NEW YORK - La Federal Reserve ha alzato i tassi d'interesse, rispondendo con la seconda stretta dell'anno alla continua e rafforzata marcia dell'economia americana. La Fed, nel portare all'unanimità il costo del denaro al livello di 1,75%-2% con una mossa di un quarto di punto, non ha evidenziato preoccupazione per le nuove incognite sul palcoscenico globale, dalle tensioni in Europa e sui mercati emergenti ai conflitti commerciali.
Ha invece segnalato, sfoggiando ottimismo sulla crescita degli Stati Uniti, l'intenzione di accelerare in futuro gli interventi al rialzo. Per l'intero 2018 la maggioranza del vertice della Banca centrale, otto esponenti su 15, prevede adesso un totale di quattro strette rispetto alle tre attese finora: il cambiamento fa presagire ulteriori rialzi dei tassi interbancari agli appuntamenti con i vertici Fomc di settembre e dicembre.
«L'economia sta facendo molto bene», ha detto il chairman Jerome Powell al termine di due giorni di riunione dove ha anche annunciato che da gennaio raddoppierà le conferenze stampa annuali da quattro a otto, una ogni vertice. Powell ha aggiunto di non vedere al momento un impatto «nei dati» degli scontri sull'interscambio. E ha dichiarato fiducia all'economia nonostante lo scetticismo sull'efficacia degli stimoli in arrivo dalla politica fiscale.
La Fed ha emesso un comunicato molto più breve del solito, ridotto a una sola pagina e semplificato dall'eliminazione di interi paragrafi. Ha significativamente abbandonato il riferimento al continuo monitoraggio dell'inflazione e una “forward guidance” che indicava come i tassi «probabilmente, per un certo tempo, rimarranno sotto i livelli prevalenti nel lungo periodo» - vale sotto la neutralità. Quella formulazione era stata adottata quattro anni or sono per sostenere la crescita.
I governatori descrivono oggi una crescita che procede a «passo solido», espressione nettamente migliorata rispetto all'aggettivo “moderato” scelto in precedenza. I rischi per l'outlook sono descritti come «sostanzialmente equilibrati». Nel delineare il cammino dei tassi, i pronostici sono passati al 2,4% dal 2,1% per fine 2018. Altri tre rialzi sono attesi nel 2019, portando il totale dei due anni ad almeno sette da sei. E almeno uno nel 2020.
La Fed stessa calcola adesso un Pil al 2,8% anziché al 2,7% per quest'anno e una disoccupazione in calo al 3,6% nel 2018 e al 3,5% nel 2029 rispetto al 3,8 e al 3,6. Stando alle ultime statistiche, in maggio i senza lavoro americani sono già scivolati ai livelli minimi da 18 anni del 3,8% e le offerte di impiego hanno ormai superato il numero di lavoratori attivamente disponibili per la prima volta in vent'anni. L'inflazione, da parte sua, è lievitata nei pressi della soglia ideale citata dalla Banca centrale del 2% dopo protratta debolezza. Mentre il Pil, secondo alcuni analisti, nel secondo trimestre sta marciando addirittura ad un passo del 3,5%-4%, quasi doppio rispetto al 2,2% registrato nei primi tre mesi dell'anno. Lo sforzo della Fed, in questo clima, appare anzitutto quello di calibrare interventi graduali verso l'obiettivo di arrivare a tassi neutrali, che la maggioranza degli esponenti della Banca centrale ha identificato in una fascia fino a circa il 3,5 per cento.
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