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Iran, Trump ripudia l’accordo sul nucleare. Ue: per noi…

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la mossa del presidente usa

Iran, Trump ripudia l’accordo sul nucleare. Ue: per noi è valido

WASHINGTON - Donald Trump assale senza strappare del tutto e subito l’accordo nucleare con l'Iran. Ma tiene la sua spada di Damocle sollevata, minacciando di calarla se l’intesa non verrà rafforzata con nuovi giri di vite contro Teheran.

Il presidente americano ha rifiutato di “certificare” l'accordo, definendolo il “peggiore ” mai sottoscritto dagli Stati Uniti. Si è scagliato anzi in una durissima denuncia del “regime canaglia”, “fanatico” e “aggressivo” di Teheran, che “non ne rispetta lo spirito”. Trump ha accusato l'Iran di diffondere “morte, distruzione e caos nel mondo”, destabilizzando il Medio Oriente e sostenendo l'estremismo. Ha incalzato che gli Stati Uniti “bloccheranno qualunque strada” del Paese verso armi atomiche, che sarebbe stata solo “temporaneamente ritardata” dall'attuale accordo, un fatto “inaccettabile”. In un'ulteriore stretta, il Tesoro ha definito la Guardia rivoluzionaria islamica, che controlla ampi settori dell'economia del Paese, organizzazione terroristica target di rappresaglie separate dal dossier nucleare.

Il presidente americano ha però evitato di affossare il Joint Comprehensive Plan of Action, firmato nel 2015 dal suo predecessore Barack Obama e da alleati quali Gran Bretagna, Francia e Germania. Ha rinunciato in particolare a chiedere che scattino nuove e immediate sanzioni, una mossa che avrebbe seppellito il patto. Ha piuttosto affidato al Congresso, alla sua Casa Bianca e ai paesi occidentali il compito di definire, nei prossimi sessanta giorni, modalità per aumentare le pressioni sull'Iran. L'amministrazione, ha chiarito, lavorerà “con il Parlamento e con gli alleati per affrontare i molti e seri difetti dell'intesa in modo che il regime iraniano non possa mai minacciare il mondo con arsenali atomici”. Se questo approccio fallirà, ha aggiunto, “verrà posta fine all'accordo”. La partecipazione americana, ha detto, “può essere cancellata da me come presidente in ogni momento”.

La reazione iraniana non si è fatta attendere. Dopo qualche ora il presidente iraniano Hassan Rohani ha rilasciato in televisione un deciso, anche se ancora interlocutorio commento: “Consideriamo l'accordo sul nucleare un accordo multilaterale ed internazionale” e “lo rispettiamo nella cornice del nostro interesse nazionale”, ma siamo pronti ad uscirne se altri non lo fanno. “Abbiamo cooperato con l'Aiea e continueremo a farlo”, ha proseguito Rohani - ma se “l'altra parte non rispettasse i propri impegni, si sappia che l'Iran non esiterà a rispondere”.

La reazione europea è stata misurata quanto netta a difesa del futuro dell'accordo. “Non possiamo permetterci di smantellare un'intesa nucleare che funziona”, ha detto il Commissario agli Affari Esteri Federica Mogherini. E ha negato che Trump, o qualunque singolo paese, abbia il potere di abrogare un simile accordo internazionale che non è un trattato. “La comunità internazionale e la Ue hanno chiaramente indicato che resterà in vigore”.

Il nuovo corso americano, al momento, punta all'adozione di quelli che vengono definiti “grilletti” per nuove sanzioni, quali continui test iraniani su missili balistici o il rifiuto a estendere impegni di denuclearizzazione del Paese che potrebbero cominciare a scadere tra una decina d'anni. Resta tuttavia da vedere come il Congresso sarà in grado di far avanzare simili idee o se siano immaginabili protocolli multilaterali paralleli all'intesa originale, una soluzione ipotizzata dal Segretario di Stato Rex Tillerso. L'Iran ha finora bocciato qualunque rinegoziazione.

La decisione di Trump, sintomo dell'elevata posta in gioco, è giunta dopo frenetici e tesi colloqui dentro e fuori la Casa Bianca. A cominciare dai co-firmatari europei dell'accordo, che hanno insistito con la Casa Bianca perchè garantisse la sopravvivenza dell'accordo. Preoccupazione è affiorata anche da società multinazionali anzitutto del Vecchio continente, da Airbus a Total, che negli ultimi due anni hanno riallacciato rapporti di business con il Paese. Inviti a non smantellare l’intesa erano giunti anche da esponenti di spicco dell'amministrazione, oltre a

Tillerson il Segretario alla Difesa James Mattis. D'altro canto ha invece pesato la convinzione di Trump che l'accordo fosse un ”imbarazzante disastro”, convinzione sposata dall'ala nazionalista e populista tuttora influente nonostante il ritorno del suo guru, l'ex consigliere Steve Bannon, alla guida dell'impero dell'informazione di destra Breitbart News.

L'incertezza che regna nell'amministrazione è stata tradita anche dal restroscena logistico dell'annuncio: il luogo è stato in forse fino alla vigilia. Un'ipotesi iniziale prevedeva l'intervento presso l'ex ambasciata iraniana a Washington, ormai vuota dal 1980, poi scartata perchè giudicata troppo provocatoria.

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