DAL NOSTRO INVIATO
BARCELLONA - È un voto decisivo quello di oggi in Catalogna. I 5,5 milioni di elettori della regione più dinamica e industrializzata della Spagna dovranno scegliere se insistere a rivendicare l’indipendenza dalla Spagna o se invece avviare una fase di riconciliazione con Madrid e dentro la società catalana. Sono anche elezioni anomale, queste, convocate in un giorno infrasettimanale come non accadeva da oltre trent’anni: la campagna è stata dominata dall’articolo 155 della Costituzione, cioè dall’intervento del governo spagnolo che per contrastare la secessione ha commissariato la Generalitat di Barcellona. «Tutti hanno visto che la Spagna è in grado di fare rispettare la legge e tutti hanno capito che cosa succede quando una regione esce dai limiti della Costituzione e della legge spagnola», ha insistito anche ieri il premier nazionale Mariano Rajoy.Il dibattito sull’indipendenza ha monopolizzato l’attenzione dei candidati e dei cittadini catalani. Quasi inesistente il confronto su altri temi - politici, economici e sociali - pure molto importanti per lo sviluppo del territorio e il benessere della popolazione. Le lunghe code davanti ai seggi già all’apertura confermano che la partecipazione dei catalani sarà altissima.
I sondaggi indicano una situazione ancora confusa con i due blocchi contrapposti quasi alla pari nei consensi e divisi da pochi seggi nel nuovo Parlamento catalano. E lasciano prevedere grandissime difficoltà per la formazione di un governo con una maggioranza stabile. Gli ultimi sondaggi davano i partiti per l’indipendenza davanti nelle intenzioni di voto con 67-70 seggi su 135, contro i 56-59 seggi degli unionisti. Ma a poche ore dall’apertura delle urne un terzo dell’elettorato è ancora indeciso. Gli analisti prevedono tempi di difficile governabilità e non escludono un ritorno alle urne fra tre mesi se dal voto non uscirà una maggioranza chiara.
Nel fronte indipendentista, l’ex governatore catalano, Carles Puigdemont, leader dei nazionalisti-conservatori di Junts per Catalunya è fuggito in Belgio per evitare l’arresto dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza e ha potuto comunicare con i suoi sostenitori quasi esclusivamente attraverso i social media. Oriol Junqueras, il leader irriducibile della Sinistra repubblicana ha fatto invece campagna dal carcere, dove è stato rinchiuso con l’accusa di ribellione.
Tra gli unionisti, i Popolari di Rajoy ma soprattutto i candidati di Ciudadanos hanno puntato tutto sul ripristino della legalità, dell’ordine costituzionale e su una certa stanchezza dei catalani per le continue tensioni e lo scontro con le istituzioni spagnole. Più defilati i Socialisti e Podemos, che si presenta assieme alla lista locale Catalunya en Comù. Pur essendo contrari alla deriva secessionista unilaterale, queste due formazioni propongono di creare le condizioni per una soluzione concordata che venga da una riforma costituzionale o da un referendum organizzato dentro i limiti della legge spagnola. E potrebbero avere un ruolo non secondario per gli equilibri futuri della politica catalana.
Si vota a meno di due mesi dalla proclamazione della Repubblica il 27 ottobre da parte di Govern e Parlament secessionisti e dal rapido intervento di Madrid, che in poche ore ha azzerato le istituzioni di Barcellona e ha preso il controllo della Generalitat. Le difficoltà dell’economia catalana - con oltre tremila imprese che hanno deciso di spostare la sede sociale in altre regioni e il crollo allarmante del turismo - dovute, in massima parte, al clima di incertezza e alle tensioni con Madrid, avranno un peso forse determinante nei risultati elettorali.
Sono dunque oltre 5,5 milioni gli elettori catalani chiamati alle urne per eleggere oggi i 135 nuovi deputati del Parlamento regionale di Barcellona, secondo i dati aggiornati resi pubblici dal delegato del governo spagnolo in Catalogna Enric Millo. In lizza ci sono 38 liste. I 2.680 seggi saranno aperti dalle 9 del mattino alle 20: i catalani potranno utilizzare permessi speciali fino a quattro ore per andare a votare in un giorno lavorativo. Le elezioni sono state convocate dal premier spagnolo Rajoy, dopo il commissariamento delle istituzioni regionali e lo scioglimento del Parlament. Diciotto candidati indipendentisti alle elezioni sono incriminati per ribellione e sedizione per avere portato avanti il progetto politico dell’indipendenza, come Junqueras sono ancora in carcere altri tre dirigenti secessionisti.
Nelle sostanziale parità indicata dai sondaggi la partecipazione, prevista altissima, potrebbe fare la differenza, spostando qualche decina di migliaia di voti e un paio di seggi da un fronte all’altro. «La volatilità nel voto è molto evidente, si stimano che ci siano almeno un milione e mezzo di elettori indecisi. La rottura tra Puigdemont e Junqueras potrebbe far diventare Ciudadanos il primo partito. Ma nulla è scontato, il consenso può cambiare anche negli ultimi giorni a causa di una dichiarazione, un fatto di cronaca, una decisione di qualche giudice», dice Oriol Bartomeus, politologo e professore di Scienze politiche all’Università autonoma di Barcellona. «Tutti i sondaggi indicano tuttavia - aggiunge Bartomeus - che c’è un’enorme volontà di partecipare al voto. Circa il 90% dei catalani risponde che parteciperà sicuramente alla consultazione: sono percentuali mai viste in elezioni regionali catalane che fanno stimare una quota di votanti record che potrebbe superare l’80 per cento».
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