Barack Obama lunedì sera ha spiegato qui a Milano l’America di Trump a un gruppo di imprenditori e politici italiani, con una promessa: il sistema dei check and balances tiene, i margini di manovra del presidente sono perciò limitati e mosse scomposte, come il tentativo di abolire la sua riforma sanitaria ( ancora in atto) avranno un effetto boomerang sulle elezioni di metà mandato. Possibile, ma Obama è stato più ambiguo sul fronte commerciale, e da una conversazione che abbiamo avuto con il suo capo negoziatore commerciale, l’ambasciatore Michael Froman, abbiamo capito perché. Froman, uno dei massimi esperti mondiali in materia di commercio internazionale, avendo negoziato per conto di Obama, fra le altre, cose il Tpp e il Ttip, ci ha dato un quadro realistico delle tattiche commerciali che saranno usate dall’amministrazione Trump, partendo da un avvertimento: il surplus commerciale che l’Italia vanta nei confronti degli Usa supera il livello di guardia.
Il nostro paese in sostanza è nel mirino: «L’Italia ha un grosso surplus commerciale: 28 miliardi di dollari e questo ovviamente sta diventando un problema con questa amministrazione che vuole capire dove sta perdendo e nel vostro caso si chiede: ci sono delle barriere commerciali contro il nostro export? Stanno facendo dumping nel nostro mercato? La risposta determinerà l’azione. Siamo ancora ai preliminari. Ma il problema c’è».
Froman ha elencato alcune tecniche inusuali già utilizzate dall’amministrazione Trump. Si è applicata ad esempio una oscura regola che autorizza azioni unilaterali se si registrano dei pericoli per la sicurezza nazionale ad esempio in materia di importazioni di acciaio. Ha confermato che la Vespa potrebbe essere penalizzata per le mancate contromisure dell’Unione Europea dopo la condanna della Wto per gli ostacoli imposti alle carni americane agli “ormoni”. Ha anticipato che il Nafta sarà quasi certamente rinegoziato ( «è vecchio, del resto avevamo già cominciato noi») e ha provocato sulla questione dei prodotti a denominazione geografica. Froman parlerà martedì in video al convegno organizzato a Milano al Mudec dal Centro Studi Confindustria con Prometeia “Esportare la Dolce Vita”, sul “Bello e Ben Fatto” in Italia, e dall’intervista emerge che ci saranno provocazioni: sul fronte commerciale l’America è molto più bipartisan di quanto si possa immaginare.
C’è dunque un rischio che anche il bello e ben fatto italiano cada nella rete della sicurezza nazionale? «Credo sia difficile - risponde Froman - l’acciaio serve a costruire carri armati, ma estendere la protezione della Sicurezza Nazionale a un paio di scarpe è difficile... c’è però un vasto consenso bipartisan sul fatto che il nostro sistema protegge migliaia di marchi commerciali dei produttori di formaggio o di carni europei. Impediamo agli americani di sfruttare questi marchi per vendere i loro prodotti. Il nostro sistema commerciale in sostanza funziona molto bene per gli italiani e gli altri produttori europei - dice provocatoriamente Froman - ma al contrario il sistema europeo di denominazione geografica non ci tutela per nulla. Spesso i produttori europei non capiscono i vantaggi». Parole di attacco, alle quali potrebbe rispondere il ministro Carlo Calenda, che parteciperà al convegno Confindustria. Froman chiude con un’apertura, con l’auspicio, soprattutto dopo la vittoria di Emmanuel Macron in Francia, che si possa rivitalizzare il Ttip: «Per noi è un trattato bilaterale: c’è un solo interlocutore seduto dall’altro lato del tavolo, ed è la Commissione europea. Mi auguro che l’amministrazione Trump decida di impegnarsi in queste trattative mentre l’Europa si confronta con Brexit, non sono due evoluzioni che si escludono a vicenda. Si possono perseguire entrambe, allo stesso tempo».
Un’altra osservazione di fondo: Trump usa parole grosse e minacce ma finora non è passato all’azione mentre per le misure allo studio per ritorsioni sui veti alle carni agli ormoni, l’iter, incluse le contromisure contro i ciclomotori era inziata con Obama. Il rischio? Quello di avere una serie di ritorsioni continue, gli uni nei confronti degli altri che possono minare alla base il commercio mondiale. Una stima valga per tutte: se l’amministrazione Trump procederà con azioni contro l’Italia ( e potrebbe adottarne molte ad esempio introducendo una tassa al confine per compensare il programma di riduzioni fiscali), i nostri esportatori solo nel settore “bello e ben fatto” potrebbero soffrire un calo di 1,4 miliardi di dollari in dieci anni. Un rischio per tutti che suggerisce una verità indiscutibile: meglio parlare e negoziare, meglio compromettere per evitare una guerra commerciale che paralizzerebbe l’economia mondiale.
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