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Grosse Koalition, ovvero le sette vite di Angela Merkel

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GERMANIA VERSO IL GOVERNO

Grosse Koalition, ovvero le sette vite di Angela Merkel

(Reuters)
(Reuters)

«Ein neuer Aufbruch für Europa», una nuova partenza per l’Europa. È questa la prima riga dell’accordo di Grande Coalizione, un documento di 177 pagine che con dettaglio contrattuale lega nuovamente per i prossimi quattro anni Cdu, Csu ed Spd. Un accordo «doloroso» - come aveva preannunciato martedì sera Angela Merkel - soprattutto per i democristiani che hanno dovuto rinunciare a poltrone chiave, a cominciare da quella del ministero delle Finanze. A prima vista c’è l’impronta del leader socialdemocratico, Martin Schulz, nello slancio europeista della GroKo numero quattro. Tanto che Julian Reichelt, direttore di Bild, lo ha definito come «il primo governo Spd guidato da una cancelliera democristiana».

Le apparenze, però, sono sempre ingannevoli quando si giudica l’azione politica di Angela Merkel, data per spacciata un’infinità di volte, debole quando in realtà era forte e forte quando già si stava (momentaneamente) indebolendo. Ancora una volta, è il senso di Angela per l’Europa a prevalere su tutto e su tutti: un approccio pragmatico, graduale e mediato che dovrà fare i conti con lo slancio e il fervore del presidente francese Emmanuel Macron.

Certo è un passo avanti importante rispetto a quanto sarebbe potuto accadere con una coalizione Giamaica perché i liberali avrebbero reclamato (e ottenuto) il ministero delle Finanze, architrave della politica europea della Germania. Uno scenario che avrebbe costretto la cancelliera a creare un ministero degli Affari Europei per depotenziare lo scetticismo anti-integrazione del leader Fdp Christian Lindner. Meglio così. Per l’Italia e per le necessità di riforma dell’Eurozona.

La figura chiave di questa nuova coalizione e l’interlocutore più importante della Merkel sarà il socialdemocratico Olaf Scholz, designato ministro delle Finanze. Sarà lui l’interfaccia e il “terminale” più importante del lavoro di sintesi che attende le grandi capitali Ue sulla definizione della nuova governance della moneta unica, dal completamento dell’Unione bancaria alla metamorfosi del Meccanismo europeo di stabilità in Fondo monetario europeo.

Sindaco di Amburgo, già ministro del Lavoro con Merkel dal 2009 al 2011, Scholz, 59 anni, è sulla stessa linea riformista e pragmatica della cancelliera. Un politico meno irruento, viscerale e ideologico di Martin Schulz, che prometteva nei mesi scorsi «gli Stati Uniti d’Europa» come fece nel maggio del 2000 l’allora ministro degli Esteri Joschka Fischer durante il suo memorabile discorso alla Humboldt Universität.

Un “centrista” che non a caso fu segretario Spd ai tempi del Neue Mitte di Gerhard Schröder e che come tale contribuì alla definizione di Agenda 2010, considerata ancora oggi la madre di tutte le riforme del Welfare in Europa. Sarà Scholz l’interlocutore privilegiato di una cancelliera che negli anni ha dimostrato più volte di avere una sensibilità socialdemocratica o quantomeno di centro-sinistra. Una tendenza quasi naturale che ha dimostrato nei momenti più importanti della sua carriera politica, fatta di poche riforme e di decisioni storiche, a volte prese stranamente d’impulso: l’abbandono del nucleare dopo Fukushima; l’apertura ai migranti; e la decisione di tenere la Grecia nell’Eurozona contraddicendo nel luglio 2015 il suo collaboratore più prezioso e stimato, l’allora ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble.

Le concessioni di Merkel e il conseguente depotenziamento della Cdu chiariscono che la priorità della cancelliera al suo ultimo mandato è il rafforzamento dell’Eurozona attraverso il dialogo con la Francia e, possibilmente, con gli altri partner Ue. L’agenda interna è relativamente facile (con meno tasse, più welfare e investimenti, conti pubblici sempre in ordine) perché l’economia tedesca, al momento, scoppia di salute e quest’anno potrebbe registrare una crescita più vicina al 3 che al 2%, sempre in regime di piena occupazione. Più complessa appare la sfida dell’integrazione europea, per la quale, da parte della GroKo n° 4, non dobbiamo aspettarci lo slancio e il furore promessi da Schulz e da Macron, ma il pragmatismo e il realismo della nuova “coppia centrista” Merkel-Scholz.

Sul cammino dell’Europa restano due incognite, che curiosamente coincidono il 4 marzo: l’esito delle elezioni italiane e quello del voto dei militanti Spd, senza il cui assenso potrebbe crollare l’ipotesi di un nuovo governo tedesco. Ogni voto, ormai, è diventato un referendum sul futuro dell’Unione, anche se l’Italia sembra non averne piena consapevolezza

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