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Manovra, bocciatura sui decimali o sulle politiche?

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Manovra, bocciatura sui decimali o sulle politiche?

Due cose non vengono mai perdonate agli Stati membri Ue a Bruxelles: comunicare male le proprie decisioni politiche e non riuscire a fare le alleanze giuste. Il Governo giallo-verde sembra invece avere fallito entrambi gli obiettivi con la manovra bocciata dall'esecutivo comunitario. La cena tra Conte e Juncker di sabato sera non potrà fare altro che «contenere i danni collaterali», ma che la frittata sia ormai fatta non c'è alcun dubbio. Il ministro dell'Economia Tria ha fatto appello a tutte le pieghe offerte dalla dottrina economica per una veste nobile alle decisioni prese tutte fuori dal dicastero di via XX settembre. «Dire che l'Italia è il Paese della finanza allegra è un falso storico» ha insistito Tria a Bruxelles ricordando che «da vent'anni abbiamo un surplus primario, tranne un anno in cui c'è stata la grande crisi e anche nella storia della finanza pubblica italiana il 2,4% è uno dei deficit più bassi». Per Tria «c'è l'idea che le politiche espansive si debbano fare solo in recessione, ma in recessione ormai è troppo tardi».

GUARDA IL VIDEO - L'Europa boccia la manovra: ecco i numeri della discordia

Più che sui decimali conta la decisione politica
Tria ha fatto capire che un pregiudizio contro l'Italia da parte di Bruxelles esiste ed è concreto. In questo condividendo le valutazioni a suo tempo ripetute fin alla noia dal 2011 in poi dall'ex premier, Mario Monti secondo il quale l'anno di vera svolta nella disciplina fiscale europea può considerarsi il 2003. Fu allora che Francia e Germania sforarono il 3% nel rapporto deficit/Pil. E' vero: in quel momento esistevano solo le regole del Patto di stabilità e non anche gli obiettivi di medio termine per il percorso del pareggio di bilancio tendenziale. Ma le rassicurazioni sui bilanci di Paesi come Francia e Germania erano pur sempre considerate affidabili e non sanzionabili al contrario di quelle di Paesi del Sud Europa come la Grecia. Per Monti i problemi nell'eurozona possono farsi risalire proprio al 2003 perché è in quel momento che si evidenzia con chiarezza che, al di là decimali e delle cifre quello che conta , alla fine è la decisone politica. Anche la procedura per deficit eccessivo al momento è solo una proposta della Commissione che deve essere poi ratificata a livello politico dal prossimo Ecofin.
Nel caso dell'Italia la Commissione ritiene che la curva di avvicinamento verso il pareggio si interrompa troppo bruscamente con il 2,4 che Roma considera una linea del Piave. Con l'ultima manovra, secondo la Commissione, avremmo abbandonato il lento processo già intrapreso con i governi precedenti e mai interrotto fino ad ora.

Perché Renzi ottenne la flessibilità
È pur vero che Matteo Renzi dopo un lungo confronto con Bruxelles riuscì a chiedere ed ottenere una flessibilità una tantum ma legata a fatti del tutto eccezionali come il terremoto nel Centro Italia e l'alto costo sostenuto per il salvataggio dei migranti nel Canale di Sicilia. A differenza di Renzi, Conte non è riuscito a impostare con Bruxelles un negoziato vero e proprio limitandosi solo a dire che la ”manovra è bella”, considerazione che ha suscitato solo un sorriso di compassione sul volto della cancelliera tedesca Angela Merkel. Quanto alle alleanze è significativo il fatto che i Paesi che nelle intenzioni del vicepremier Salvini dovrebbero essere i migliori alleati dell'Italia sul fronte migranti come l'Austria di Kurz e l'Ungheria di Orban siano anche quelli che più degli altri hanno chiesto al nostro Paese il rigoroso rispetto delle regole di bilancio e della disciplina fiscale. In molte occasioni si è avuta quasi la sensazione che il ministro Tria sia stato lasciato solo (magari con un tutoraggio esterno e non visibile solo da parte del presidente Mattarella) nel negoziato sulla manovra liquidando la questione come un fatto squisitamente tecnico mentre le questioni politiche venivano lasciate ai due azionisti di maggioranza Salvini e Di Maio.

Perché Moavero non difende la manovra
Un capitolo a parte riguarda poi l'atteggiamento del ministro degli Esteri Enzo Moavero che pure conosce nei dettagli procedure e regole europee ma che sulla manovra ha mantenuto una atteggiamento di estrema prudenza. Ma qui scattano le congetture sui progetti personali del titolare della Farnesina che si sta muovendo sotto traccia eludendo ogni occasione di visibilità mediatica per essere pronto a candidarsi come commissario europeo nel prossimo esecutivo Ue con un portafoglio di peso (concorrenza o mercato interno). Moavero, anche con l'aiuto di Mattarella, potrebbe far valere l'idea che solo un profondo conoscitore della macchina europea come lui può avere qualche chance di ottenere un portafoglio di peso nel momento in cui l'Italia perderà il prossimo anno la guida della Bce con Draghi, dell'Alto rappresentante per la politica estera con Mogherini e del Paarlamento europeo con Tajani. Ma nel caso in cui Moavero dovesse capire che i suoi progetti sono di difficile attuazione potrebbe scattare un piano B che lo vedrebbe candidarsi (con la Lega?) alle elezioni europee. A quel punto si tratterebbe di un passaggio obbligato per farsi aprire la strada verso Bruxelles. Sempre che ci siano i voti sufficienti.

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