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Ecco i dazi «selettivi» di Trump. Deroga per Canada e Messico. La Ue chiede di essere esentata

New York - Donald Trump ha firmato il suo “proclama” sui dazi. Circondato da lavoratori del settore siderurgico nella Roosevelt Room della Casa Bianca, Trump ha varato una controversa “tassa” sull'import pari al 25% sull'acciaio e al 10% sull'alluminio. Ma il Presidente ha anche annunciato flessibilita' nei confronti di paesi alleati che siano disposti a trattare, a cominciare da esenzioni per Canada e Messico. Una prospettiva che ha lasciato aperto uno spiraglio per evitare incontrollate crociate protezionistiche e guerre commerciali.

«Saremo molto flessibili», ha fatto sapere Trump. Una flessibilità che si concretizzata in specifiche aperture: a tempo indeterminato verranno esclusi dai dazi il Canada e il Messico, perché impegnati con Washington a rinegoziare l’accordo di libero scambio nordamericano Nafta sul quale il Presidente ha espresso cauto ottimismo. L’Australia, hanno indicato funzionari della Casa Bianca, potrebbe essere a sua volta risparmiata. E intese sono possibili con «altri partner» su soluzioni alternative alla disputa al termine di trattative nei prossimi giorni, settimane e mesi. Trump ha precisato che avrà il potere oltre che di esentare nazioni anche di variare i nuovi dazi sull'import «in più o in meno» a seconda del Paese. Stretti alleati - quindi anche l'Unione Europea - potrebbero in prticolare avere a disposizione esenzioni sulla base di una richiesta basata sui rapporti reciproci e anche sul ruolo di partner strategico. L'entrata in vigore dei dazi è prevista in 15 giorni.

«Le azioni che prendiamo oggi non sono una questione di scelta, ma di necessità per la nostra sicurezza», ha detto davanti ai lavoratori e alle telecamere prima di impugnare la penna per la firma del documento. Trump ha anche sottolineato come la siderurgia americana si sia contratta negli anni accusando il dumping da parte di paesi avversari ma anche amici, imponendo una risposta chiara come promesso durante la sua campagna elettorale.

La Ue preme per essere esentata
Le reazioni non si sono fatte attendere. «Ciò che ha detto Trump - ha dichiarato la commissaria al commercio Cecilia Malmstroem - non è molto chiaro, cercheremo di ottenere più chiarezza e seriamo di poter ottenere la conferma che la Ue sarà esentata». «Questo è protezionismo ed è un affronto a partner stretti, la Ue e la Germania, e al libero commercio», ha aggiunto il ministro dell'Economia tedesco, Brigitte Zypries. Anche la Francia ha «deplorato» l’inizitiva americana e chiesto una reazione collettiva a livello europeo. Mentre il vice presidente della Commissione Ue Jyrki Katainen ha preannunciato delle contromisure, nella speranza di «non doverle usare». «Se si avverasse il peggior
scenario possibile siamo pronti a portare gli Usa alla Wto».

«Siamo allarmati dall'aumento dei dazi doganali su alcuni prodotti» ha concluso la cancelliera tedesca Angela Merkel in una conferenza stampa a Monaco di Baviera, sostenendo «sempre il dialogo» per evitare una guerra commerciale perché «nessuno la vincerà».

Confusione sulle reali intenzioni di Trump
La tensione, che ha regnato per l'intera giornata, rischia tuttavia di perdurare ancora dopo l'ultimo annuncio, di fronte alla continua e caotica evoluzione della svolta di politica commerciale dell'amministrazione che ora sin protrarrà probabilmente in ulteriori, complessi colloqui all'ombra dei dazi. Trump, incontrando i suoi ministri sotto le telecamere fin dalla mattinata, oltre a parlare di flessibilità non ha mancato di rifilare stoccate all'Europa, non solo sul commercio. Ha accusato paesi Nato di non pagare il dovuto puntando l'indice contro la Germania - e la sua spesa militare pari all'1% del Gdp contro il 4% di Washington - per una difesa comune che «avvantaggia più l’Europa» degli Stati Uniti. Un suo tweet ha inoltre ribadito che «dobbiamo proteggere e costruire la nostra industria dell'acciaio e dell'alluminio mentre mostriamo gran cooperazione nei confronti dei nostri autentici amici, nel commercio e sul fronte militare».

Il funzionario dell’ala nazionalista e populista della Casa Bianca assurto a zar commerciale, Peter Navarro, ha precisato che le esenzioni avranno un prezzo. «C’è l'opportunità per Canada e Messico di rinegoziare con successo il Nafta, ma se questo non accadrà i dazi verranno imposti». La tattica di esenzioni temporanee e in cambio di concessioni ad hoc potrebbe però creare a sua volta problemi. Premia intese bilaterali indebolendo un sistema multilaterale inviso a Trump ma che Washington ha finora guidato, ancorando l'economia globale. E presta il fianco a ricorsi contro le stesse ragioni di «sicurezza nazionale» addotte dall'amministrazione per l'intero intervento sui dazi.

Il disagio al cospetto delle incognite sui dazi ha permeato tanto la politica quanto la Corporate America. Produttori di acciaio e alluminio quali US Stees e Century Aluminum hanno promesso mille assunzioni ampliare in Illinois e in Kentucky. Piccole imprese manifatturiere di componentistica come grandi società che usano i metalli, dall'aerospazio al packaging, hanno al contrario denunciato danni. Quasi 30mila imprese consumano acciaio e alluminio contro le 1.500 che lo producono. E la Trade Partnership Worldwide ha stimato che se i dazi potrebbero creare 33.500 impieghi nella siderurgia distruggeranno altrove 179.300 posti di lavoro senza contare il costo di escalation di ritorsioni.
Le divisioni hanno spaccato il partito repubblicano del presidente, abituato ad ambiziose strategie di libero scambio oggi assenti anche quando con Ronald Reagan o George W. Bush a volte perseguiva mirati provvedimenti protezionistici. Ben 107 deputati conservatori hanno scritto a Trump per scongiurare «ampi dazi» con «conseguenze indesiderate per economia e lavoratori».

Numerose associazioni imprenditoriali e donatori repubblicani sono scesi in campo per invitare alla moderazione. Perché le sfide sul commercio non finiscono qui: con Pechino entro l'estate potrebbe esplodere una controversia sulla proprietà intellettuale. Navarro ha il dente avvelenato: nei suoi scritti ha apostrofato la Cina come paese «assassino». Propri a Pechino la Casa Bianca ha consegnato in queste ore la richiesta di un piano di ridurre di cento miliardi di dollari il deficit commerciale bilaterale ai danni degli Stati Uniti. Ieri Trump aveva erroneamente anticipato quel piano parlando di una richiesta da un miliardo.

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