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Tagli alla Pac e ai fondi strutturali nel futuro bilancio Ue

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verso l’Europa post-brexit

Tagli alla Pac e ai fondi strutturali nel futuro bilancio Ue

Imagoeconomica
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Per la politica agricola comune (PAC) e per la politica di coesione (fondi strutturali) si preannuncia un futuro di tagli. Serviranno a compensare il “buco” di bilancio provocato dall’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. A meno che gli Stati membri - ma allo stato attuale è molto improbabile - non accettino di aumentare i trasferimenti al bilancio dell'Unione o addirittura di ampliare le fonti di entrate della Ue (riforma dell’Iva comunitaria, nuove imposte come corporate tax, tassa sulle transazioni finanziarie, accisa sui carburanti, carbon tax o signoraggio bancario) questa prospettiva sarà inevitabile.

In quattro dei cinque scenari previsti dal reflection paper sul futuro delle finanze europee presentato mercoledì a Bruxelles dai commissari al Bilancio, Gunther Oettinger, e dalla sua collega Corinna Cretu responsabile delle Politiche regionali, è prevista una riduzione della quota di spesa per queste due voci del bilancio Ue che da sole assorbono più del 70% delle risorse comunitarie.

La discussione sulla politica agricola è stata la questione più delicata e controversa, limata fin nei minimi dettagli nei lavori preparatori del documento, l’ultimo dei cinque previsti dal libro bianco presentato a marzo scorso dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, per riprogettare l’Unione post-Brexit.

La proposta prevede l’introduzione del cofinanziamento nazionale per le risorse destinate alla Pac, fino ad oggi interamente finanziata dall’Europa. Non si fanno cifre, perché come ha spiegato lunedì scorso Oettinger al 7mo forum per la Coesione, è troppo presto per parlarne. Ma da indiscrezioni molto qualificate raccolte dal Sole 24 Ore risulta che l’obiettivo è di chiedere agli Stati membri un cofinanziamento del 10% in modo da lasciare invariate le risorse complessive destinate al settore. Prendendo come riferimento i 400 miliardi destinati alla Pac nel periodo 2014-2020, per il bilancio Ue significherebbe coprire 40 dei 60-70 miliardi del buco aperto dal Brexit. Nei giorni scorsi a Bruxelles c’era grande fibrillazione perché la bozza esaminata lunedì nella riunione dei capi di gabinetto ha mandato su tutte le furie i responsabili delle politiche agricole. Il testo approvato dal collegio ha mantenuto sostanzialmente l’assetto originario ma con piccoli aggiustamenti che preannunciano trattative molto complicate. Va sottolineato che, sempre se nei negoziati sul prossimo Quadro finanziario pluriennale (Mff nell’acronimo inglese) la proposta venisse accolta, la quota di cofinanziamento nazionale sarebbe molto più bassa rispetto a quella dei fondi strutturali che nel migliore dei casi è al 25% ma spesso è al 50%.

Tra le ipotesi in discussione, spiega il documento, c’è anche quella di privilegiare le imprese agricole più piccole riducendo i pagamenti diretti per quelle più grandi: nel 2015 l’80% delle risorse (35,5 miliardi di euro) è andato al 20% delle aziende agricole (1,5 milioni) e solo 6,6 miliardi agli altri 5,7 milioni di aziende. In discussione anche la «razionalizzazione» delle diverse fonti di finanziamento per l’agricoltura, eliminando le sovrapposizioni tra i vari fondi strutturali, in particolare il Feasr (sviluppo delle aree rurali, “secondo pilastro” della Pac) e il Fesr (sviluppo regionale).

CHI BENEFICIA DEGLI AIUTI PAC
Dati 2015

Gli altri 20-30 miliardi mancanti dal «conto di Brexit» sarebbero compensati prevalentemente con una rimodulazione della politica di coesione, detto in modo più brutale con tagli ai fondi strutturali. Il reflection paper ipotizza due possibilità: aumento, anche qui, del contributo nazionale «calibrandolo per i diversi Paesi e le diverse regioni e incrementando il senso di proprietà e di responsabilità». Il paper pone anche la questione «se i fondi della politica di coesione debbano essere ancora distribuiti anche ai paesi e alle regioni più sviluppate» o possano essere limitati alle aree meno sviluppate.

COSA FINANZIA LA POLITICA DI COESIONE
Dati in miliardi di euro

Allargando lo sguardo all’attuazione della politica di coesione regionale, Oettinger e la Cretu ipotizzano una riforma più ampia le cui parole d’ordine sono flessibilità per poter far fronte alle nuove sfide poste dalla globalizzazione, strumenti più veloci, migliore capacità amministrativa locale. Quanto alla semplificazione, il documento ipotizza un intervento profondo con un set unico di regole per i cinque fondi attuali, più coerenti anche con Horizon 2020 e con Connecting Europe Facility o, in modo più drastico, la loro unificazione in un fondo unico. Infine, si discute anche dei criteri di allocazione degli oltre 300 miliardi destinati ai fondi strutturali, con l’obiettivo di aggiungere ai criteri attuali, sostanzialmente basati sul Pil procapite delle regioni e sulla popolazione, altri indicatori come la demografia, la disoccupazione, l’inclusione sociale, le migrazioni, l’innovazione e il cambiamento climatico. Il confronto è appena all’inizio.

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