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Draghi all’Italia: «Moderate i toni e abbassate lo spread»

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Servizio |LA RIUNIONE DI OTTOBRE

Draghi all’Italia: «Moderate i toni e abbassate lo spread»

Italia, Italia, Italia. Il nostro paese è stato - e giustamente - l’argomento principale della conferenza stampa del presidente della Bce Mario Draghi, tenuta al termine di una riunione del consiglio direttivo che non ha regalato molto novità se non un po’ più di attenzione in più sulla crescita.

«Fiducioso» su un prossimo accordo
Non è stata una sorpresa, il rilievo che ha assunto l’Italia. Al punto che Draghi ha potuto riferire il pensiero del vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, che assiste alle riunioni: bisogna rispettare le regole fiscali dell’Unione - ha detto - ma Bruxelles sta cercando un’intesa. Persino Draghi ha voluto - e non avviene raramente - esprimere il suo personale parere: «Sono fiducioso sul fatto che si troverà un accordo», ha detto per poi aggiungere al termine della conferenza stampa: «È una questione di buon senso». Conviene insomma - ha spiegato - al Paese, alle famiglie, alle imprese, ai partiti che guidano il Governo «convergere verso un’intesa». Dove convergere sembra voler suggerire da quale parte si chiede maggiore flessibilità.

«Moderate i toni»
Draghi ha anche lanciato un invito forte a tutti coloro che animano il dibattito pubblico in Italia per aiutare le banche del paese ed evitar loro troppi danni dall’ampliarsi dello spread: «Prima di tutto, si abbassino i toni e non si metta in dubbio la cornice costituzionale ed esistenziale (constitutional existential framework, ndr) dell’euro; e poi ridurre lo spread: varare politiche che lo abbassino». Sul differenziale - e in particolare su quello tra titoli italiani e greci, che si sta riducendo - Draghi non ha voluto indicare, come è giusto, se il valore sia “corretto”, e ha precisato che dopo la fine del qe - se terminerà: il presidente continua a mantenere la porta aperta a tutte le opzioni - questo differenziale sarà determinato solo dalle emissioni nette dei singoli paesi (quindi dall’offerta di titoli di Stato) e non dalla politica monetaria.

Piccoli segni di contagio
Non è chiaro, al momento, se le turbolenze italiane abbiano creato contagio. Si è notato - ha spiegato Draghi - un aumento marginale dei tassi di interesse in alcuni paesi non-core, ma ci sono fattori idiosincratici, relativi a ciascun paese, che potrebbero spiegarlo. «Forse ci sono alcune ricadute, ma sono limitate». Eurolandia è dunque molto lontana da una situazione in cui le condizioni monetarie si irrigidiscano al punto tale da richiedere una modifica della politica monetaria. I salvataggi dei singoli paesi - ha invece ripetuto - saranno realizzati solo attraverso gli Omt, acquisti di titoli sotto condizioni di riforme radicali, e solo se compatibili con l’orientamento complessivo della politica monetaria.

Il capital key sarà rispettato
Sul dopo-qe, Draghi non ha riferito nulla: non se ne è parlato, ha detto. Sicuramente sarà rispettato il capital key: le quote di riacquisti rispecchieranno quelle dei singoli paesi nel capitale della Bce. «Sarei molto sorpreso - ha detto - se non dovessimo rispettarlo». Non è sembrato particolarmente allarmato dal fatto che a gennaio occorrerà rivedere, come accade ogni cinque anni, le quote di capitale di ciascun paese (e poi in relazione a Brexit): alcuni paesi come Italia e Spagna vedranno ridurre la loro quota e - secondo alcuni calcoli - la Banca d’Italia si troverebbe in portafoglio circa 28 miliardi di titoli “di troppo”, che - in astratto almeno - dovrebbero essere gradualmente ceduti.

Dopo il qe i Tltro?
Sugli strumenti da usare dopo la fine (la «sospensione», ha detto Draghi) del programma di acquisti, in differenti situazioni, durante il consiglio sono stati evocati da un paio di governatori gli Tltro, le asta di liquidità a lungo termine finalizzate ai prestiti alle aziende. Draghi ha precisato che si è trattato solo di un esempio di quanto sia ampia la “cassetta degli attrezzi”, ma il fatto stesso che abbia voluto citarli può essere il segnale della volontà di ridurre le aspettative di una ripresa o un prolungamento del quantitative easing lasciando l’idea - ribadita anche in conferenza stampa - che «la politica monetaria deve restare espansiva».

Crescita un po’ più debole
Qualcosa sta accadendo sul piano della crescita e richiede un orientamento accomodante. Gli ultimi segnali dai dati sono stati «più deboli delle attese», anche se gli indici di attività restano «al di sopra delle medie storiche». L’andamento del pil resta al di sopra del potenziale, livello al quale sta tornando in un rallentamento - non nuovo - che riflette anche alcuni fattori legati a singoli settori o a singoli paesi: le auto in Germania - ha citato Draghi - le performances delle esportazioni, le incertezze sul commercio, oltre alle questioni di Brexit e dell’Italia. Molte economie hanno un output gap positivo, anche grazie a politiche economiche procicliche. Nel complesso i rischi restano bilanciati, ma qualche preoccupazione in più resta.

Politica monetaria ancora accomodante
Anche sull’inflazione Draghi ha voluto essere un po’ “colomba”. «Non è cambiato molto», ha detto, anche se l’inflazione salariale sta aumentando. Un buon segnale sono, per il presidente della Bce, gli ultimi accordi salariali - per loro natura duraturi - che hanno innalzato le retribuzioni. Il mercato del lavoro, inoltre continua a espandersi e l’utilizzazione degli impianti è ormai «molto alta», in alcuni paesi. La politica monetaria, ha però ripetuto, «deve restare accomodante».

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