I “crudi” di Parma e San Daniele. E poi l'aceto balsamico, la mozzarella, il parmigiano e le più note etichette di vini. Dopo la polemica inglese sui presunti danni da prosecco (visto che il prosecco italiano oltremanica ha superato la produzione locale), la partita della Brexit si sposta anche sul tavolo della difesa delle indicazioni di origine, dei prodotti DOP e IGP.
Il negoziatore francese della Ue con Londra, Michel Barnier, ha infatti ufficializzato in un position paper l'importanza ( e quindi la richiesta) di mantenere una tutela degli oltre tremila alimenti e vini europei riconosciuti da IGP, tra cui oltre 800 prodotti italiani. Un tema già sollevato a febbraio scorso sia dal Guardian che dal nostro ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda.
Il paradosso è infatti che il compimento del percorso di uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, senza un accordo chiaro su questi beni, metterebbe Londra nelle condizioni di violare la protezione finora garantita a 1150 prodotti alimentari del Continente. Contemporaneamente, le 59 denominazioni di origine registrate dalla Gran Bretagna in questi anni a Bruxelles, continuerebbero ad essere valide in Europa. Con la possibilità, per i produttori britannici, di ribattezzare come Parma o Parmigiano prodotti locali.
Sarebbe la “fiera” dell'Italian Sounding, fenomeno di copiatura di nomi e prodotti italiani che nulla hanno a che fare con il nostro Paese ma che ingannano la clientela e gonfiano i fatturati delle imprese, già tristemente diffuso nel mondo. Per questo, come contropartita di una tutela britannica alle IGP europee, Bruxelles assicurerà quella di whisky, cheddar e di tutti i 59 beni già sotto protezione.
Dopo Usa, Germania e Francia, la Gran Bretagna è il quarto mercato per Made in Italy alimentare con circa 2,5 miliardi di export l'anno scorso, di cui oltre 950 milioni sono solo le bevande, soprattutto vini e alcolici Made in italy.
© Riproduzione riservata