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il confronto internazionale

Paura e scontento, così l’Italia si allinea al trend populista europeo

Il leader della Lega Matteo Salvini con Marine Le Pen, presidente del Front National
Il leader della Lega Matteo Salvini con Marine Le Pen, presidente del Front National

L’Italia del dopo voto che spaventa l’Europa è un Paese che, a ben guardare, non fa altro che adeguarsi al trend politico di quella stessa Europa, segnata dall’inesorabile avanzata dei movimenti populisti e anti-sistema. Con alcune peculiarità – dal sistema elettorale alla presenza di un partito di difficile collocazione nel tradizionale spettro politico, come il Movimento 5 Stelle – che rendono il rebus della formazione del nuovo governo più intricato che altrove.

Ritorno nell’alveo europeo
Riccardo Brizzi, professore di Storia contemporanea al Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna, è un osservatore attento del quadro politico europeo. L’anno scorso ha pubblicato con Marc Lazar il volume “La Francia di Macron”, incentrato sul Paese che è diventato un po’ l’emblema della “resistenza” ai populismi. «L’Italia – osserva - scontava negli ultimi anni due anomalie rispetto al panorama europeo: da un lato un centrosinistra molto più solido rispetto ad altri Paesi (il Pd almeno fino al 2016 ha registrato un periodo di relativo successo elettorale e stava molto meglio dell’Spd tedesco, del Partito socialista francese e del Psoe spagnolo ), dall’altro l’assenza di un’estrema destra elettoralmente competitiva. Il voto del 4 marzo la riporta nell’alveo europeo, caratterizzato dalla crisi della sinistra socialdemocratica e da un centrodestra solido e non più a trazione moderata».

A testimonianza del trend comune, con i tradizionali partiti di governo che perdono appeal e le forze anti-sistema che guadagnano consensi, Brizzi cita alcuni casi emblematici: la Germania, dove nel 2005 Cdu-Csu e Spd insieme raccoglievano il 70% dei voti e oggi si attestano poco oltre il 50%, la Francia, dove nel 2007 e nel 2012 socialisti e gollisti erano al 57-56% contro il 26% attuale, o ancora la Spagna e l’Olanda. In Italia, analogamente, nel 2008 Forza Italia e Pd superavano il 70% dei consensi mentre oggi sono al 33 per cento.

Le peculiarità italiane

Quello che ci differenzia dalle maggiori democrazie occidentali, secondo Brizzi, è prima di tutto un sistema istituzionale diverso. «Alcuni Paesi hanno una sorta di anticorpi all’ascesa dei movimenti antisistema: è il caso per esempio del sistema elettorale francese, con il maggioritario a doppio turno usato nelle elezioni legislative. E anche se guardiamo al primo turno delle presidenziali, la percentuale di partiti anti-establishment (di destra e di sinistra) era molto vicina a quella italiana, poi c’è stata una convergenza delle forze pro-sistema su Macron, candidato peraltro di rottura rispetto a una catalogazione tradizionale destra-sinistra».

A ben guardare, con sistemi elettorali diversi, è lo stesso “cordone sanitario” che in Germania ha riportato in auge la Grande Coalizione, emarginando la destra di AfD, terza nei consensi; oppure, in Olanda, la coalizione multipartitica guidata dai liberal-conservatori di Mark Rutte, escludendo il Partito per la libertà di Geert Wilders, arrivato secondo alle Politiche del 2017.

La seconda importante peculiarità italiana è l’affermazione del Movimento 5 Stelle. «È un caso di studio anomalo – sottolinea ancora Brizzi - che ha raggiunto percentuali di consenso che non sono paragonabili agli altri partiti populisti dei maggior Paesi europei e non ha assunto un connotato di destra, come è avvenuto quasi ovunque (con l’eccezione rilevante di Podemos in Spagna). Il simbolo di questa connotazione sfuggente è la difficoltà del M5S a trovare una collocazione europea».

Movimenti “contro” ai raggi X
Per sistematizzare il più possibile una galassia di partiti spesso accomunati nella definizione un po’ generica di populismi, oltre a collocarli nello spettro politico abbiamo provato a schematizzare la loro posizione su alcuni parametri chiave: immigrazione islamica, euroscetticismo, aumento della spesa sociale (non la spesa pubblica, ma quella destinata al Welfare), rottura con l’establishment politico.

IL CONFRONTO INTERNAZIONALE
Analogie e differenze tra partiti populisti e anti-sistema in Europa su alcune posizioni chiave (Fonte: elaborazione del Sole 24 Ore su dati Statista.com)

Ne deriva un panorama variegato, dove spicca però – con l’eccezione (peraltro solo parziale) dei due movimenti di sinistra scelti per il confronto, Syriza e Podemos – una convergenza unanime sull’ostilità, o perlomeno lo scetticismo, verso l’Europa, che vede allineati anche Lega e Movimento 5 Stelle.
Riccardo Brizzi delimita un po’ di più il campo: «I populismi europei – spiega - oggi vengono categorizzati attorno a tre dinamiche: l’anti-politica, ossia l’attacco sferrato alla crisi di rappresentanza dei partiti che avrebbero tradito i popoli; la globalizzazione (con un doppio versante: immigrazione, osteggiata soprattutto dai movimenti di destra, banche e poteri forti, nel mirino dei partiti di sinistra); l’anti-europeismo, ossia la lotta contro la tecnocrazia che pure tradirebbe i popoli europei».

Imprenditori della paura e dello scontento

Uscendo dai modelli e dagli schemi diventa interessante cogliere le declinazioni che ne hanno fatto in occasione del voto i due partiti italiani. «La Lega – osserva ancora Brizzi - è un classico partito populista di destra, simile al Front National in Francia o ad AfD in Germania: sono i cosiddetti “imprenditori della paura”, quelli che fanno leva sui timori dell’elettorato dettati dalla globalizzazione e dall’immigrazione, e pescano nel bacino dei cosiddetti “perdenti culturali” della globalizzazione, le persone che sono spaventate dai fenomeni con cui ci dobbiamo confrontare oggi. Il M5S non cavalca le stesse paure della Lega, loro sono piuttosto “imprenditori dello scontento”; uno scontento ovviamente verso i partiti tradizionali: i loro elettori non sono i perdenti culturali della globalizzazione, piuttosto i perdenti economici».

Una dinamica, quest’ultima, ben visibile analizzando i risultati del voto italiano: il 50% dei disoccupati dice di aver votato per i Cinquestelle, certamente influenzato anche dall’inserimento nel programma pentastellato del reddito di cittadinanza, e la carta geografica della disoccupazione nel Paese si sovrappone quasi a quella dei consensi per il Movimento.

L’Europa matrigna
Tra Lega e M5S ci sono dunque sovrapposizioni ma anche differenze. I due partiti però convergono sull’atteggiamento di ostilità nei confronti dell’establishment europeo, sebbene entrambi – in particolare il M5S – abbiano sfumato i toni nel periodo immediatamente precedente al voto. Ma perché l’euroscetticismo è una sorta di denominatore comune di quasi tutti i movimenti populisti? Riccardo Brizzi prova a inquadrare il fenomeno in una prospettiva storica. «Con gli anni 90 – nota – si sono aperti nuovi spazi politici, perché prima era la Guerra fredda che definiva il campo di gioco delle contese politiche nazionali e l’Europa godeva di una legittimazione storica – la riconciliazione franco-tedesca – e militare –l’ombrello protettivo della Nato; dopo, la Ue – che nel frattempo aveva accelerato la sua integrazione economica, accentuando il malcontento o l’insofferenza - è dovuta entrare nelle dinamiche nazionali ed è diventata il principale luogo di confronto politico via via che sfumavano le tradizionali contrapposizioni ideologiche tra destra e sinistra».

Questa Europa fa oggi i conti con l’incognita politica italiana. E il paradosso è che – come osserva ancora Brizzi – «alla vigilia dell’anno scorso l’Italia guardava con preoccupazione alle scadenze elettorali europee e ora che in Olanda, Francia e Germania la minaccia populista è stata scongiurata, o quantomeno frenata, è l’Europa che guarda con preoccupazione all’Italia».

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