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GUERRE COMMERCIALI

Il grafico che spiega chi ha più da perdere da una guerra commerciale con gli Usa

Chi ha più da perdere da una guerra commerciale con gli Stati Uniti di Donald Trump? Cina o Germania? E l'Italia che cosa rischia? La risposta non è facile perché le variabili in campo sono numerose, ma noi cercheremo di rispondere nel più semplice e intuitivo dei modi: con il grafico a matrice che vedete qui sotto, elaborato da DWS (ex Deutsche Bank Wealth & Asset Management).

Le variabili più importanti per capire quanto una “trade war” può colpire l'economia di una nazione sono infatti due: il grado di dipendenza del Pil dal commercio e la percentuale di esportazioni dirette verso gli Stati Uniti. Entrambe sono state riprodotte nel grafico a matrice, la prima sull'asse delle ascisse (orizzontale) e la seconda su quello delle ordinate (verticale). Nella zona in alto a destra del grafico ci sono i due Paesi che più verrebbero colpiti da una guerra commerciale generalizzata: Messico e Canada, non a caso i due Stati che confinano con gli Usa, dove finisce il 70-80% delle loro esportazioni.

Chi ha più da perdere dalla “trade war” di Trump
Dati in % (Fonti: Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), Deutsche Asset Management Investment)

«Al contrario di quello che sembra credere l'amministrazione Trump, il commercio non è infatti un gioco a somma zero - spiegano gli analisti di AWS - . Cercando di rinegoziare il Nafta (il North American Free Trade Agreement firmato da Stati Uniti, Canada e Messico) e minando la regolamentazione dell'ordine commerciale globale, l'amministrazione Trump sta già seminando molta incertezza. Continuando di questo passo, l'intero Nord America rischia di diventare il grande perdente, specialmente se il resto del mondo continuerà a mantenere l'assetto di libero scambio che a lungo ha permesso agli Stati Uniti di primeggiare».

E l'Europa? Nella zona in basso a destra troviamo campioni del commercio mondiale come la Germania e la Corea del Sud (il cui Pil dipende per oltre il 40% dal commercio internazionale), seguite a distanza da Francia, Gran Bretagna e Italia (con una quota intorno al 30%), e quindi dal gruppo Cina, Giappone e Unione europea nel suo complesso (tra il 15% e il 20%). I primi cinque Paesi in particolare sono grandi esportatori, ma i loro flussi di vendite verso gli Stati Uniti, per quanto considerevoli, non superano il 20% del totale.

Il grafico mostra insomma come una guerra commerciale generalizzata possa avere pesanti conseguenze per tutti, ma che si rivelerebbero particolarmente rovinose per l'economia nordamericana nel suo complesso, che da tempo si regge su una consolidata catena internazionale del valore.

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