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FINANCIAL SECRECY INDEX 2018

Paradisi fiscali: Svizzera, Usa e Cayman i più opachi. Italia promossa in trasparenza

Svizzera e Stati Uniti bocciati, Italia - a sorpresa - promossa. Una pagella così non si porta a casa tutti i giorni soprattutto quando si parla di trasparenza fiscale e finanziaria. Ma l'edizione 2018 del Financial secrecy index elaborato da Tax justice network (un’organizzazione non certo tenera nei confronti dei paradisi fiscali e dell’opacità in genere) restituisce - per una volta - questa insolita classifica e consente all'Italia di non sfigurare al cospetto degli altri grandi paesi.

La Svizzera, capitale del segreto bancario nonostante l’adesione allo scambio automatico di informazioni fiscali, resta al primo posto della classifica generale dei paesi più opachi mentre gli Stati Uniti sono saliti dalla terza alla seconda posizione. Le Isole Cayman hanno scalato due livelli, salendo dal quinto al terzo posto. Barhain e Libano sono invece usciti dalla classifica dei primi dieci, rimpiazzati da Taiwan e Guernsey, rispettivamente all'ottava e alla decima posizione. La top ten vede anche la presenza di Hong Kong, Singapore, Lussemburgo, Germania ed Emirati arabi uniti.

Secondo la graduatoria del nuovo Financial secrecy index, la Confederazione elvetica, gli Usa e le Isole Cayman sono dunque gli Stati che contribuiscono più di tutti nel mondo all’opacità finanziaria e guadagnano il podio tra le giurisdizioni più segrete. Un risultato non invidiabile, che ha però una spiegazione. E che evidenzia come , al contrario di quanto comunemente si creda, i paesi con più responsabilità per la scarsa trasparenza della finanza globalizzata non sono le piccole isole dei Caraibi ma le piazze finanziarie più grandi.

Le due classifiche dell'indice

A differenza delle consuete blacklist, basate prevalentemente sul parametro della scarsa collaborazione nello scambio di informazioni, il Financial secrecy index è ottenuto combinando due classifiche: la prima si basa esclusivamente sul grado di segretezza del paese analizzato, la seconda considera invece le dimensioni dei singoli centri finanziari in termini di servizi offerti ai non residenti. L’insieme dei due elenchi determina la graduatoria generale. Ecco spiegata la presenza di Svizzera e Stati Uniti ai primi due posti della classifica complessiva e della Germania in settima posizione: si tratta di tre paesi che - invece - nella graduatoria della segretezza dei sistemi finanziari e fiscali si piazzano molto più indietro, rispettivamente al 26°, al 79° e all’81° posto.

LE CLASSIFICHE
Fonte: Financial secrecy index 2018

L'Italia è solo al 41° posto nella classifica generale ed è al 105° nella sottoclassifica basata sul criterio dell’opacità. Più giù si è in graduatoria migliore è il risultato sul fronte della trasparenza. Quindi l’Italia si è comportata bene.

L’avanzata degli Stati Uniti

La crescita degli Usa nella classifica 2018 del Financial secrecy index - sostengono i responsabili di Tax justice network - è il segno di una tendenza preoccupante. È la seconda volta che gli Stati Uniti salgono di posizione. Nel 2013 erano sesti, nel 2015 terzi. Questa volta il peggioramento nell'indice di opacità finanziaria è dovuto alla crescita considerevole degli Usa nel mercato dei servizi finanziari offshore che ha oscurato i progressi fatti dal paese nella campo della trasparenza.

La classifica generale dell'indice di opacità finanziaria

La classifica delle giurisdizioni più segrete

E infatti, se si considera soltanto il parametro della segretezza, la classifica cambia sensibilmente. Al primo posto tra le giuridizioni più opache c’è Vanuatu, nazione nel Sud Pacifico composta da 80 isole che si estendono per 1.300 chilometri quadrati e con una popolazione di 270mila abitanti. Al secondo posto figura Antigua & Barbuda, paese indipendente del Commonwealth composto dalle due isole omonime e da isole più piccole. Situato nei Caraibi ha una popolazione di circa 82mila abitanti. In terza posizione ci sono invece le Bahamas, centro finanziario offshore famoso per le sue oltre 100mila società scudo. Nella top ten sono presenti poi Paraguay, Brunei, Emirati arabi uniti, Maldive, Bolivia, Kenia e Thailandia.

Si tratta di paradisi fiscali caratterizzati da un alto grado di opacità ma dalle dimensioni relative. Le prime dieci giurisdizioni più segrete del mondo, infatti, rappresentano solo lo 0,35% della quantità di servizi finanziari offerti a livello globale a cittadini non residenti fiscalmente. Se cioé per paradosso tutti questi paesi diventassero completamente trasparenti, l’impatto globale sarebbe quasi irrilevante. I grandi flussi finanziari, ad eccezione forse delle Bahamas e di Dubai, non passano da queste nazioni.

Le giurisdizioni più segrete

Italia tra i paesi più trasparenti

Sul fronte della trasparenza, l’Italia - per una volta - registra una performance degna di nota. Si colloca al 105° posto su 112, quindi nella parte bassa della classifica, quella dei paesi più virtuosi tra quelli considerati.
Se infatti si ribalta la graduatoria mettendo in cima le giurisdizioni meno segrete, l’Italia si tritrova in ottava pozione. Il paese più virtuoso - in base a questa classifica del Tax justice network - è la Slovenia, tallonata dal Regno Unito e dal Belgio in terza posizione. Seguono a ruota Svezia, Lituania, Spagna, Brasile, Italia (appunto), Irlanda ed Estonia.

Nella classifica generale, invece, quella che pondera la trasparenza con il peso dei singoli paesi sui mercati finanziari, l’Italia si colloca al 41° posto, più o meno nella parte centrale.

La sorpresa del Regno Unito

Gli esperti di Tax justice network spiegano che la precedente edizione dell’Indice aveva tenuto conto degli sforzi compiuti da molti paesi verso una maggiore trasparenza finanziaria internazionale in seguito alla crisi del 2008. E oggi gli effetti di quelle misure cominciano finalmente a vedersi. Tuttavia i risultati non sono ancora soddisfacenti.

Gli Stati Uniti, per esempio, continuano a rappresentare un punto dolente. Hanno rifiutato di aderire agli standard Ocse sullo scambio automatico di informazioni e hanno invece imposto agli altri paesi una loro legislazione (il Fatca). Il risultato è che si assiste a un flusso di informazioni da tutti i paesi del mondo verso gli Usa ma non dagli Usa verso gli altri Stati. Senza dimenticare che alcune aree degli Usa - come Delaware, Wyoming e Nevada - continuano ad avere legislazioni che favoriscono la scarsa tracciabilità di società anonime e trust.

E poi c’è la Svizzera, dove si riscontrano alcune resistenze all’implementazione dello scambio automatico di informazioni. Il Regno Unito, invece, se da una parte continua a proteggere i paradisi fiscali che fanno parte del Commonwealth - dove il denaro viene ripulito prima di arrivare nella City - dall’altra ha il merito di aver istituito un registro pubblico che rivela i beneficiari finali delle società. Nonostante questo, sorprende però la posizione così positiva del Regno Unito nella classifica delle giurisdizioni più segrete (111° posto su 112): secondo la National Crime Agency britannica, infatti, nel paese vengono riciclati 100 miliardi di euro di soldi sporchi all’anno. E aprire una società utilizzando prestanomi è la cosa più facile del mondo.

I criteri utilizzati per misurare l’opacità

Se è vero che il Financial secrecy index penalizza i paesi più importanti - proprio perché è da lì che passano i maggiori flussi finanziari internazionali e quindi queste giurisdizioni sono in grado di condizionare la trasparenza globale più di quanto possa fare una piccola isola dei Caraibi - i ricercatori di Tax justice network hanno cercato di utilizzare i parametri più attendibili per stilare la classifica. Nell’edizione 2018 gli indicatori riscontrati per stabilire il tasso di opacità sono stati aumentati.

Gli elementi presi in considerazione sono 20 e tra i nuovi criteri individuati ci sono anche l’esistenza (o meno) di un registro pubblico sui beneficiari finali delle società e dei beni immobili (parametro che ha “salvato” il Regno Unito), la possibilità di avere accesso agli accordi fiscali (tax ruling) firmati tra Stati e multinazionali e l’esistenza di regolamentazioni sospette sulla cittadinanza e la residenza fiscale.

Tax justice network è un'organizzazione internazionale indipendente nata nel 2003 su iniziativa di John Christensen per studiare i sistemi di tassazione internazionali e la regolamentazione finanziaria ma soprattutto per combattere i paradisi fiscali. Gli studi realizzati dal network in questi anni lo hanno portato a diventare un punto di riferimento per quanti hanno a cuore i temi della giustizia fiscale.

Secondo Alex Cobham, Ceo di Tax justice network, «i dati del 2018 confermano che i paesi più potenti e più ricchi del mondo continuano a rappresentare la più grande minaccia a livello globale, con Svizzera e Stati Uniti nel ruolo di facilitatori chiave dei flussi finanziari illeciti. Se dobbiamo porre fine alla corruzione, alle frodi fiscali e al riciclaggio - sintetizza Cobham - i maggiori centri finanziari mondiali devono modificare i loro comportamenti. E poiché non hanno dimostrato questa volontà, le Nazioni Unite devono realizzare una convenzione globale per porre fine una volta per tutte al segreto finanziario».

Gli effetti dell’esistenza delle giurisdizioni segrete - sottolinea Liz Nelson, responsabile per il programma Diritti umani di Tax justice network - si abbattono soprattutto sui paesi in via di sviluppo, dove i danni dell’evasione fiscale internazionale sono incalcolabili.

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