Si scrive Qatar, ma si legge Italia. I legami economici tra Roma e Doha sono forti e numerosi. E siccome non solo il «Denaro non dorme mai», ma nel mondo globale non ha nemmeno passaporto, la chiusura delle frontiere non fermerà gli interessi tra i due paesi. In dieci anni, l’emiro Al Thani, un «Creso» dalle ricchezze apparentemente illimitate (il suo fondo sovrano ha 250 miliardi di dollari di potenza di fuoco), ha investito tanto: 6 miliardi di euro, il grosso in immobili. Allo stesso tempo, il nuovo Qatar lo stanno letteralmente costruendo gli italiani, da Salini Impregilo a Permasteelisa. E, nel giorno dell’isolamento internazionale, il Qatar cerca proprio una sponda su Roma e sulla Ue: il paese musulmano è pronto a investire sull’Italia e su nuove operazioni in Europa. La crisi politica, innescatasi nel giro di poche ore nel Medio Oriente, non sembra cambiare (almeno per ora) la strategia finanziaria del piccolo Paese del Golfo Persico (ma con il reddito pro-capite più alto al mondo). Sul tavolo del governo di Doha, riferiscono fonti vicine alla famiglia regnante, «sarebbero allo studio altre operazioni interessanti nel Belpaese, dopo quelle già effettuate con il Fondo Strategico Italiano di Cassa Depositi e Prestiti».
Del resto, la bufera in Medio Oriente arriva in una fase in cui i rapporti tra Italia e Qatar sono ai massimi storici. Tutti gli ultimi premier, da Mario Monti a Enrico Letta fino a Matteo Renzi e per ultimo Paolo Gentiloni, hanno infatti cercato di attrarre i «gasdollari» di Doha in Italia: ma fino ad oggi questa politica attrattiva ha dato risultati modesti. Nel nostro paese il Qatar ha investito 6 miliardi, che non sono poca cosa per un paese in stagnazione, ma all’estero il conto complessivo di Doha è di 80 miliardi (e solo per le società quotate, principalmente finanza e tlc). L’Italia è in coda alla lista dei paesi preferiti: al primo posto per investimenti ci sono infatti la Cina (30%), la Germania (21%), il Regno Unito (13%), la Francia (5%), la Svizzera e la Spagna (con il 2%), il Brasile (1%). A ben vedere il Qatar ha sempre avuto una strategia ondivaga sull’Italia: tanti i dossier esaminati, ma pochi quelli conclusi. Si racconta che lo stesso Mario Monti, in una visita in Qatar nel 2012, per sollecitare maggiori investimenti in Italia, si sentì dire dall’emiro del Qatar, come ama precisare lo stesso Monti, «non investiamo in Italia perché c’è corruzione».Con il Governo Renzi, però, c’era stata un’accelerazione: la presenza del Qatar in Italia comincia a farsi sentire di più. I contatti tra l’allora premier Renzi e al-Thani iniziano a Parigi nel novembre 2015, durante la Conferenza sul clima. Renzi conosce di nome Al-Thani anche per l’operazione realizzata nel 2013 nella «sua» Firenze: cioè l’acquisizione di Palazzo della Gherardesca, capolavoro dell’architettura rinascimentale circondato da un parco storico di 4,5 ettari, che dal 2008 ospita l’hotel Four Seasons. Il prezzo pagato a Corrado e Marcello Fratini, imprenditori fiorentini vicini a Renzi, si avvicina a 150 milioni di euro.
In ogni caso due mesi dopo l’incontro alla Conferenza sul Clima, nel gennaio 2016, c’è la visita ufficiale di Al-Thani a Roma a Palazzo Chigi. È lì che iniziano i primi contatti per un’alleanza finanziaria (che si concretizzerà nell’accordo con Fsi, il fondo della Cassa Depositi e Prestiti), che poi investirà in Inalca-Cremonini, produttore di carne; e per un possibile intervento di Doha in Monte dei Paschi, la banca di Siena alla disperata ricerca di capitale per evitare il default. Il dossier stava molto a cuore all’ex premier e a cercare di convincere i qatarini, oltre ai manager di Mps, c’era anche l’entourage di Matteo Renzi, con in prima fila Fabrizio Pagani, capo della segreteria tecnica del ministro dell’Economia e delle Finanze, grande conoscitore dei fondi sovrani dell’area.
Ma il Qatar non arriva mai a concretizzare: il dossier poi affonda in concomitanza della sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre e l’addio a Palazzo Chigi di Renzi, principale regista della trattativa. In ogni caso, al Qatar le banche italiane non piacciono, preferisce quelle dei paesi nordeuropei, da Deutsche Bank, a Barclays, al Credit Suisse. Nel Belpaese, invece, hanno una predilezione per il mattone e per la moda: il futuristico complesso di Porta Nuova, la «Manhattan d’Italia» che ha reso il profilo di Milano una piccola New York, è un investimento da 2 miliardi(più un altro miliardo di rifinanziamento del debito). E poi gli alberghi: oltre al Four Seasons, lo storico Gallia di Milano, costato 100 milioni (e anni) di ristrutturazione, e il Westin Excelsior di Roma (famoso per la suite, unica al mondo, con cinema privato). L’elenco degli immobili in mano al Qatar è lungo (include anche il Gritti Palace di Venezia) e passa attraverso la holding Katara, specializzata in alberghi. Anche un pezzo di Sardegna ha il passaporto qatarino: il fondo sovrano ha rilevato la Costa Smeralda per una somma stimata di 700 milioni (200 milioni di equity, più 50 di investimenti più i debiti). È propri sull’isola dove il Qatar ha dimostrato una visione strategica: alberghi di lusso e Meridiana, la compagnia aerea di Olbia. Così controlla tutta la filiera del turismo. Infine, sempre in zona ha speso 1,2 miliardi per terminare il Mater Olbia, il progetto ospedaliero del San Raffaele rimasto a metà. Questo, però, almeno a dar retta alle voci, sarebbe una sorta di «captatio benevolentiae» verso la gente del posto e farsi accogliere.
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