ma anche meno paludato e istituzionale.
Macron, che nelle rilevazioni sulle intenzioni di voto ha ormai ingaggiato un testa a testa con la presidente del Front National Marine Le Pen, era ovviamente nel mirino di tutti gli avversari. Che gli hanno contestato via via il fatto di essere stato il consigliere economico di François Hollande e il ministro dell'Economia del Governo Valls, di aver alternato ruoli di primo piano appunto nel pubblico e nel privato (è stato banchiere d'affari presso Rotschild), di essere influenzato dalle potenti lobby industriali e finanziarie (e quindi di non poter garantire una certa “impermeabilità” rispetto alle pressioni dei centri del potere economico), di avere una posizione politica poco chiara con l'obiettivo di conquistare consensi a destra e a sinistra.
Lui si è difeso con una certa efficacia. Ed è sembrato convincente al 21% dei telespettatori. Che al 23% ritengono valido il suo progetto e al 27% che abbia lo “standing” presidenziale.
Il candidato della destra François Fillon, attaccato (ma neppure troppo) per le inchieste che lo riguardano, tutto sommato se l'è cavata. Grazie all'immagine che continua a trasmettere di figura seria, affidabile, preparata (anche se in alcuni momenti è parso arrogante). E soprattutto perché sembra offrire la prospettiva di una maggioranza parlamentare di sostegno al presidente che Macron deve invece costruire da zero. Terzo nei sondaggi sulle intenzioni di voto (in leggero recupero), è stato ritenuto convincente dal 15% dei telespettori. Che al 18% approvano il suo progetto e al 20% pensano che abbia una statura presidenziale.
Meno incisiva del solito è parsa la Le Pen. Solo l'11% degli spettatori l'ha trovata convincente. E il 13% che abbia un'immagine che collima con quella di un ospite dell'Eliseo. La Le Pen che è stata duramente attaccata da Macron in uno dei rari momenti di vera tensione della lunga serata (quasi quattro ore): “L'uscita dall'Europa sarebbe un duro colpo al potere d'acquisto dei francesi e provocherebbe la distruzione di posti di lavoro. Quanto al nazionalismo è sinonimo di guerra. E in questi 40 anni abbiamo ascoltato troppe menzogne, da suo padre prima e da Lei oggi”.
Quanto a Mélenchon - grazie alle invidiabili doti di tribuno, all'ironia, al ritmo - ha nettamente vinto il duello a sinistra con il socialista Benoit Hamon. E non solo a sinistra: per il 25% degli spettatori è stato il più convincente e per il 26% quello “più vicino alla gente”.
Un'ultima segnalazione che ci riguarda da vicino: Fillon (oltre ad Hamon) ha detto di essere favorevole a una nazionalizzazione temporanea di Stx France, per “salvaguardare il patrimonio tecnologico” dei cantieri navali di Saint-Nazaire. Una presa di posizione palesemente ostile all'acquisizione da parte dell'italiana Fincantieri. Che ne avrebbe diritto in base alla decisione del Tribunale di Seul, con un'operazione che consentirebbe di costruire un campione europeo del settore. Cioè proprio quello che Parigi dichiara di volere. Evidentemente solo a parole.
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