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L’Olanda «orfana» di Londra diventa il campione europeo del liberismo (e dell’austerità di bilancio)

(Afp)
(Afp)

C’è un attore sempre più protagonista nell’Europa alla ricerca di rilancio, tra la perdita di un membro storico, seppur problematico, come la Gran Bretagna e le rinnovate ambizioni dell’asse franco-tedesco, tradizionale motore dell’integrazione. È l’Olanda di Mark Rutte, per la terza volta consecutiva premier di un Paese che, oltre alla solidità economica (Moody’s pochi giorni fa le ha confermato la tripla A con outlook stabile), sembra aver ritrovato anche la stabilità politica, con il varo, dopo oltre 200 giorni, di un nuovo governo di centrodestra.

La nuova Lega Anseatica

All’inizio di marzo il ministro delle Finanze olandese, insieme a quelli di altri sette Paesi (Nordici, Baltici e Irlanda), ha firmato una lettera che espone una visione condivisa sulla riforma dell’Eurozona in cantiere, sia nel metodo - il dibattito deve avvenire in un “formato inclusivo”, coinvolgendo tutti gli Stati membri - che nel merito, con un secco no a ulteriori trasferimenti di competenze a livello europeo e un invito a concentrarsi, piuttosto, sulle riforme strutturali interne e le responsabilità nazionali. Unica apertura nei confronti delle modifiche fin qui ipotizzate all’architettura istituzionale è la creazione di un Fondo monetario europeo, ma solo per dare agli stati “azionisti” più poteri di controllo e monitoraggio dopo l’erogazione di finanziamenti.

È una visione che Rutte sta ripetendo in diverse interviste concesse ad autorevoli quotidiani europei. Secondo Maria Demertzis, vicedirettrice del think tank Bruegel con un background alla Commissione europea e alla Banca centrale olandese, all’origine di questo attivismo, che fa uscire i Paesi Bassi dal tradizionale cono d’ombra della Germania, c’è Brexit. «Con l’uscita del Regno Unito dalla Ue – spiega – l’Olanda perde un alleato molto importante. Se infatti è innegabile l’allineamento alle scelte politiche della Germania, in termini di mentalità, business e apertura gli olandesi sono molto più anglosassoni dei tedeschi e sono più inclini a guardare a Ovest che a Est. Inoltre, con Brexit, l’Unione europea perde la terza maggiore forza, non c’è più un contrappeso all’asse franco-tedesco. In questo riassestamento degli equilibri gli olandesi vogliono continuare a dire la loro».

I contraccolpi di Brexit...

È una situazione in cui il 51enne Rutte sembra candidarsi al ruolo di nuovo campione del liberismo economico in Europa. E già alcuni commentatori, a proposito del fronte nordico firmatario della lettera sulle riforme, rispolverano la Lega Anseatica, con riferimento all’alleanza commerciale tra città dell’Europa settentrionale e del Baltico che dominò il commercio (e in parte anche la vita politica) tra il tardo Medioevo e il XVI secolo; un’alleanza nata proprio per difendere gli interessi, soprattutto commerciali, dei suoi membri. Maria Demertzis è però cauta nell’attribuire al documento degli otto ministri una valenza troppo ampia, con l’Olanda Paese guida: «Si tratta di un’iniziativa: sentivano che c’era bisogno di far sentire la propria voce sul progetto franco tedesco. Difficile dire come evolverà».

Brexit per l’Olanda non è, naturalmente, solo un problema di pesi e contrappesi politici nella Ue. La principale sfida è l’impatto sull’economia del Paese, che ha ripreso a viaggiare a ritmi di crescita del 3%, grazie anche al tradizionale motore dell’export. E l’8% delle esportazioni olandesi è destinato al Regno Unito, da cui arriva anche l’11% delle importazioni, secondo un recente studio di Rabobank che prova tuttavia a schematizzare non solo i rischi ma anche le opportunità che l’uscita di Londra dal mercato comune apre per L’Aja. Tra queste, la possibilità per alcune aziende olandesi di rimpiazzare quelle britanniche come fornitrici di prodotti e servizi alla Ue; o ancora un incremento dell’attrattività del Paese, già tra i più competitivi al mondo e sempre più porta dell’Europa, anche grazie a un asset come il Porto di Rotterdam, maggiore del continente, e a un’efficiente rete di infrastrutture.

...e le opportunità

Qualche opportunità l’Olanda a dire il vero l’ha già colta: la sede dell’Agenzia europea del farmaco, che sarà trasferita da Londra ad Amsterdam, il quartier generale del colosso anglo-olandese Unilever, spostato a Rotterdam. Per la vicedirettrice del Bruegel si tratta tuttavia di «piccole cose» a fronte degli svantaggi generalizzati di Brexit che, a meno di un buon accordo di partenariato, «sarà economicamente dannoso per tutti e l’Olanda, che ha forti legami con il Regno Unito, sarà uno dei primi Paesi che ne soffriranno». Rutte cerca di mediare e spinge per una soft Brexit, ma intanto guarda avanti. E manda un messaggio alle imprese che, preoccupate dell’incertezza legata al divorzio dalla Ue, volessero seguire le orme di Unilever: «Noi - ha dichiarato al Financial Times – siamo aperti al business».

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