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Draghi: «prudenza» su modifiche al Qe, ottimista sulle riforme Ue

Il presidente della Bce, Mario Draghi (Reuters)
Il presidente della Bce, Mario Draghi (Reuters)

SINTRA. Dal nostro inviato
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, predica «prudenza» su eventuali modifiche allo stimolo monetario della Bce, anche a causa dell'incertezza globale «che resta elevata». In un discorso all'apertura dell'annuale forum della banca centrale a Sintra, in Portogallo, Draghi ha sostenuto che ogni aggiustamento alla politica monetaria deve essere «graduale», respingendo le sollecitazioni di alcuni membri del consiglio che chiedono una restrizione in tempi rapidi.

La politica monetaria dev'essere «persistente» in quanto l'area dell'euro è tuttora in una situazione in cui c'è capacità produttiva inutilizzata e un lungo periodo di inflazione al di sotto delle attese si traduce in un rientro più lento verso l'obiettivo di avvicinarsi al 2%. Nel mese di maggio, l'inflazione era all'1,4%. Le stime preliminari di giugno saranno pubblicate venerdì prossimo. La dinamica dell'inflazione, ha detto il presidente della Bce, «non è ancora durevole e non si sostiene da sola». Sono due delle condizioni che Draghi aveva indicato nei mesi scorsi per avviare la riduzione dello stimolo monetario.

Anche i prossimi cambiamenti nei parametri delle misure avranno l'obiettivo non una restrizione, come invocano i “falchi” del consiglio, ma di mantenere invariato il grado di stimolo, per accompagnare la ripresa. La discussione sulla progressiva riduzione degli acquisti di titoli, il tapering, che dovrebbe iniziare nel 2018, rispetto agli attuali ritmi mensili di 60 miliardi di euro, entrerà nel vivo alla prossima riunione del consiglio a fine luglio. E' possibile che venga dato mandato ai comitati tecnici, composti dalla Bce e dalle banche centrali nazionali, di studiare le diverse opzioni. E' anche possibile che un annuncio sul futuro della politica monetaria arrivi a settembre o anche più tardi, a giudicare dalle parole di Draghi.

Al tempo stesso, il banchiere centrale italiano si è detto fiducioso che le misure della Bce stiano avendo effetto: hanno eliminato la minaccia dell'inflazione e spinto la domanda aggregata. L'eurozona, ha ricordato Draghi, sta crescendo da sedici trimestri consecutivi e la ripresa si sta ampliando, le differenze fra i diversi Paesi sono ai minimi. Dall'inizio della ripresa sono stati creati 6,4 milioni di posti di lavoro. Dal gennaio 2015, quando la Bce ha annunciato l'inizio degli acquisti di titoli, il Qe, il prodotto interno lordo è cresciuto del 3,6%. Secondo le stime della stessa Bce, le sue azioni hanno fatto salire l'inflazione di un 1,7%.

I passi avanti della ripresa non si sono per ora tramutati in una risalita più rapida dell'inflazione, secondo Draghi, per tre motivi: l'impatto del crollo dei prezzi delle materie prime, soprattutto del petrolio; la possibilità che una definizione di disoccupazione che comprenda, oltre a quella ufficiale, anche i sotto-occupati e i lavori part-time che vorrebbero lavorare di più, tocchi il 18% della forza lavoro e quindi contribuisca a comprimere i salari; l'impatto di altri fattori globali. Tutti questi elementi dovrebbero essere temporanei, ma contribuiscono a far sì che gli effetti della politica monetaria richiedano più tempo per dispiegarsi.

Draghi si è detto d'altra parte ottimista sul «chiarimento del quadro politico nell'area dell'euro». I venti contrari derivanti dalla politica sono diventati venti favorevoli, ha sostenuto. «Per anni – ha affermato – l'eurozona ha vissuto sotto una nuvola di incertezza se le riforme necessarie sarebbero state messe in atto a livello nazionale e dell'Unione europea. Questo ha fatto da freno alla fiducia e agli investimenti, il che equivale a una restrizione implicita delle condizioni economiche. Oggi, le cose sono cambiate». Secondo Draghi si è ritrovata ora la fiducia nel processo di riforme e il sostegno per la coesione europea, il che potrebbe liberare domanda e investimenti che sono rimasti bloccati.

Dopo l’intervento del numero uno della Bce l’euro si è spinto ai massimi da settembre contro il dollaro, toccando quota 1,13.

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