Alla fine, si sono mossi. Nelle maggiori economie globali, salari e stipendi - l’anello mancante della ripresa insieme, in
alcuni paesi, al credito - danno segnali di crescita sempre più convinti: Stati Uniti, Giappone, tutta Eurolandia e soprattutto
in Italia.
Stati Uniti in accelerazione
L’accelerazione, pur lenta, emerge con evidenza soprattutto negli Stati Uniti: ad agosto, l’incremento annuo dei salari orari
nominali nel settore privato , è stato del 2,9%, una velocità che non si registrava dal 2009, quando gli stipendi rallentavano
rapidamente per la morsa della crisi. È dal 2015 che le retribuzioni sono in lenta accelerazione, negli Usa. A gennaio di
quell’anno crescevano del 2,2% annuo, valore corrispondente alla media del periodo post-crisi.
Salari europei sopra la media
Eurolandia effettua rilevazioni trimestrali e non mensili come gli Stati Uniti, ma nel secondo trimestre - i dati sono di
oggi - il costo del lavoro orario (salari più bonus, tasse e contributi) risultava in aumento del 2,2% annuo, un ritmo che
non si registrava da dicembre 2012: la crescita annua media del dopocrisi è stata del l’1,7%. Salari e stipendi per ora lavorata
sono cresciuti a un ritmo più lento (1,9%, contro una media da giugno 2011 dell’1,7%) e meno eccezionale, che non segnala
una vera accelerazione. Sono un po’ rallentati in Germania, dove la media dal secondo trimestre 2011 è stata del 2,5% annuo
(2% l’ultimo dati) mentre sono decisamente aumentati, ma solo nel secondo trimestre di quest’anno, in Italia. In forte crescita
anche in Gran Bretagna: +3,1% a luglio, il massimo dal 2015.
Il balzo (isolato?) delle retribuzioni italiane
Salari e stipendi italiani sono cresciuti, dal 2011, a un ritmo medio dello 0,7% annuo. Nel secondo trimestre del 2018, sono balzati del 3,1%. Il motivo: i rinnovi contrattuali, siglati in passato ma con effetti differiti. Nella pubblica amministrazione (che pesa per l’11,6% del totale) e nella scuola (che pesa per il 22,5%) sono cresciuti del 7,9% annuo; nei servizi di ristorazione e alberghieri (3,5% il peso) sono aumentati del 6%, nella sanità (10% del totale, del 4%, e nei servizi finanziari e assicurativi (4,6% del totale), del 3,2%. In tutti i casi è evidente l’accelerazione, anche se - con tutta probabilità - l’effetto si esaurirà nei prossimi trimestri.
Il nodo della produttività
Questo fenomeno lascia immaginare che presto anche i prezzi possano normalizzarsi. Non tanto negli Stati Uniti, dove l’inflazione
ha già raggiunto i livelli considerati sani dalla Federal reserve, quanto in Eurolandia. Il nodo, però, è l’andamento della
produttività. Nel lungo periodo, retribuzioni e produttività dovrebbero andare di pari passo. Se negli Usa e in Germania si
può immaginare una sorta di recupero dei salari perduti, molto diversa è la situazione in Italia.
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