L'amministrazione Trump ha annunciato ieri notte un nuovo drammatico round di dazi contro la Cina, colpendo con sanzioni del 10% beni per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari. Segno chiaro che la Casa Bianca non intende recedere dalle offensive commerciali che ha scatenato sia contro rivali quali Pechino come contro alleati quali l'Unione Europea. I nuovi dazi, che interesseranno un ventaglio di prodotti spesso di largo consumo che va dalle valigie al pesce, rappresentano la terza manovra consecutiva contro Pechino nel giro di pochi mesi e dovrebbero far scattare rappresaglie della potenza asiatica. «C’è un proverbio occidentale, come un elefante in negozio di porcellane - ha risposto Li Chenggang, alto funzionario del Ministero del Commercio cinese -. L'approccio americano mina il processo di globalizzazione e il sistema commerciale».
Ad oggi Washington ha fatto scattare sanzioni contro acciaio e alluminio (che hanno colpito anche la Ue e il Canada) e contro 50 miliardi di prodotti cinesi importati, su 34 miliardi gia' scattati dal 6 luglio e su altri 16 miliardi in arrivo ad agosto. In tutto Trump ha minacciato misure che colpiscano fino a 450 miliardi di dollari - quasi l'intero import cinese negli Usa - se Pechino continuerà a rispondere colpo su colpo invece di cambiare quelle che la Casa Bianca condanna come pratiche scorrette e furti di proprietà intellettuale.
L’ultima, concreta escalation unilaterale americana è stata messa nero su bianco dal Rappresentante commerciale Robert Lighthizer, uno dei più convinti falchi anti-Cina nell'amministrazione accanto al consigliere Peter Navarro. Anche se ha lasciato aperto uno spiraglio negoziale per risolvere la battaglia. «Come già in passato, gli Stati Uniti sono disponibili a impegnarsi in sforzi che possano condurre a una risoluzione delle nostre preoccupazioni sulle ingiuste pratiche commerciali cinesi e sull'apertura dei mercati cinesi a beni e servizi americani», ha indicato Lighthizer.
Qualche tempo prima che le nuove misure scattino di sicuro c’è. Non dovrebbero entrare in vigore prima dei due mesi, stando agli stessi funzionari dell'amministrazione Trump, data la necessità di rispettare un periodo di commenti pubblici sul nuovo elenco di beni colpiti. Audizioni ufficiali sul nuovo round sono programmate per il 23 e 24 agosto.
Il giro di vite anti-Cina pone inoltre inediti rischi per la stessa Casa Bianca se entrerà in vigore. Trump aveva non a caso finora evitato di prendere di mira direttamente prodotti di largo consumo nelle azioni contro Pechino, preferendo beni industriali e tecnologici: l’obiettivo era evitare ripercussioni sui prezzi di prodotti comunemente usati dagli americani, a cominciare dalla sua base elettorale. Questa volta non è stato possibile, data la scelta di alzare enormemente il tiro: sotto attacco finiscono numerosi beni popolari.
Tra questi si contano tonno, salmone, pneumatici, valigie, guinzagli, guanti da baseball, mobili, abbigliamento, materassi, lampade elettriche, cineprese, componenti per telefoni e schermi Tv piatti. Forse proprio in uno sforzo di contenere l'impatto diretto sugli americani, l'amministrazione ha modificato un iniziale piano di imporre dazi del 25% su cento miliardi di beni made in China con l'attuale annuncio di balzelli piu' modesti, del 10%, su una più vasta gamma di prodotti.
La realtà resta tuttavia quella di un nuovo passo di escalation nelle tensioni commerciali in nome di America First che, se continuerà verso guerre aperte, a detta di analisti e organizzazioni multilaterali potrebbe provocare significativi traumi e danni all’economia mondiale.
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