LONDRA - Una tegola dopo l’altra sul governo di Theresa May, sempre più in bilico nel suo ruolo a Downing Street. Dopo l’addio di Davis Davis, ministro della Brexit, arriva a tempo di record anche quello di Boris Johnson: il titolare del ministero degli Esteri, fra i più agguerriti artefici del divorzio di Londra con la Ue, ha rassegnato le dimissioni. L’esecutivo ha accolto il suo dietrofront, ringraziando Johnson annunciando che il nome del sostituto sarà «comunicato a breve». La sterlina ha accusato una lieve flessione, rivelando il timore dei mercati che la crisi di governo si faccia sempre più profonda.
Il momento di trionfo di Theresa May è durato poco: venerdì la premier britannica era all’apparenza riuscita a convincere tutti i suoi ministri a sostenere la sua strategia su Brexit. Oggi invece May si trova su un crinale pericoloso, “grazie” a una doppia defezione che ne indebolisce ancora di più la posizione.
Davis ha dato le dimissioni in una lettera alla May ieri sera, spiegando di non poter sostenere una strategia che, secondo lui, fa troppe concessioni all’Unione Europea e sottrae troppi poteri al Parlamento britannico. Johnson lo ha seguito a strettissimo giro, anche se al momento non ha divulgato commenti sulla sua scelta.
«Per me è stata una questione di principio - ha detto stamani Davis. – Sarebbe toccato a me difendere questo progetto e in coscienza non potevo negoziare e promuovere una strategia che secondo me non può funzionare».
Secondo Davis la premier «ha fatto troppe concessioni alla Ue. Temo che ora Bruxelles prenderà tutto quello che offriamo e chiederà ancora di più, perché fanno sempre così. Spero che le mie dimissioni portino a un ripensamento della strategia e sull’allineamento troppo stretto con le regole Ue in futuro».
La May, che stamane avrebbe dovuto illustrare al Parlamento la nuova strategia del Governo nei negoziati con la Ue, ha invece nominato un nuovo ministro responsabile di Brexit: è Dominic Raab, 44 anni un sostenitore di Brexit. Raab, considerato una figura di non grande esperienza, è entrato nel governo dopo il rimpasto di gennaio con la qualifica di ministro dell’Edilizia.
Le dimissioni di una figura chiave nei negoziati, come Davis, indeboliscono l’autorità della May e potrebbero convincere gli euroscettici a tentare di deporla. Davis ha dichiarato stamane di essere “certo che la premier può sopravvivere”, ma di fatto la sua posizione è molto fragile.
Molto dipenderà da cosa deciderà di fare Boris Johnson, ministro degli Esteri e leader degli euroscettici, che non fa mistero della sua ambizione di diventare premier. Durante il fine settimana Johnson ha criticato la strategia della May con il suo solito linguaggio colorito, ma alla fine si è allineato alla richiesta della premier di responsabilità collettiva del Governo.
La May aveva messo in chiaro venerdì che non aveva intenzione di tollerare ribellioni e che chi non era d'accordo con il piano su Brexit poteva dare le dimissioni. Johnson non ha lasciato l'incarico e, come Gove, ha fatto una scelta pragmatica di restare.
Le dimissioni di Davis però potrebbero convincere il fronte pro-Brexit a raggrupparsi e a sferrare l’offensiva. Gli euroscettici hanno detto più volte che secondo loro lasciare la Ue sbattendo la porta, senza un accordo, sarebbe meglio di accettare un'intesa con troppe concessioni, quindi le possibili conseguenze di un’uscita non li preoccupano.
Il fronte pro-Brexit ha un forte sostegno, soprattutto all’interno del partito conservatore, e può contare sulla popolarità di Johnson, ma non ha i numeri in Parlamento per vincere la battaglia. La maggioranza dei deputati è a favore di una Brexit morbida. L’unica speranza degli euroscettici è convincere abbastanza deputati che la May è mortalmente ferita e non può continuare a guidare il Paese. La premier oggi dovrà ancora una volta dimostrare la sua capacità di sopravvivere a tutto.
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