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Indipendenza, la Catalogna allo scontro finale con Madrid

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il referendum si terrà il primo ottobre

Indipendenza, la Catalogna allo scontro finale con Madrid

Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont (a destra) in Parlamento con l’alleato della Sinistra repubblicana, Oriol Junqueras
Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont (a destra) in Parlamento con l’alleato della Sinistra repubblicana, Oriol Junqueras

Con un atto finale di sfida, la Catalogna sta per approvare la legge sul referendum per l’indipendenza che si terrà il primo di ottobre. A meno di un mese dalla data fissata per la consultazione popolare, il voto del Parlamento catalano porta così lo scontro con lo Stato spagnolo oltre il punto di non ritorno. Il provvedimento sul referendum che dovrebbe essere approvato a maggioranza dai partiti separatisti entro oggi, di fatto segna già una secessione tra la Catalogna e le leggi dello Stato spagnolo: la nuova legge si pone infatti, in caso di conflitto, sopra ogni altra normativa, regionale e statale. Immediata la reazione del premier nazionale, Mariano Rajoy che mantenendo la linea dura - «Il referendum non si farà!» - ha chiesto alla Corte Costituzionale di bloccare la legge e ha chiamato in causa la magistratura perché verifichi le responsabilità penali della presidente del Parlamento Catalano, Carme Forcadell, che ha autorizzato la presentazione e la discussione in assemblea.

Il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, assieme agli alleati separatisti catalani, sta mantenendo le promesse fatte al momento della sua elezione, nel gennaio del 2016, guardando al percorso verso l’autonomia della regione più ricca del Paese: «Non ci sono alternative per l’indipendenza: referendum, o referendum!», disse, passando sopra ogni possibilità di mediazione con il governo nazionale di Mariano Rajoy.

L’ostruzionismo dell’opposizione in Parlamento - formata dai Popolari e dai rappresentanti di Ciudadanos - sta rallentando l’approvazione della legge ma già questa sera stessa, per anticipare la stroncatura della Corte Costituzionale, Puigdemont dovrebbe riuscire a firmare il decreto di convocazione, che dovrebbe essere controfirmato da tutti i ministri del governo catalano, per diluire le responsabilità di fronte a possibili processi. Non ci sono dubbi sulla successiva e immediata sentenza della Corte Costituzionale spagnola che si esprimerà contro la legge come già accaduto negli scorsi anni per tutti i tentativi della Catalogna di arrivare alla consultazione per vie legalmente riconosciute, dalla Spagna e dalla comunità internazionale.

Il premier Rajoy ha già ordinato all’Avvocatura dello Stato di «interporre un incidente di esecuzione di sentenza» davanti alla Corte Costituzionale per tentare di impedire che il Parlamento catalano discuta e adotti la legge di convocazione del referendum. Rajoy ha anche chiesto alla Consulta di determinare la responsabilità penale della presidente del Parlament, Carme Forcadell, che ha autorizzato l’esame della legge.
La procura spagnola ha annunciato che denuncerà la stessa Forcadell per «disobbedienza» all’Alta Corte di Madrid che ha vietato ogni iniziativa verso l’indipendenza.

Puigdemont, assieme ai suoi alleati, a partire dalla Sinistra Repubblicana di Oriol Junqueras, da domani dovrà scegliere se obbedire alla legge spagnola, e fermare la macchina del referendum: ma sembra improbabile, giunti a questo punto, che gli indipendentisti si tirino indietro. Oppure se diventare «fuori legge», almeno per la Spagna, seguendo la nuova «legalità catalana»

«Si è già a un punto di non ritorno», avverte l’analista Inaki Gabilondo. La frattura tra Barcellona e Madrid è già profondissima. Di fronte alla determinazione catalana, a Rajoy potrebbe non restare altra scelta che l’articolo 155 della Costituzione, che consente al governo nazionale di sospendere e destituire Puigdemont e l’autonomia catalana. Ma davvero la Spagna può arrivare a recintare i seggi, sequestrare le urne o azzerare con la forza le
istituzioni catalane? Non si rischierebbe di tornare indietro di mezzo secolo rievocando i fantasmi del franchismo? Rajoy, alla guida di un governo di minoranza a Madrid, non ha probabilmente nemmeno la forza politica per farlo. Con i Socialisti e Podemos che hanno più volte chiesto di aprire un tavolo per un negoziato sull’autonomia della regione.

La Diada, la festa nazionale della Comunità autonoma catalana, che ogni 11 settembre porta nelle strade della regione milioni di cittadini, si è già trasformata in una nuova prova di forza di Barcellona contro la Spagna.

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