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Google fa lobby contro la nuova direttiva europea sul copyright

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critiche contro l’azienda

Google fa lobby contro la nuova direttiva europea sul copyright

Google critica la direttiva europea sul copyright che settimana prossima sarà votata dall’Europarlamento. E sua volta finisce sotto attacco per il modo in cui esprime il suo disappunto. Il Financial Times rivela che l’azienda californiana ha mandato una mail ai componenti della Digital News Iniziative chiedendo sostanzialmente di fare lobby contro la riforma. Il Dni è un programma che prevede supporto per il giornalismo digitale, con grant fino a 150 milioni di dollari, finanziato da Google con editori di tutto il mondo.

Google chiede di scrivere agli europarlamentari
Nella mail visionata dal quotidiano inglese, Madhav Chinnappa, direttore di Google per le relazioni strategiche, scrive che il tempo stringe e, linkando una directory di membri del parlamento europeo, chiede «se siete molto sensibili a questo aspetto, prendete in considerazione l’idea di scrivere». Il Financial Times ha raccolto diverse voci critiche nei confronti di quello che viene considerato un eccessivo interventismo da parte di Google, che non è certo soggetto disinteressato. L’azienda risponde di aver solo risposto a una sollecitazione e che «abbiamo già detto che innovazione e partnership sono il modo migliore per sostenere l’ecosistema informativo - editori e lettori, non la proposta legislativa».

Cos’è la link tax
La nuova normativa è un aggiornamento della direttiva sul copyright scritta nel 2015 per la prima volta ed è sostenuta da produttori di contenuti, ovvero gli editori, che spingono per una diversa remunerazione delle loro opere, e contrastata da chi invece vede il rischio che internet sia meno libera. In particolare tra le proposte c’è l’estensione delle licenze anche agli “snippets” di contenuti: ovvero non solo l’articolo ma anche titolo, sommario e altri elementi che in genere vengono utilizzati per introdurre il link su cui clicca l’utente. È quello che succede, per esempio, su Google News e Twitter. Per questo i critici, tra cui il governo italiano, parlano di “link tax”.

L’altro aspetto critico - che in realtà suscita maggiori preoccupazioni - riguarda l’obbligo per le piattaforme (YouTube, Instagram, ecc.) di prevedere dei filtri capaci di individuare il caricamento di video o immagini protetti dal diritto di autore. Le perplessità sono soprattutto sull’effettiva capacità di realizzare una tecnologia che funzioni bene per i contenuti caricati solo in Euoropa e sul rischio che il filtro possa diventare un filtro alla libera espressione.

La proposta dovrebbe essere votata dal Parlamento europeo in seduta plenaria settimana prossima, poi dal Consiglio dei ministri europei per poi passare nuovamente dal Parlamento.

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