I Centri di «protezione e identificazione» che dovrebbero sorgere in nord Africa, dovranno essere «ai confini esterni della Libia». Lo ha precisato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, nella conferenza stampa al Viminale dopo l’incontro con le istituzioni libiche oggi a Tripoli. Sottolineando che «l'Italia chiede la protezione delle frontiere esterne dell'Ue» e , «giustamente, loro chiedono la protezione delle frontiere esterne” libiche.
Intanto, dal ministero dell’Interno è arrivata l’autorizzazione al cargo Alexander
Maersk, fermo da giorni davanti al porto di Pozzallo, di poter attraccare al porto del Ragusano. Lo rende noto il sindaco Roberto Ammatuna sottolineando che «finisce così l'incubo per 110 migranti che ospita a bordo che potranno essere accolti ed assistiti nel migliore dei modi».
E sull’odissea della nave Lifeline - carica di migranti e da giorni in attesa di attraccare - interviene il ministro del Lavoro Luigi Di Maio: spiegando che se Spagna, Francia o Malta non aprono i porti alla nave Lifeline, la farà entrare l'Italia ma poi sarà «sequestrata». La nave batte una «bandiera falsa», ha aggiunto, «una cosa sono i salvataggi in mare, altra cosa è il traghettamento». La necessità di sequestro vede d’accordo anche Salvini, che però oggi ha ribadito: Lifeline «non sarà accolta in un porto italiano».
Salvini a Tripoli
Tra le proposte illustrate da Salvini ai vertici del paese africano c’era infatti quella di costituire hotspot non in Italia ma ai confini sud della Libia, proposta che è stata respinta a stretto giro dal vicepresidente libico Ahmed Maiteeq. E c’è anche l’idea di garantire al paese africano aiuti tecnici ed economici, così da metterlo nelle condizioni di controllare i flussi migratori che dall’Africa e dal Medio Oriente premono per raggiungere la Vecchia Europa. Oggi a Tripoli il responsabile del Viminale ha incontrato il ministro dell’Interno libico Abdulsalam Ashour e il vicepresidente libico Ahmed Maitig. Incontri di importanza strategica, la cui preparazione ha visto il coinvolgimento dell’intelligence e della macchina diplomatica, a cominciare dall’intermediazione dell’ambasciatore italiano nella capitale libica Giuseppe Perrone.
Lifeline: rotta verso la Francia «impossibile»
In parallelo al tema della sicurezza nel rapporto con la Libia, in quanto faccia della stessa medaglia, si sviluppa quello della chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong. Lifeline ha prima comunicato di voler chiedere accoglienza alla Francia, ma nel tardo pomeriggio ha fatto sapere che, viste le cattive condizioni meteo, al momento la rotta verso un porto francese «è impossibile». L'opzione Francia «resta possibile, ma non sarà né per oggi, né domani, né dopodomani», ha spiegato Axel Steier, rappresentante dell’ong che si trova
a Dresda, in Germania, e non a bordo.«Il problema - ha aggiunto Steier- è che abbiamo 234 persone a bordo di un'imbarcazione di 30 metri, vicinissima a un paese sviluppato, e che l'Europa sta a guardare questa gente che deperisce». In una situazione analoga versa la nave cargo Alexander Maersk, con 350 persone a bordo (di cui 110 migranti soccorsi nel Mediterraneo), che in serata ha ottenuto dal ministero dell’Interno l’autorizzazione a sbarcare. In una lettera il Garante dei detenuti ha chiesto informazioni sulle condizioni generali e lo stato di salute delle persone a bordo al Comandante generale della Guardia costiera. «Si trovano di fatto private della libertà personale», ha sottolineato.
Salvini: Ong vanno bloccate, complici traffico
Durante la conferenza stampa al Viminale, Salvini ha spiegato che la Libia «ci ha chiesto di proseguire nel blocco del traffico di esseri umani che vede nelle Ong soggetti, non so se consapevolmente o inconsapevolmente, complici» dei trafficanti. E ha ringraziato la Guardia Costiera libica «per aver salvato nell'ultima settimana 2.500 persone». «Bloccare il business dell'immigrazione clandestina significa bloccare un intervento dannoso e pericoloso di stranieri che procedono senza rispettare qualsivoglia regola», ha aggiunto, annunciando di voler «tornare entro l'estate in Libia per portare gesti di solidarietà concreti».
Lifeline, Salvini: ministro francese è ignorante
E rispondendo a una domanda sulla nave Lifeline (guarda il video), Salvini ha detto che «il ministro francese è ignorante, nel senso che ignora la situazione di questa nave che ha agito ignorando le segnalazioni della guardia costiera italiana e libica: è una nave fuori legge che va sequestrata». «Mi stupisce la cattiveria dei francesi - ha proseguito il titolare degli Interni - sarebbe un bel gesto l'apertura del porto di Marsiglia a questa nave che non si vede perchè deve arrivare in Italia, visto che non ha nulla a che vedere con il nostro paese». Salvini ha quindi ribadito che la Lifeline «non sarà accolta in un porto italiano», mentre dalla nave con 234 migranti a bordo fanno sapere che a causa delle cattive condizioni meteo la rotta verso un porto francese «non è attualmente possibile».
Nuova strategia nei rapporti con la Libia
Il cambio della guardia al Viminale porta con sé anche una nuova strategia nei rapporti con il vicino libico. Nonostante il nuovo ministro dell’Interno abbia più volte ammesso di apprezzare le scelte del suo predecessore Marco Minniti, scelte che hanno permesso di ridurre gli sbarchi dalla Libia a partire dal luglio 2017, ora la linea si affina. A Tripoli Salvini ha ricordato che il paese del Nord Africa «rappresenta un’opportunità di sviluppo. Saremo vicini alle autorità libiche anche con i necessari supporti tecnici ed economici per garantire insieme la sicurezza nel Mediterraneo e rafforzare la cooperazione investigativa e più in generale la collaborazione in tema di sicurezza». Se la logica del sostegno economico ha caratterizzato anche il Minniti compact, ovvero il sistema attuato dall’ex responsabile del Viminale nell’estate del 2017 per arrestare i flussi migratori dalla Libia (a partire dalle risorse stanziate per i progetti delle municipalità locali), nel rapporto con la Guardia costiera libica si delinea un passo ulteriore.
La cooperazione in materia di sicurezza, e quindi nella gestione dei flussi migratori, significa mettere sempre più la Guardia costiera libica nelle condizioni di controllare la sua zona Sar (Search and rescue), sulla falsariga di quanto avvenuto ieri con i sei barconi con un migliaio di migranti a bordo. La Guardia Costiera italiana ha messo già in evidenza che chiunque soccorra migranti nelle acque di competenza libica dovrà rivolgersi a Tripoli per sbarcarli.
Fino a oggi la Guardia costiera italiana è intervenuta anche al di fuori della zona di sua stretta responsabilità, con la Libia a esercitare un ruolo secondario, spesso con l’appoggio della marina militare italiana. L’idea è ora quella di conferire all’interlocutore libico un ruolo più di primo piano, soprattutto dal punto di vista operativo.
Se questo è l’obiettivo, c’è bisogno di fornire ulteriori mezzi e risorse alle locali guardia costiera e Marina, che finora sta impiegando quattro motovedette donate dall’Italia. L’ipotesi sul tavolo è di inviare altre sei imbarcazioni.
C’è un memorandum d’intesa siglato da Roma e Tripoli col precedente Governo Gentiloni. Si tratterà ora di aggiornarlo alla luce delle necessità emergenti e del nuovo orientamento del governo M5S-Lega. Nei giorni scorsi il ministro dell’Interno ha ricordato alcuni punti della vecchia intesa con Gheddafi che prevedeva anche la costruzione della litoranea Tripoli-Bengasi nonché la fornitura di un sistema radar per controllare le estese frontiere desertiche meridionali del Paese, attraversate dai migranti diretti verso le coste.
In parallelo, all’ipotesi francese che propone piattaforme di sbarco in Italia e Spagna, il responsabile del Viminale ha rilanciato con quella di creare «centri di accoglienza posti ai confini a Sud della Libia per evitare che anche Tripoli diventi un imbuto, come Italia». «Dico no ad hotspot in Italia – ha sottolineato il ministro – che non fermerebbero l'immigrazione illegale e costituirebbero un'ulteriore difficoltà per noi e per la Libia».
La soluzione non ha però convinto Maitig. Nella conferenza stampa al termine dell’incontro con il responsabile del governo italiano, il vicepresidente libico ha detto di rifiutare «categoricamente» la soluzione, circolata in ambito europeo anche nel vertice di ieri a Bruxelles, di realizzare «campi per migranti in Libia: non è consentito dalla legge libica».
Finora il progetto di creare centri per esame delle domande di asilo in territorio libico non è mai decollato per la mancanza delle condizioni di sicurezza del Paese. L’area nei pressi dei confini meridionali della Libia è profondamente instabile, territorio sotto il controllo di trafficanti di esseri umani, gruppi terroristi e milizie straniere.
La soluzione prospettata da Salvini e stoppata da Maitig di creare centri hotspot in quelle zone è stata sostenuta in passato anche dal presidente francese Emmanuel Macron. L’ultima volta è stata qualche giorno fa, in occasione del pranzo di lavoro con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, all’Eliseo.
Nei suoi colloqui con le autorità libiche Salvini ha messo in evidenza la necessità di rafforzare i controlli in prossimità delle frontiere del paese africano: «L’Italia - ha ricordato il ministro dell’Interno durante il faccia a faccia con il vicepresidente libico - vuole essere protagonista nei rapporti con la Libia. Già giovedì al vertice europeo il Governo sosterrà la necessità di proteggere le frontiere esterne al sud della Libia, perchè non siano solo Libia ed Italia a sostenere i costi economici e sociali di questa migrazione».
Il processo di stabilizzazione della Libia sul piano della sicurezza deve coinvolgere il paese africano. «Nella prima metà di settembre - ha annunciato il vicepremier italiano - terremo una conferenza sull’immigrazione illegale con la visione italiana e libica. Ci faremo promotori in sede europea di tenere questa conferenza in Libia, perché i problemi devono essere affrontati e risolti in Libia non in altre capitali europee».
Dietro a queste parole, il tentativo di arginare le iniziative francesi sulla Libia: negli ultimi mesi il presidente Macron ha promosso occasioni di dialogo con i principali interlocutori libici, di fatto scalzando l’Italia che da sempre ha un rapporto stretto con il popolo libico. Il risultato è stato un aumento delle distanze tra Roma e Parigi, distanze che negli ultimi giorni sono diventate ancora più consistenti.
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