DAL NOSTRO INVIATO
MOSCA - Come voi, ma senza di voi. Aleksandr Baunov, analista del Carnegie Moscow Center, aveva interpretato così il discorso di Vladimir Putin alle Camere riunite, il 1° marzo scorso. Il presidente russo aveva iniziato auspicando una Russia moderna e high-tech, ma poi aveva cambiato bruscamente tono illustrando una nuova generazione di missili e di sistemi di difesa, senza affatto nascondere contro chi li stava rivolgendo. Questa, secondo Baunov, è la Russia che Putin si propone di creare nel mandato che andrà a conquistarsi domenica: «Non intende né ricreare l'Urss, né diventare parte dell'Occidente. L'ambizione è piuttosto costruire un “Occidente” economico e tecnologico all'interno della Russia, senza però occidentalizzarsi all'esterno. Offrendo ai cittadini uno stile di vita e un'esistenza simile, ma all'interno di un guscio assolutamente sovrano». Come una matrioska che all'interno è digitale e trendy, e all'esterno si mostra in uniforme militare.
Lo scontro con la Gran Bretagna nato dall'attacco a Serghej Skripal a Salisbury, in cui è stato usato un gas nervino rarissimo chiamato Novichok, sembra confermare la tesi di Baunov di due mondi sempre più lontani: questa è l'ultima di una lunga serie di crisi che stanno perpetuando il confronto tra Russia e Occidente. E prima ancora che il Cremlino rispondesse all'espulsione di 23 diplomatici annunciata mercoledì da Londra - che si riserva di adottare altre misure in base al proseguimento delle indagini sull'avvelenamento dell'ex agente dei servizi russi - ieri Washington ha aperto un nuovo fronte, aggiungendo alla lista dei soggetti russi sanzionati 19 persone e 5 organismi sospettati di essere coinvolti nel Russiagate, i cyberattacchi e le interferenze nella campagna elettorale americana del 2016 a favore di Donald Trump.
Il governo americano punta direttamente il dito contro il governo russo per il Russiagate, preannuncia nuove misure contro politici e oligarchi russi, senza fare ancora il nome di Putin. Però gli attacchi informatici russi, accusano per la prima volta gli Stati Uniti, hanno preso di mira i sistemi energetico, nucleare e aeronautico Usa, un serio campanello d'allarme per la sicurezza nazionale. Nella lista nera dei “sanzionati” ora appaiono i 13 cittadini russi e le tre imprese (tra cui la famosa “fabbrica dei troll” di San Pietroburgo) incriminati da Robert Mueller, il consigliere speciale che conduce l'inchiesta sul Russiagate, ma anche l'Fsb erede del Kgb e il Gru, l'intelligence militare di cui un tempo faceva parte proprio l'agente Skripal prima di congedarsi, essere condannato per alto tradimento e poi esiliato in Gran Bretagna.
Ora il Cremlino risponderà a entrambi, a Londra e a Washington, sfruttando sicuramente l'idea di un Paese circondato da forze ostili per rafforzare il consenso verso il presidente e per “incoraggiare” l'affluenza al voto di domenica, la vera incognita delle elezioni. La decisione finale sulle ritorsioni russe, si è premurato di ricordare il portavoce Dmitrij Peskov, spetta a Vladimir Putin, che non impiegherà molto a esprimersi. Anche se nell'attesa il presidente guarda più lontano e vola letteralmente al di sopra di tutto questo, annunciando una missione sulla Luna e poi su Marte. La Russia tecnologicamente avanzata di cui parlava il 1° marzo.
Da terra, il ministro degli Esteri Serghej Lavrov ha avvertito che la risposta russa alle espulsioni da Londra verrà comunicata alle autorità britanniche prima che ai media, «perché è così che si comportano i gentiluomini». Diplomazia non corrisposta dal collega inglese Boris Johnson, che ha rincarato la dose affermando che quello che è capitato a Serghej Skripal e alla figlia Yulia «è il modo con cui la Russia mostra cosa succede a chi si mette contro il regime». Secondo Johnson, in ogni caso, la colpevolezza dei russi è evidente, poiché soltanto Mosca aveva accesso all'agente chimico usato, oltre ad avere una ragione per colpire Skripal. Il quale infatti avrebbe continuato a lavorare per i servizi britannici anche dopo lo scambio con dieci agenti smascherati negli Stati Uniti, nel 2010. Negli anni 90, quando a capo dell'Fsb era proprio Putin, Skripal aveva consegnato all'MI6 britannico le identità di decine di agenti russi.
Le decisioni americane, non coordinate con Londra, scontentano chi avrebbe voluto risposte più dure contro gli interessi economici russi, come il sequestro dei beni degli alti funzionari del regime. E lo stesso vale per la risposta di Londra al caso Skripal, che nelle aspettative dei giorni scorsi avrebbe potuto includere un taglio alle importazioni di gas dalla Russia. Ma intanto, dopo una prima reazione in ordine sparso, Francia e Germania si sono unite a Stati Uniti e Gran Bretagna per chiedere insieme spiegazioni che ancora da Mosca non vengono: come è arrivato a Salisbury un agente tossico che ha avuto origine nei laboratorio militari sovietici? «Chiediamo alla Russia di affrontare tutti gli interrogativi relativi all'attacco», scrivono Trump, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron e la premier britannica Theresa May, ieri a Salisbury in ospedale in visita al poliziotto rimasto coinvolto nell'attacco. Da parte sua Palazzo Chigi fa sapere che oggi il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni parlerà al telefono con Theresa May, così come ha fatto ieri il ministro Angelino Alfano esprimendo la «forte solidarietà» del governo italiano «al governo e al popolo britannico».
L'utilizzo del gas Novichok, ricordano i quattro leader, viola la Convenzione sulle armi chimiche, oltre che le leggi internazionali.
Ed è all'Organizzazione per la prevenzione delle armi chimiche che Londra, ha detto Boris Johnson, manderà un campione del gas nervino che ha avvelenato Skripal, per averne una valutazione indipendente.
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