Nei prossimi giorni, l’11 settembre, data funesta, scelta forse non a caso dall’editore, esce negli Stati Uniti il nuovo libro di Bob Woodward dedicato a Donald Trump (“Fear, Trump in the White House”).
Woodward, 75 anni, è un simbolo vivente del giornalismo investigativo. Puntiglioso, attento alle fonti e preciso come pochi,
con due premi Pulitzer alle spalle, è il cronista che con il suo lavoro di scavo nel biennio 1972-74, insieme a Carl Bernstein, costrinse il presidente Nixon alle dimissioni dopo lo scandalo del Watergate.
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Casa Bianca una «crazytown»
Il libro mette in evidenza alcuni dettagli che rivelano la tensione alla Casa Bianca nei 20 mesi di Trump. Una sorta di black out amministrativo dello staff presidenziale. O una «crazytown», un manicomio. Con un uomo solo al comando,
irascibile e impulsivo, «un idiota» «che ragiona come un bambino delle elementari».
L’omicidio mancato di Assad
Alcuni aneddoti anticipati. Dopo un attacco chimico siriano lo scorso anno Trump avrebbe voluto far assassinare il presidente
siriano Bashar al-Assad, il suo segretario alla Difesa James Mattis ignorò la richiesta e scelse un più convenzionale attacco missilistico. Ai suoi
più stretti collaboratori Mattis disse che «il presidente agisce e capisce come un bimbo di quinta elementare».
Un altro aneddoto di cui si parla nel libro fu l’episodio nel quale l’ex consigliere economico Gary Cohn tolse dal tavolo
del presidente le carte per uscire dal Nafta e Trump sembra non se ne accorse. E poi c’è la frase del capo dello staff John
Kelly: «Il tycoon è uno squilibrato. È anche un idiota. È inutile tentare di convincerlo di qualsiasi cosa. È fuori controllo.
Siamo in un manicomio», avrebbe detto ai colleghi Kelly.
La reazione di Trump
Insomma ne viene fuori il ritratto di un uomo fuori controllo che mette nel panico chi ci lavora assieme.
Non mancano le reazioni di Trump e dei suoi. Il presidente in diversi tweet scrive che «il già screditato libro di Woodward»,
contiene « tante bugie e fonti fasulle». Trump ha inoltre postato il comunicato della portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders
in cui il libro viene definito pieno di «storie inventate», nonché quello del chief of staff John Kelly, secondo il quale
«l’idea che io abbia chiamato il presidente idiota non è vera». E anche quello del segretario alla difesa James Mattis, che
a sua volta smentisce quanto scritto nel volume da Woodward, che definisce «fiction».
La telefonata
Alla furia di Trump si aggiungono elementi in queste ore che gettano altra benzina sul fuoco. Il Washington Post ha pubblicato l’audio della telefonata tra Woodward e Trump con tutta la trascrizione in cui i due, all’inizio di agosto
si parlano. Trump dice che avrebbe voluto essere intervistato per il libro, per raccontare che le cose non sono mai andate
così bene come sotto la sua presidenza. Woodward gli risponde che lo ha cercato, più volte ha provato a contattare suoi collaboratori,
facendo nome e cognome, ma nessuno glielo avrebbe passato né detto. Woodward nella sua carriera ha scritto libri accurati
su una decina di presidenti. Difficile pensare che possa rivelare episodi di cui non riesca a provare le fonti.
Lo scandalo Watergate
Il Watergate fu uno scandalo politico senza precedenti che nel biennio 1972-1974 coinvolse un’intera classe dirigente repubblicana.
Negli anni della guerra in Vietnam i due cronisti del Washington Post, Woodward e Carl Bernstein, scoprirono i lavori di spionaggio illegale di ex agenti segreti
al servizio della Casa Bianca per stroncare ogni forma di dissenso nel paese. I due reporter pubblicarono le rivelazioni di
una fonte misteriosa dell’amministrazione Nixon. La “gola profonda” – questo il soprannome della fonte – svelò il diretto
coinvolgimento nelle operazioni illegali dello staff di Nixon. Il clamore e la minaccia alla vita democratica del paese furono
tali da spingere l’istituzione di una Commissione Senatoriale d’inchiesta. Il lavoro della Commissione è andato avanti per
un anno fino a quando, alla fine di luglio 1974, il Congresso votò l’avvio della procedura di impeachment contro Nixon che
qualche giorno dopo, prima di essere destituito, si dimise da presidente in diretta televisiva.
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