Dal summit informale sui migranti che si è svolto domenica, a Bruxelles, sono uscite due certezze. La prima è che tutti i leader seduti al tavolo concordano, almeno ufficialmente, sul fatto che i flussi «devono essere gestiti a livello comunitario».
La seconda è che nessuno ha capito ancora come. In vista del vertice del 28-29 giugno, ritenuto cruciale per la sopravvivenza del sistema Schengen, la Commissione (il motore legislativo della Ue) ha inviato al Consiglio europeo (l’organismo che si riunirà giovedì e venerdì) una serie di emendamenti per le conclusioni finali dell’incontro. Cioè la posizione che dovrebbe essere condivisa dai leader dopo la due giorni, sempre che si arrivi davvero un’intesa. Il Sole 24 Ore ha visionato una bozza parziale del testo del Consiglio risalente ad oggi, già integrata dalle correzione della Commissione.
«Saremo a fianco dell’Italia».
Il Consiglio ribadisce la «essenzialità» di controlli congiunti alla frontiera e cooperazione con i paesi terzi, secondo una schema che avrebbe ridotto del 95% gli attraversamenti illegali della frontiera dai picchi dell’ottobre 2015 ad oggi. I Ventotto (presto Ventisette, con l’uscita della Gran Bretagna) si impegnano a rinforzare le policy per ridurre l’immigrazione illegale e prevenire «i movimento secondari e supportare gli Stati membri sotto pressione». In particolare il Consiglio insiste su «intensificare gli sforzi per fermare il traffico (di essere umani, ndr) fuori dalla Libia» e assicura che «sarà al fianco dell’Italia» in questa direzione, aumentando il sostegno alla Guardia costieria libica. Sullo sfondo, si continuerà a «lavorare con i paesi d’origine e di transito», costruendo «partnership fidate». Nel dettaglio delle rotte, «i partner dei Balcani occidentali» restano fondamentali, mentre sul fronte del Mediterraneo occidentale «l’Unione europea supporterà, finanziariamente o in altra maniera, tutti gli sforzi dei paesi membri e dei paesi di origine e transito, in particolare il Marocco, per impedire l’immigrazione irregolare».
In una versione precedente della bozza, ottenuta sempre dal Sole 24 Ore, si forniva qualche dato in più sugli «sforzi finanziari» in questione: da un lato un investimento da 500 milioni di euro sul cosiddetto Fondo fiduciario per l’Africa (Emergency Trust Fund for Africa, un fondo per agevolare lo sviluppo di 26 paesi africani partner); dall’altro una seconda tranche da 3 miliardi di euro per Facility for refugees in Turkey: un fondo avviato nel 2015 per aiutare Instabul ad «assicurare una risposta comprensiva e coordinata ai bisogni dei rifugiati e delle
comunità ospitanti» (ricordiamo che la Turchia accoglie nei suoi campi oltre 3,5 milioni di profughi dalla guerra in Siria). Nel testo più recente non si menzionano cifre, ma il Consiglio si limita ad «accogliere l’accordo raggiunto sul finanziamento dell’accordo con la Turchia e del Fondo fiduciario per l’Africa».
Piattaforme di sbarco «regionali» e più controlli alla frontiere
Negli scorsi giorni si era parlato dell’ipotesi di centri di smistamento di migranti fuori dalla Ue, rievocando - inevitabilmente - lo scenario di una versione europea di Ellis island (l’isola nei pressi New York dove milioni di migranti vennero esaminati, accolti o respinti dagli States, ndr). Nella bozza visionata dal Sole 24 Ore la proposta, caldeggiata soprattutto dall’Austria di Sebastian Kurz, si traduce nella urgenza di «spezzare il modello di business dei trafficanti, per prevenire la tragica perdita di vite». E questo richiede, si legga nella bozza, «un nuovo approccio agli sbarchi di quello che sono salvati nelle operazioni di Search and rescue». Come? Il Consiglio supporterà «lo sviluppo di un progetto di piattaforme regionali di sbarco, in stretta cooperazione con rilevanti paesi terzi e l’Alto commissariato Onu dei rifugiati e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni». Il loro ruolo sarà quello di «permettere una rapida e sicura “processazione” e distinzione tra migranti economici e quelli che hanno bisogno di protezione».
Quanto all’agenzia europea Frontex, si parla di un rafforzamento «con risorse accresciute e un mandato potenziato». In una bozza circolata in precedenza si entrava più nel dettaglio, prevedendo l’ingresso di 10mila nuovi agenti e un rapporto di collaborazione continuativo con i paesi terzi, tale da permettere alla polizia di frontiera di lavorare direttamente in loco. Quanto al problema dei movimenti secondari, i trasferimenti di migranti da un paese all’altro senza permesso, il Consiglio riconosce che si sta mettendo a repentaglio l’Europa di Schengen ed esorta gli stati membri a «intraprendere tutte le misure amministrative e legislative per contastare questi movimenti e cooperare in maniera ravvicinata per porvi fine». Nel documento precedente si fissava anche un obiettivo ambizioso sul tasso di rimpatri, con un target del 70% entro il 2019. Nell’ultima versione si accenna, genericamente, a «migliorare l’effettivo rimpatrio dei migranti irregolari».
Controdazi sugli Usa e spinta alla Web tax
Sul fronte del programma economico, il Consiglio entra nel vivo di due terreni minati: l’armonizzazione del sistema fiscale e le risposte alla «guerra commerciale» di Trump. Sul primo versante si parla di dare un seguito alla proposta della Commissione sulla «tassazione digitale» e il contrasto alle pratiche elusive messe in atto (o consentite) in alcuni paesi membri. Sul secondo fronte, con chiaro riferimento alla «decisione degli Stati Uniti», il Consiglio «supporta pienamente misure di ribilanciamento, misure di salvaguardia per proteggere i nostri mercati e iniziative legali con la World trade association».
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