Il Ppe, che è il più grande gruppo parlamentare nell'Europarlamento, «è fortemente schierato in supporto della posizione presa da Antonio Tajani (sull'Ema, ndr)» dice al Sole 24 Ore Manfred Weber presidente del gruppo del Ppe all'Europarlamento. «L'Europarlamento è un'istituzione indipendente, noi siamo i legislatori, noi scriviamo le leggi e quindi noi decidiamo. La scelta di una nuova ubicazione per un'istituzione europea è un atto di legge. E in questo il Parlamento europeo, che è indipendente, ha un ruolo - ha chiarito -. Tajani ha chiesto a Jean-Claude Juncker la documentazione per fare trasparenza su questa vicenda. Ed è proprio di trasparenza che abbiamo bisogno, perché questo è il modo in cui si svolge un processo democratico, con trasparenza. Tajani è a capo di questa iniziativa e noi del Ppe lo sosteniamo completamente».
D. Il Summit europeo è un'occasione per fare il punto sull'agenda europea. Quali sono le grandi sfide che deve affrontare l'Europa ora?
R. L'Europa si trova di fronte a un bivio, e va deciso il futuro del nostro continente. Sono diverse le questioni importanti da risolvere nel 2018. Ne vedo quattro. La prima è la crisi dell'immigrazione, è un problema che va risolto perché abbiamo troppi immigrati illegali in Europa. La seconda sfida è quella che riguarda il futuro dell'Eurozona, ma dobbiamo discutere le idee e il programma del presidente francese Macron. Al terzo posto metterei Brexit, perché esce un grande paese e i grandi paesi che restano devono colmare questo vuoto. Il quarto tema importante è quello del reperimento delle risorse: dove troviamo il denaro per finanziare il nostro programma europeo.
D. Il budget va ridefinito e la quota del Regno Unito andrà ripartita. Ma le sfide che deve affrontare l'Europa riguardano anche la sostenibilità della crescita, che è solida ma che deve mantenere alto il livello della competitività, soprattutto nel contesto della globalizzazione, della digitalizzazione. Sono tutti investimenti importanti, serviranno più risorse?
R. La prima cosa che dobbiamo fare è il controllo delle spese correnti già in atto, e appurare l'efficienza del sistema tra i fondi disponibili e la spesa. Non è una necessariamente una questione di reperire più risorse ma di controllare l'efficienza di quello che stiamo facendo. Va anche detto che dobbiamo fare di più per le regioni dove lo sviluppo economico è inferiore, le regioni meno sviluppate tra le quali il Sud dell'Italia. L'Europa non può salvaguardare la competitività delle sue industrie se non investe in ricerca, innovazione, in nuove idee. E questa è una priorità: bisogna destinare il sostegno finanziario alle università, e sviluppare il rapporto tra gli atenei e le imprese, è un campo dove dovremo fare di più. Il futuro è nell'innovazione.
D. L'agenda Europa è particolarmente ricca e impegnativa in questo momento, di fronte a quello che lei ha chiamato un “bivio”. L'Italia va alle urne il 4 marzo e in questa fase di incertezza domestica vede l'asse Berlino-Parigi che si rafforza. Che ruolo spetta all'Italia e che ruolo può giocare l'Italia nel futuro dell'integrazione europea?
R. Il presidente francese Macron è molto motivato sul futuro dell'Europa, e dunque la Francia sta agendo in maniera molto convinta e Macron gode del supporto del suo Paese sul programma europeo. Macron vuole andare avanti e spinge per farlo e andare oltre. Angela Merkel prevedo che verrà confermata cancelliera tra qualche settimana, dopo il voto dell'Spd sulla Grande Coalizione. Ma i top leader di Germania e Francia avranno bisogno della voce forte dell'Italia e quindi siamo in attesa di un esito elettorale che porti la stabilità nel vostro Paese perché abbiamo bisogno di un'Italia stabile per portare avanti l'agenda europea. E di questo l'Europa ha bisogno guardando alle vostre elezioni.
D. L'Italia è alla vigilia delle elezioni, in piena campagna elettorale con un “tutti contro tutti”, ma è unita nel tentativo di far riaprire il dossier sull'assegnazione della sede dell'Ema. Qualcosa è andato storto, e sul modo in cui Amsterdam sia riuscita a farsi assegnare la sede si sono sollevati molti dubbi e perplessità, anche a causa del percorso opaco di certe scelte. Ma è così che andrà gestito lo smantellamento della City of London, se a questo porterà Brexit?
R. Il PPE, che è il più grande gruppo parlamentare nell'Europarlamento, è fortemente schierato in supporto della posizione presa da Antonio Tajani. L'Europarlamento è un'istituzione indipendente, noi siamo i legislatori, noi scriviamo le leggi e quindi noi decidiamo. La scelta di una nuova ubicazione per un'istituzione europea è un atto di legge. E in questo il Parlamento europeo, che è indipendente, ha un ruolo. Tajani ha chiesto a Juncker la documentazione per fare trasparenza su questa vicenda. Ed è proprio di trasparenza che abbiamo bisogno, perché questo è il modo in cui si svolge un processo democratico, con trasparenza. Tajani è a capo di questa iniziativa e noi del Ppe lo sosteniamo completamente.
D. In che senso il percorso legislativo potrebbe riaprire i giochi di questa partita tra Italia e Olanda sull'assegnazione della sede dell'Ema?
R. La Commissione ha deciso l'ubicazione dell'Ema. Ma c'è una legge dietro questo , che va modificata con una nuova legge che regola le modalità di assegnazione delle ubicazioni delle istituzioni europee. Ora è in corso una revisione dell'impianto legislativo che regola questa materia, ed è troppo presto per prevedere quale sarà l'esito di questo percorso. Siamo all'inizio di un processo che è iniziato oggi con la delegazione degli europarlamentari ad Amsterdam per acquisire informazioni, fatti. Quando rientreranno, faranno un rapporto e lo presenteranno a un nostro comitato. C'è un lavoro legislativo da portare avanti e ci sono decisioni importanti da prendere. Ma prima di andare avanti abbiamo bisogno di mettere tutti i fatti sul tavolo, abbiamo bisogno di trasparenza, che sia fatta chiarezza.
D. La chiarezza del processo democratico in questa vicenda è un simbolo importante, è un esempio agli occhi dei cittadini della democrazia che sta nelle fondamenta dell'Europa Unita. E Brexit in un certo senso offre all'Europa un'occasione per dimostrarlo.
R. Brexit per prima cosa fa capire chiaramente ai cittadini europei quanto pericolosa sia la strada dell'uscita dall'Europa. L'impatto di Brexit sull'economia inglese è negativo, i rischi per la disoccupazione sono elevati e il messaggio ovvio è che uscire dalla Ue fa perdere forza economica. Noi in Europa abbiamo fatto tanto per costruire ponti su ponti per il Regno Unito e non è servito, hanno deciso infine di uscire e adesso si prenderanno tutte le conseguenze della loro decisione.
D. Brexit dovrebbe frenare la deriva del populismo anti-europeista invece questi movimenti e questi partiti in Europa continentale sono in crescita…
R. Questo è un dibattito politico centrale. Dobbiamo dare risposte positive ai cittadini che vengono attratti dall'estremismo. I partiti populisti ed estremisti sanno spiegare con grande facilità tutto quello che detestano ma non sanno fare altrettanto per dire quello che gli piace e che vorrebbero fare. Il PPE non è un partito che fa leva sulla paura e sulla rabbia, questo a noi non ci appartiene. Vogliamo essere visti come il partito delle soluzioni, come il centrodestra italiano, vogliamo mettere sul tavolo risposte concrete allo scontento dei cittadini.
D. Il 2019 è un anno di elezioni e di grandi cambiamenti: Poco dopo Brexit e l'uscita del Regno Unito dalla Ue, a maggio si vota l'Europarlamento, poi in autunno vanno nominati i commissari e a novembre c'è l'elezione del presidente del Consiglio, Donald Tusk scade: che accadrà e che ruolo giocherà il PPE?
R. Sarà un anno decisivo, il 2019, per il futuro dell'Europa. La parola passerà agli elettori. Il PPE porterà avanti la campagna per un controllo più stretto dei nostri confini, del passaporto europeo. Ma l'Europa non può chiudersi: deve costruire nuovi ponti con gli Usa di Trump, con l'America latina, l'Asia, perché dobbiamo vendere i nostri prodotti nel mondo. Questo è quello in cui crede il PPE, e su questo decideranno i cittadini europei.
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