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I cinque punti chiave della riunione Bce di oggi

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POLITICA MONETARIA

I cinque punti chiave della riunione Bce di oggi

Prima riunione del board del 2018. Prima conferenza stampa dopo la riduzione a 30 miliardi degli acquisti di titoli. Prima occasione per avere informazioni più precise sui prossimi cambiamenti nella comunicazione della politica monetaria e della stessa strategia della Banca centrale europea. Pur in assenza di grandi attese sull'esito del consiglio, il primo appuntamento della Bce potrebbe riservare spunti importanti.

La rivisitazione della forward guidance
È inevitabile. Il tema più caldo della conferenza stampa di oggi sarà la forward guidance: le minute della riunione di dicembre, pubblicate l’11 gennaio, hanno rivelato che il consiglio direttivo immagina di rivisitarne il linguaggio all’inizio del 2018. È improbabile, anche se non può escluderlo del tutto, che le variazioni avvengano oggi – marzo sembra la data più probabile – ma la lettura del comunicato ufficiale sui tassi, oltre a quella dell’introduzione della conferenza, stampa si concentrerà su qualunque variazione di tutti i punti relativi alle future mosse.

Le frasi chiave
La rivisitazione, ovviamente, può anche essere realizzata attraverso aggiunge (che preciserebbero la “funzione di risposta” della politica monetaria europea) o attraverso una riformulazione completa. Alcune frasi, presenti nel comunicato ufficiale saranno esaminate con maggiore attenzione. Sono (in corsivo i riferimenti temporali):
1.
«Il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della Bce si mantengano su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l'orizzonte degli acquisti netti di attività». È in ogni caso fuori discussione la successione temporale tra qe e rialzo dei tassi: prima finiscono gli acquisti, poi si tocca il costo del credito. Persino un falco come Jens Weidmann ritiene che metà 2019 sia la data più probabile per la prima “stretta”.
2.
«Il Consiglio direttivo conferma che da gennaio 2018 intende continuare a effettuare gli acquisti netti» di titoli «al ritmo mensile di 30 miliardi di euro sino alla fine di settembre 2018 o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell'evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione». La correzione di questo punto, in realtà, potrebbe comportare un indebolimento del valore dell’obiettivo di inflazione e andrà fatta – se questa è l’intenzione del board – con grande attenzione.
3.
«Se le prospettive diverranno meno favorevoli o se le condizioni finanziarie risulteranno incoerenti con ulteriori progressi verso un aggiustamento durevole del profilo dell'inflazione» il Consiglio direttivo è pronto a incrementare il qe «in termini di entità e/o durata».

4.
«L’Eurosistema reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PAA per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività e in ogni caso finché sarà necessario». Questo aspetto è probabilmente destinato a non essere toccato.

L’andamento dell’inflazione
La revisione della forward guidance è compatibile solo in circostanze che preparano un rialzo dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%. Al momento non si può dire però che la dinamica dei prezzi mostri una tendenza verso un rialzo sostenibile. La strategia della Bce continua a basarsi sul nesso tra disoccupazione in calo e un possibile rialzo dei salari (che al momento non è garantito). Ogni indicazione sulla pipeline, il “condotto”, attraverso cui si muovono le pressioni sui prezzi servirà a capire se sta cambiando qualcosa sotto l’indice di inflazione complessivo.
Alcuni componenti del board hanno adottato posizioni da “falco”, sull’inflazione, modificando un po’ le aspettative. Oggi si vedrà se il presidente Mario Draghi correggerà il tiro o confermerà queste indicazioni, e su quali basi.

Il rialzo dell’euro

Ogni apprezzamento del cambio comporta una pressione al ribasso dei prezzi. In questa fase non è quindi del tutto benvenuta dalla Banca centrale europea, che però ha strumenti limitati per poter intervenire direttamente sull’euro. In questo periodo osservando, come è più corretto, il cambio effettivo - calcolato verso tutte le valute dei principali partner - emerge che l’indicatore è salito al di sopra della media di lungo periodo, un possibile valore di equilibrio raggiungo in un momento in cui l’equilibrio, almeno sul fronte dei prezzi, non sembra esserci (almeno secondo la strategia della Bce.
Il rialzo non è brusco e può essere considerato come l’effetto della ripresa, che si rafforza. Ogni riferimento del presidente - o l’assenza di qualunque accenno - saranno quindi significativi.

Il balzo dei rendimenti
I rendimenti, soprattutto quelli a brevissimo termine che si comportano da cinghia di trasmissione della politica monetaria, sono saliti in maniera relativamente brusca nelle ultime sei settimane. In questo caso, però, non è il livello a preoccupare - può essere considerata una normalizzazione: si è tornati a un anno fa - quanto la rapidità del movimento. Il riferimento - in genere mai assente - alle condizioni monetarie, che comprendono però anche l’andamento dell’euro, dovrà essere quindi valutato con attenzione.
Non è escluso però, come nota Oliver Rakau di Oxford Economics, che dietro il balzo si nasconda in realtà un riallineamento dei rendimenti dei singoli paesi, con un abbassamento degli spread. La Bce potrebbe esserne soddisfatta.

Prestiti ancora deboli
Ogni riferimento ai prestiti alle aziende - spesso però limitati a un rituale accenno sull’andamento - merita grande attenzione. L’andamento resta privo di slanci - lo conferma anche un’analisi di Chris Hare di Hsbc - anche se i flussi mensili sono relativamente forti. Le aspettative sui tassi in rialzo, la riduzione degli acquisti di titoli potrebbero ulteriormente pesare su un aggregato la cui debolezza è stato il motivo principale per il lancio del qe, in un’economia le cui imprese si finanziano, all’80% attraverso le banche.

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