Oggi 21 maggio il segretario al tesoro Usa Steven Mnuchin ha confermato la sospensione dei dazi sui mercati americani e cinesi all'indomani dell'annuncio dell'accordo di principio tra i due Paesi per ridurre il deficit commerciale americano. «Abbiamo trovato un accordo quadro» ha spiegato alla Fox, evocando un'intesa per «sospendere i dazi» durante la sua messa a punto. Se però la Cina non rispetterà i suoi impegni, ha ammonito, il presidente «potrà sempre decidere di rimettere in opera» i dazi. L’articolo di seguito pubblicato ieri sera spiega i progressi che hanno portato all’annuncio di oggi.
New York - Il tentativo di disgelo commerciale tra Stati Uniti e Cina passa per un accordo con poche cifre e molte promesse: Pechino, dopo giorni di trattative tra delegazioni ai massimi livelli a Washington, ha acconsentito a nuovi impegni per l'acquisto di beni e servizi “made in Usa”. Ancora elusivo, però, l'obiettivo dell'amministrazione di Donald Trump di più che dimezzare il deficit bilaterale nell'interscambio, tagliandolo di 200 miliardi di dollari l'anno da oltre 370 miliardi. Voci di un immediato sì cinese a simili nuove importazioni entro il 2020, ritenute impossibili dagli stessi analisti, sono state smentite da Pechino.
A chiusura del round di colloqui, una dichiarazione congiunta sino-americana ha affermato ieri sera che i due paesi concordano sulla necessità di «misure efficaci per ridurre significativamente il disavanzo degli Stati Uniti in beni con la Cina» e che a questo fine la Cina «aumenterà siginificativamente gli acquisti di beni e servizi statunitensi». Due settori vengono menzionati in particolare: agricoltura e energia. Gli Usa invieranno una squadra in Cina per «definire i dettagli». Il nuovo capo-consigliere economico Larry Kudlow, ha separatamente menzionato anche i servizi finanziari.
Questi passi potrebbero trasformarsi in segnali di progressi a venire in una partita ancora complessa e tesa. La Casa Bianca mantiene aperta la minaccia di dazi su 150 miliardi di importazioni dalla Cina per violazioni di proprietà intellettuale e furti di tecnologia che potrebbero scatenare escalation di rappresaglie. Ieri le parti si sono limitate a far sapere che su questo «rafforzeranno la cooperazione» nell'ambito di un «approccio attivo per cercare di risolvere le loro prepccupazioni economiche e commerciali».
Altri concreti passi verso un allentamento della crisi sono avvenuti in occasione del round negoziale. Ultimo la fine di un'indagine anti-dumping di Pechino sul sorgo statunitense, che lo aveva messo al bando da un mercato che l'anno scorso aveva assorbito un miliardi di dollari del raccolto. La Casa Bianca si è da parte sua mossa per riabilitare il gigante delle telecomunicazioni cinese Zte, accusato di violazione di sanzioni e di minacciare la sicurezza nazionale, proprio in cambio di aperture sull'agricoltura. Mentre ancora le authority cinesi hanno sbloccato l'acquisizione da 18 miliardi dei chip di memoria di Toshiba da parte del fondo Usa Bain Capital e considereranno un via libera alla fusione tra l'americana Qualcomm e Nxp.
La Casa Bianca, durante il round negoziale, ha messo in chiaro le sue priorità: tra queste spicca il taglio di almeno 200 miliardi entro il 2020 del deficit commerciale bilaterale. Un'intesa iniziale su una lista di prodotti “made in Usa” dei quali la Cina aumenterebbe gli acquisti quale gesto di progresso si è tuttavia fatta strada. Ma far decollare - e ancor più ampliare - un simile accordo rimane un obiettivo difficile, anche per ragioni strettamente economiche e non politiche: funzionari statunitensi, oltre a numerosi esperti, ritengono che gli Stati Uniti, ormai vicini ai massimi dell'utilizzo della capacità produttiva, potrebbero al più offrire per l'export in Cina altri 50 o 60 miliardi, dall'agricoltura alla tecnologia, nei prossimi due anni.
A dimostrazione dell'alta posta in gioco, il presidente Donald Trump ha visto di persona fin da giovedì il capo-delegazione cinese, il vice-premier Liu He. Una posta che va anche al di là del commercio. Pechino vanta forte influenza sulla Corea del Nord, alla vigilia del delicato e storico summit di denuclearizazione con gli Stati Uniti del 12 giugno a Singapore. Nei giorni scorsi Pyongyang ha sollevato dubbi sul vertice ed è emerso che la Casa Bianca, per evitare la riapertura di crisi, ha accettato di cancellare esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud su richiesta di Seul.
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